Grazieschön! Capossela travolge Zurigo
L’uragano Capossela per due ore trasforma il Kaufleuten in una festa, con la sua verve prorompente e le canzoni coinvolgenti.
Di Antonella Montesi 12 febbraio 2025
Cento, mille di queste serate ci vorrebbero a Zurigo. Vinicio Capossela, artista poliedrico, poeta, cantautore, scrittore e soprattutto fantasmagorico entertainer, come si definisce egli stesso, forte di una carriera di oltre trent’anni, l’11 febbraio fa tappa al Kaufleuten di Zurigo, dove termina un tour di tre mesi iniziato a fine ottobre, ad Halloween nei giorni delle «zucche vuote», come spiega, dal titolo emblematico Conciati per le feste.
Perché in effetti, il tour parte da Halloween, attraversa Natale e Capodanno, e termina poco prima dell’altra grande «tragedia», San Valentino. Il titolo dello spettacolo zurighese è «Sciustenfeste», che sarebbe Schützenfest, la festa di Hannover, dove Capossela è nato da genitori irpini emigrati, e Sciustenfeste è come la pronunciava il padre, Vito.
Cinque musicisti colorati, una vocalist in rosa confetto e un tuttofare con giacca circense accompagnano Capossela sul palco: lui entra con un cappello a cilindro accessoriato da candele accese – vere – al quale seguiranno altri cappelli ed occhiali fantasiosi, diventati ormai la cifra iconica di questo artista. Suona ad un «piano bar», scritto così perché c’è davvero un bar dentro il pianoforte, con tanto di bottiglie, vino e calici.
Le canzoni sono coinvolgenti. Charlie (Christmas card from a hooker in Minneapolis), Voodoo Mambo, e Sciustenfeste n.1965 hanno una carica rivoluzionaria, i testi parlano del mondo, problematico, in cui viviamo: la ragazza ex drogata e incinta di Charlie; il monologo di San Nicola, che inveisce contro l’amazonizzazione dei regali, in una società nella quale gli algoritmi hanno sostituito i nostri desideri. Poi l’accenno ai viaggi forzati in Albania, alla Palestina, già duemila anni fa teatro della strage degli innocenti ad opera di Erode.
Lo spettacolo è davvero a tutto tondo: la musica, i testi, le performance e soprattutto il pubblico, numerosissimo, che lo asseconda in tutto. Eh sì perché, quando Capossela decide di trasformare un grigio martedì di febbraio in Capodanno, ecco che in sala tutti si mettono a fare il trenino brasiliano. Il concerto è un grande mix di culture: suoni arabeggianti, swing, accenni sacri e profani, dialetti, lingue che si mescolano. Non so come, ma in una canzone tutta italiana riesce ad inserire il famigerato «Alles hat ein Ende nur die Wurst hat zwei», che diventa ritornello cantato a squarciagola dalla platea intera e il commiato di Capossela è un «Grazieschön», detto dal più profondo del cuore, che, molti di noi con un piede in Italia ed uno nei paesi germanofoni, siamo tentati di fare nostro.
Capossela, artista completo, vanta una carriera fatta di libri, film, dischi, collaborazioni teatrali con Paolo Rossi, nel corso della quale gli è stata assegnata per ben sei volte la Targa Tenco. Un breve accenno d’obbligo allo Sponz Fest, il festival creato nel 2013 dall’artista a Calitri, paesino dell’avellinese da cui è originaria la famiglia, che si svolge nell’ultima settimana d’agosto, quando la calura lo fa somigliare ad un Far West, al Far West di Capossela. Quest’anno si è tenuta la prima edizione invernale, lo Sponz Viern. È un festival che raduna i tanti ammiratori dell’artista, gli sponzanti e gli sponzati, che si sponzano allo Sponz Fest (sponz viene dal dialetto «sponzare», che significa bagnarsi, in questo caso di sudore dopo il ballo indiavolato).