Cosa è finito dentro alla legge di bilancio, e chi è stato escluso
Per le opposizioni, la manovra è debole per le classi povere. Fra prelievi, tagli e strette sulle detrazioni, ci saranno a conti fatti tasse in più, e non in meno. Per gli italiani all‘estero, c’è una buona ma soprattutto una cattiva notizia.
Di Guido Gozzano 15 gennaio 2025
Cominciamo da noi italiani in Svizzera e nel mondo. Nella terza manovra del governo Meloni, approvata in via definitiva lo scorso 28 dicembre, l’unica norma a favore della nostra comunità all’estero è il fondo di 600mila euro per i Comites (leggi qui). È stata invece bocciata la rivalutazione delle pensioni degli italiani all’estero (leggi qui). Senza il potenziamento dei Comites, i connazionali nel mondo «sarebbero stati trattati come cittadini di serie B, quando invece sono una forza lavoro importantissima per il nostro Paese», ha commentato a caldo Toni Riccciardi, deputato Pd eletto all’estero.
La manovra 2025, come le precedenti, è divenuta il consueto «teatrino delle preferenze», ma non tutto è filato liscio come voleva Giorgia Meloni. La maggioranza si è divisa sulle multe ai «No Vax», e su ben altri temi in cui le tensioni consumate nelle lunghe nottate in commissione non si sono del tutto sopite. è stata affondata la proposta di «raddoppiare» lo stipendio ai ministri non parlamentari, mentre agli italiani si chiedevano più contributi per le pensioni. Chi l’ha voluta? Meloni tace, Salvini non sa nulla, gli interessati: «Mai chiesta». A Palazzo Chigi dicono di averlo saputo dai giornali, ironizza il Fatto Quotidiano.
Fra maggioranza e opposizione è scoppiata una polemica al calor bianco sul ritorno della «legge mancia», una scia di micro-interventi a pioggia sul territorio votata dal centrodestra per un costo di oltre 100 milioni. «Fondi a teatri parrocchiali, fondi per il rifacimento di marciapiedi e manto stradale in piccoli comuni, ma anche a festival o palestre», osserva l’Ansa, che evidenzia l’ammissione, quasi una confessione a denti stretti di un paio di deputati della destra: «Gli interventi sono pure troppi...».
Carlo Calenda, leader di Azione, lamenta lo sconcio di un «mancettificio»: «Questa manovra è piena di micromance che la maggioranza ha dato in giro con i soldi degli italiani, pensate a quante Tac si potevano offrire a persone che non arrivano a fine mese». Nella foga distributiva delle «mance» sono stati elargiti 130mila euro al comune di Carmagnano, che non risulta nella carta geografica del Paese: forse si trattava di Carmagnola in Piemonte. «Avete addirittura finanziato un comune che non esiste!», urla in aula il deputato Pd Federico Fornaro.
Il governo e la sua maggioranza fanno catenaccio, tirano dritto e continuano a macinare proposte per far quadrare i loro conti. Che però non quadrano. I tanto attesi incassi del «concordato fiscale», introdotto con la precedente manovra, sui quali contava Meloni, non sono sufficienti. Hanno generato un gettito di 1,6 miliardi, mentre servono nel 2025 almeno 4,7 miliardi per compensare la riduzione da quattro a tre delle aliquote Irpef, ormai divenute strutturali.
Servono soprattutto 17 miliardi di euro per finanziare gli sgravi a favore dei dipendenti con i redditi più bassi. Le due misure costano quasi 22 miliardi sui 30 complessivi della manovra. Troppi soldi, a fronte di gettiti non sicuri. è allora stato rinviato il previsto taglio dal 35% al 33% dell’aliquota che riguarda il ceto medio produttivo del Nord, serbatoio di voti del centrodestra, in particolare di Forza Italia.
È passata da 35mila a 40mila euro la soglia di reddito che consente di aver accesso alle detrazioni fiscali, una misura che si estende ora a 1,3 milioni di lavoratori in più rispetto all’anno scorso. Ai lavoratori dipendenti con reddito fino a 20mila euro verrà invece riconosciuto un bonus non tassabile. Il centrodestra ha rivendicato le misure portate a casa sul fronte della famiglia e del lavoro, con la credenziale del sostegno ai ceti medio bassi.
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, ha dichiarato: «Abbiamo deciso di mettere tutte le risorse disponibili a favore di tutti i lavoratori dipendenti di reddito medio basso, favorito coloro che guadagnano meno di 40mila euro lordi all’anno».
Per le opposizioni, la legge è «debole» per i più poveri e i pensionati. Non c’è traccia dei 5,7 milioni di italiani in «povertà assoluta», stimati dall’Istat, poco meno di un decimo della popolazione. Sono stati ridotti agli sgoccioli, praticamente scomparsi i bonus sociali per l’energia, che avevano contribuito a frenare l’incessante dilagare della povertà nel Paese, da dieci anni in constante aumento, secondo le stime di Caritas. Ai pensionati, è offerta un’elemosina, con gli assegni minimi cresciuti di due euro.
Per cogliere il senso della manovra 2025, è necessario collegarla con quella del 2024, in cui il taglio del «cuneo fiscale», per portare più soldi in busta paga ai lavoratori, è stato finanziato con una serie di tagli lineari: agli enti locali per 600 milioni di euro ogni anno per tre anni, poi ai ministeri con una diminuzione di 5% della spesa, al servizio civile con meno 200 milioni, alla salvaguardia dell’ambiente con meno 280 milioni, e pure alle politiche per la disabilità con meno 350 milioni. Per fare cassa, nella manovra 2024 il governo aveva messo in cantiere un piano di privatizzazioni da 22 miliardi, «un miraggio pericoloso», commentava allora il manifesto.
Di questo si è di nuovo trattato nella manovra 2025: fare cassa, recuperare risorse. Il governo ha provato ad estendere la web tax alle startup, e anche alle piccole e medie imprese, ma la proposta è stata ritirata. «Una norma senza senso, che avrebbe messo sullo stesso piano colossi come Google e Meta, e giovani realtà in via di sviluppo, gravando sulle loro casse con una tassa del 3% sul fatturato. Una norma iniqua, dannosa e controproducente per la nostra competitività nello scenario europeo», ha commentato Giulia Pastorella, deputata e vice presidente di Azione.
Si è provato a risparmiare sulla ricerca; ci ha pensato il Partito democratico a fare approvare un emendamento, a firma dei deputati Irene Manzi e Toni Ricciardi, «per la stabilizzazione dei ricercatori del Cnr»: 9 milioni in più per il 2025, 12,5 per il 2026, e 10,5 dal 2027. «Investire nella ricerca è una leva fondamentale di sviluppo e crescita del Paese», hanno dichiarato Manzi e Ricciardi.
Per recuperare risorse, la manovra 2025 introduce «una decisa sforbiciata» alle detrazioni fiscali, «colpendo i redditi più bassi», evidenzia Repubblica, confermando le critiche delle opposizioni. Il leader del M5s Giuseppe Conte giudica severamente la legge di bilancio: «Sbatte la porta in faccia alle persone in difficoltà in un modo ignobile». Il deputato Ubaldo Pagano, capogruppo del Pd in commissione Bilancio alla Camera, riassume: «Meno spesa pubblica e più tasse per tutti».
Nel 2025 il calo delle tasse «non ci sarà», sentenzia Repubblica: «Né per le imprese, né per la grande maggioranza dei cittadini. Guadagneranno qualcosa, rispetto a quest’anno, solo pochi contribuenti con redditi da lavoro dipendente e qualche pensionato che potrà accedere alla flat tax. Per i meno abbienti non cambia niente, il ceto medio dovrà attendere ancora per avere qualche sgravio, mentre per i più ricchi le tasse aumenteranno».
Ora le tasse aumenteranno non solo per i più ricchi (con oltre 75mila euro di reddito), a cui è imposto un tetto in cifra assoluta alle spese detraibili. La manovra è «molto pesante anche per le imprese», osserva Repubblica. Saranno colpite banche e assicurazioni con un prelievo complessivo di 3 miliardi nel 2025. Nel caso delle assicurazioni, «c’è il rischio che il costo del prelievo sia traslato sui clienti». A conti fatti, «tasse in più, dunque, e non in meno», conclude Repubblica.
L’analisi della legge di bilancio è meno incisiva, quasi acritica nei resoconti del quotidiano delle imprese Sole 24 Ore, che mette in evidenza «il fisco più leggero per i lavoratori dipendenti e i premi di produttività detassati», sottolineando la maxideduzione al 120% del costo del lavoro per le nuove assunzioni, una misura che «sale al 130% per i lavoratori fragili».
Altra misura chiave, secondo il giornale di Confindustria: lo sconto del 50% sui contributi per le nuove attività di artigiani e commercianti «con l’obiettivo di favorire la creazione di nuove realtà artigianali e commerciali e combattere la desertificazione in atto nei negozi delle città». Per chi insomma volesse lanciarsi nel settore, lo sconto è valido per i primi tre anni di vita dell’attività.
Sul fronte delle infrastrutture per la mobilità, un settore che soffre di molte carenze, è previsto un miliardo in più per la Tav Torino-Lione, e un assegno di 200 milioni per la linea Sibari-Catanzaro. Arrivano anche nuovi fondi per il Ponte sullo Stretto, «più di 1,4 miliardi», calcola il Sole 24 Ore. Ma non c’è nulla per la Sicilia. Anzi «nel 2025 l’isola perderà oltre due miliardi e mezzo di euro», calcola la Cgil regionale in uno studio sulla manovra del governo Meloni, «risorse che hanno generato investimenti e nuova occupazione e su cui la Sicilia non potrà più contare».
Per le famiglie, la manovra prevede un bonus per la natalità, l’allargamento del congedo parentale, e misure per le case (leggi qui). C’è infine una piccola ma buona notizia per i giornali: il Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria è incrementato di 50 milioni di euro per l’anno 2025, «per la quota destinata agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri».