La Nigeria dichiara guerra a Twitter. Rischio per la democrazia?

Foto: il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, courtesy of U.S. Department of State

Il 4 giugno scorso il governo della Nigeria ha sospeso Twitter a tempo indeterminato. La decisione è stata presa – e comunicata tra l’altro proprio su Twitter- dopo che il social network aveva cancellato un tweet del presidente nigeriano Muhammadu Buhari per violazione delle regole della piattaforma: il leader aveva infatti scritto un post nel quale minacciava senza mezzi termini di usare la violenza contro i gruppi separatisti del Biafra. La Nigeria ha ordinato a tutte le emittenti televisive e radiofoniche di “sospendere immediatamente Twitter”, definendo il suo uso come antipatriottico. “Le emittenti sono con la presente avvertire di disinstallare Twitter e desistere dal suo uso come fonte…di informazione per raccogliere notizie”, ha detto in un comunicato Armstrong Idachaba, direttore di Nbc.

La messa al bando di Twitter ha un significato importante: il Paese più popoloso dell’Africa usa spesso questa piattaforma, che ha 39 milioni di utenti ed è seconda solo a Facebook, per discutere di questioni di rilevanza pubblica. In parole povere, molti dibattiti pubblici cominciano su Twitter. Non sorprende dunque che la presa di posizione del governo nigeriano sia stata criticata e letta come una limitazione della libertà di espressione.  L’Unione Europea, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il Canada, attraverso le loro rappresentanze diplomatiche nel paese, hanno fatto sapere che “vietare i mezzi di espressione non è la soluzione. La strada per una Nigeria più sicura passa attraverso una maggiore comunicazione, non minore”, si legge nel messaggio nel quale si sottolinea la necessità di un “dialogo inclusivo”, nonché quella di “condividere informazioni vitali in questo momento di pandemia di Covid-19”. Dopo il comunicato congiunto dove Ue e altri Paesi mostrano preoccupazione per quanto avvenuto, il ministro degli Esteri della Nigeria, Geoffrey Onyeama, ha convocato i diplomatici per una riunione nella capitale Abuja e ha dichiarato di aver aperto una trattativa con Twitter dopo averne sospeso il servizio nel Paese. “Ci sono discussioni in corso, vedremo come procede, quindi non posso dire per ora la durata della sospensione”, ha spiegato.

Entrando nel vivo della questione il portavoce del presidente, Garba Shehu, ha negato che la sospensione del social abbia a che fare con la rimozione del tweet di Muhammadu Buhari, definita comunque “deludente”, parlando più in generale di “disinformazione e fake news diffuse” che hanno “conseguenze violente nel mondo reale”. Insomma, l’azione governativa avrebbe il solo scopo di tutelare i cittadini da notizie false e tendenziose. Eppure, molti nigeriani pensano che questa mossa sia un tentativo di mettere il bavaglio alle critiche. Quasi duecento cittadini e il Socio-economic rights and accountability project (Serap), un gruppo locale per la difesa dei diritti, si sono allora rivolti alla Corte di giustizia della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) nella capitale della Nigeria, Abuja. “La sospensione di Twitter ha lo scopo di intimidire e impedire ai nigeriani di utilizzarlo per valutare le politiche del governo, rendere nota la corruzione e criticare gli atti di impunità ufficiale da parte degli agenti del governo federale”, si legge in una nota di Serap.

Pochi giorni fa (anche) per placare le polemiche, il ministro dell’Informazione nigeriano Lai Raufu Mohammed ha fatto sapere che le trattative con la piattaforma procedono e che per revocare il blocco “Twitter deve prima di tutto registrarsi come azienda in Nigeria, deve ottenere una licenza dalla Broadcasting Commission e deve impedire che la sua piattaforma venga utilizzata da coloro che promuovono atti ostili all’esistenza stessa della Nigeria”, ha affermato.
Ad applaudire la Nigeria, intanto, c’è Donald Trump che si è congratulato col governo e ha invitato altri Paesi a fare lo stesso perché a suo dire Facebook e Twitter “non consentono la libertà di espressione”. Ricordiamo che l’ex presidente degli Stati Uniti è stato messo al bando dai due social lo scorso gennaio, dopo essere stato accusato di aver postato messaggi che incitavano la folla a prendere d’assalto il Campidoglio degli Stati Uniti. Una vicenda che è costata la vita di 5 persone.

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