La ricchezza da capogiro degli italiani, popolo di risparmiatori senza bussola

Il patrimonio delle famiglie italiane supera i 5.700 miliardi di euro, due volte e mezzo il Pil e quasi il doppio del debito pubblico. Una montagna di soldi che non smette di crescere nonostante il Covid, l’inflazione e il ristagno ventennale dei redditi. L’ossessione per il salvadanaio tradisce una propensione a navigare a senso unico, investendo poco, o soltanto nel mattone e nei titoli di Stato. Mentre calano la demografia e la produttività del lavoro. Le due leve che determinano la facoltà del risparmio.

Di Guido Gozzano 2 dicembre 2024

 

Il muro dei 1.500 miliardi di euro è stato infranto per la prima volta nel marzo del 2019. Da allora fa discutere l’ammontare di liquidità depositata dagli italiani sui propri conti correnti. Con i bond, titoli e obbligazioni, la ricchezza arriva a quota 5.732 miliardi. Quasi due volte e mezzo il Pil, che si attesta a 2.128 miliardi. Se si guarda al debito publico, oggi a un soffio dai 3.000 miliardi, ci sarebbe «quasi» da stare sereni. Sulla carta le famiglie italiane, se volessero, soltanto con le liquidità finanziarie a loro disposizione potrebbero, in un solo colpo, abbattere l’indebitamento nazionale, un colossale macigno che pesa sul welfare e sulla crescita economica.

Prima di proseguire, c’è da fare un punto sulla provenienza di questi dati straordinari. Risultano dalla «pubblicazione congiunta» di due istituti, Banca d’Italia e Istat: dal 2019 viene diffusa sui rispettivi siti web. I risultati vengono qui, da noi incrociati con quelli della ricerca della Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani. E con le sitme di Unimpresa, l’associazione di imprese italiane che operano nei tre settori dell’attività primaria, secondaria e terziaria. Ad inizio novembre, è stata proprio Unimpresa a confermare il dato relativo al primo trimestre 2024: il risparmio dei cittadini italiani ammonta, come detto, a 5.732 miliardi di euro, in aumento di 271 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2023.

Da quel fatidico 2019, anno in cui i conti degli italiani passano per la prima volta sotto la lente di Bankitalia e dell’Istat, la ricchezza delle famiglie è cresciuta di oltre 552 miliardi. Risparmi da capogiro, che rivelano un incrocio di tendenze. Secondo il Sole 24 Ore, l’accumulo quasi compulsivo dei risparmi «è da considerare la spia del clima di sfiducia nel sistema Italia». Il quotidiano reagiva così nel 2019 alla scoperta dei cosiddetti materassi d’oro, le migliaia di conti bancari come «letti digitalizzati» su cui dormono i soldi degli italiani. Era all’epoca l’espressione di un’allergia alla scelta di «immobilizzare» ingenti quantità di denaro liquido. Benché oggi dal giornale di Confindustria, il «risparmio improduttivo» continui a essere visto con diffidenza.

Il Corriere della Sera, l’altra grande testata di riferimento per i temi finanziari, fa invece una lettura integrata della propensione a riempire boccali e salvadanai fino all’orlo. Mettere da parte somme di denaro in Italia è sempre più «un rifugio» per far fronte ai momenti difficili e agli imprevisti. Così fan del resto i cittadini europei schiacciati dal carovita, in particolare dall’incessante aumento dei costi energetici. Nel bienno precedente l’invasione russa dell’Ucraina, il rincaro in Italia delle bollette del gas e dell’elettricità è schizzato del 700%, a causa della progressiva chiusura (per motivi di sicurezza), del più esteso giacimento europeo di gas a Groningen in Olanda, e di centrali nucleari in Europa. Lo stillicidio si è poi perseguito con i sussulti sui mercati dell’energia a seguito della guerra.

Lunghi anni di ristrettezze e di incertezze hanno motivato «la scelta di investimenti a bassa ma sicura produttività», spiega il Corriere della Sera, «e di altri investimenti considerati di 'rendita facile'». Cioè: da un parte, il mattone e, dall’altra, i titoli di Stato: «Il volume di risparmio delle famiglie attratte dai Btp è aumentato di 240 miliardi in due anni». L’Italia continua ad essere straricca di risparmio privato, nonostante si avverta una flessione sui conti bancari delle famiglie. A fine 2023, c’erano 376 miliardi in meno rispetto ai 1.504 del 2019, ovvero 1.128 miliardi.

Non si è trattato di un brusco calo di disponibilità finanziaria, ma di un trasferimento, come si è visto, verso i titoli di Stato; il resto è confluito nel rinnovo energetico delle case e in altri investimenti spiccioli. Nello stesso tempo sono rallentati i flussi di risparmio verso le piccole e medie imprese italiane, osserva il Corriere della Sera. Il quotidiano sospira: «Basterebbe che solo una piccola parte dei 1.128 miliardi di euro liquidi depositati dalle famiglie sui conti bancari affluisse in un certo settore per fare la differenza, almeno lì».

Non perdiamo mai di vista che, dal 2019, la ricchezza delle famiglie è cresciuta di oltre 552 miliardi. Troppi soldi parcheggiati per il fatidico «non si sa mai», sottratti «a una migliore allocazione finanziaria o previdenziale di lungo termine», lamenta il Sole 24 Ore. Investire o immobilizzare i denari? Di questo si è discusso in sostanza nel 2024. Ma è nel 2013 che si è iniziato a parlare della ricchezza degli italiani. A causa della Germania (continua).

Quell’anno tutto è cominciato con uno studio della Bundesbank, secondo cui gli italiani erano più ricchi dei tedeschi. La banca centrale della Germania determinava il patrimonio medio di una famiglia tedesca a 51.400 euro, e calcolava che in Italia fosse di 163.900 euro. Nel 2013 la notizia fece scalpore in Europa. L’enorme divario esisteva anche con le famiglie spagnole, il cui patrimonio medio era stimato a 178.300 euro (il più alto d’Europa), e con le famiglie francesi e i loro 113.500 euro.

L’allora cancelliera Angela Merkel, propensa a una gestione virtuosa delle finanze pubbliche, scopriva che la ricchezza della famiglie in Germania era inferiore di circa un terzo a quella esistente nei Paesi meno «virtuosi». A tenere basso il dato tedesco era la differenza economica tra i Länder occidentali e quelli orientali, che continua oggi a persistere oltre trentaquattro anni dopo la riunificazione. Nel 2013 la Bundesbank calcolava il «patrimonio», non la liquidità nei conti correnti, il dato era dunque da mettere in stretta relazione con la diversa propensione alla proprietà immobiliare fra italiani e tedeschi. In Italia, il 68,4% delle famiglie possedeva almeno un’abitazione, contro il 44,2% in Germania.

In quegli anni gli osservatori a conoscenza dello studio della Bundesbank, mai smentito dalle altre banche centrali, si stupivano che nei talk show italiani la Germania continuasse a essere considerata il Paese più ricco d’Europa. Senza dubbio lo era guardando alla bilancia commerciale, al Pil nazionale e al debito pubblico, fra i più moderati del continente. Ma non era vero, secondo la Bundesbank, per quanto riguardava l’autentica ricchezza di un popolo, il patrimonio delle famiglie.

Qualche anno dopo, nell’aprile 2019, era la volta della Banca d’Italia di fare i conti nelle tasche delle famiglie italiane. Avvalendosi dei dati dell’Istat, Bankitalia pubblicava uno studio dal titolo La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane. Nel documento venivano esaminati gli anni dal 2005 alla fine del 2017, quando la ricchezza delle famiglie era pari a 9.743 miliardi di euro, più di otto volte il loro reddito disponibile. La cifra comprendeva le abitazioni, «la principale forma di investimento delle famiglie», con un valore di 5.246 miliardi di euro, ossia la metà della ricchezza lorda.

Confrontando i dati, la ricerca di Bankitalia confermava sei anni dopo quella della Bundesbank, anche se nel frattempo il divario si era notevolmente ridotto. Nel 2017 l’Italia rimaneva pur sempre superiore alla Germania, e continuava negli anni successivi a macinare risparmi miliardari nonostante il Covid, l’inflazione e il ristagno ventennale dei redditi.

Tornando alla «ricchezza lorda» delle famiglie italiane, che comprendre cioè i depositi bancari, i titoli e i bond, addizionando il valore delle abitazioni, è stimata da Bankitalia a circa 11.500 miliardi. Per il momento è la più alta in Europa, ma per ricchezza netta (la liquidità meno le case) il Paese è adesso dietro la Germania, dove le risorse finanziarie delle famiglie culminano a 7.325 miliardi, mentre in Francia si attestano a 4.427 miliardi (in Italia, ricordiamolo, si situano a 5.732 miliardi).

Ma si sa, non è mai tutto oro quello che luccica. Nel Paese si avvertono ora i primi segni di una tendenza a risparmiare meno, avverte il Corriere della Sera. Un fenomeno che si spiega con la demografia negativa e il correlato invecchiamento della popolazione. Si accumula risparmio fra i 35 e i 55 anni, mentre chi va in pensione guadagna meno e spende di più per godersi i frutti di una vita di lavoro e sacrifici. L’altro fattore del «decumulo», prosegue il giornale, è la produttività, cioè la capacità di generare reddito in un’ora di lavoro. L’Italia non smette da decenni di perdere percentuali di produttività: «E meno reddito si produce in un tempo dato, meno si guadagna in media, e meno ne resta da mettere da parte».

 
Corriere dell’italianità


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