Nazionalizzare l’economia italiana senza cambiarne la cultura?

di Marco Nori

Nel 1933 nasceva l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) che avrebbe, nel corso dei successivi 60 anni, sviluppato una serie di progressive acquisizioni di aziende private italiane che versavano spesso in grave stato di crisi, da Atlantia alla Italsider, da Alfa Romeo ad Alitalia, passando per Enel, Eni, Telecom e tante altre. Nel 2000, l’Istituto fu messo in liquidazione dall’allora presidente Piero Gnudi dopo circa dieci anni di dismissioni e cessioni ai privati di partecipazioni che hanno generato, tra le altre cose, alcune delle pagine più discusse relative alle relazioni tra lo Stato e il mondo imprenditoriale italiano. Ancora oggi, però, dopo circa 20 anni, molte delle società che sono stato oggetto di queste operazioni si ritrovano nuovamente nelle condizioni di dover chiedere l’assistenza dello Stato, condizioni peraltro aggravate dall’attuale crisi sanitaria e dallo stato emergenziale in cui versa il Paese.

Alitalia, Italsider (Acciaieria di Taranto) e Atlantia sono proprio alcune delle posizioni più scottanti che il Governo Conte dovrà affrontare, individuando le soluzioni più efficaci per risolvere le criticità e pianificare il rilancio necessario alla nazione. L’evidenza, considerando queste tre grandi aziende nazionali, sembra indicare una negatività legata alle modalità gestionali, più che all’identificazione della tipologia di proprietà.

Per motivi diversi, la propensione del Governo sembra essere di voler partecipare direttamente, in formula piena o parziale, a questi fondamentali asset del Paese per garantirne la sopravvivenza, incluso l’elevato livello occupazionale. Ecco allora che potrebbe finalmente delinearsi un vero cambiamento culturale nel Paese se, unitamente alla scelta di nazionalizzare certi elementi di importanza strategica, venissero adottate delle modalità di gestione legate ad obiettivi che siano individuati nelle politiche di risanamento, della trasformazione digitale, della tutela dell’ambiente e della crescita dei livelli occupazionali.

Le task force che sono intervenute in sostegno del Governo per la progettazione ed organizzazione della fatidica Fase 2 hanno competenze, esperienze e capacità più che sufficienti per poter essere coinvolte in questa strategica fase di rilancio dell’economia nazionale e della strategia di sviluppo. L’acciaieria di Taranto, ex Italsider, ex Ilva, ora AncelorMittal Italia, potrebbe diventare così il fiore all’occhiello della capacità produttiva di questo Paese in un settore, quello siderurgico, che risentirà molto meno della crisi, se paragonato per esempio al settore petrolifero o ad altri, e potrebbe progressivamente assumere il ruolo di coordinamento e di progettazione di una pianificazione nazionale delle infrastrutture industriali, incluse lo sviluppo portuale, per dare nuova linfa a un settore in cui l’Italia è stata leader per oltre un secolo di storia.

Così, qualora anche Atlantia dovesse essere oggetto di una parziale nazionalizzazione, oltre a permettere di riconfigurare nella gestione nazionale la rete viaria del Paese, potrebbe gestire e coordinare il grande piano di sviluppo infrastrutturale nel mondo del trasporto su gomma, progettando nuovi ponti, nuovi collegamenti viari, nuovi tunnel su un territorio che da diversi decenni reclama la necessità di maggiori investimenti nella manutenzione e nella costruzione. Alitalia, che certamente potrà beneficiare di un trend al rialzo dei prezzi dei biglietti come effetto della crisi da COVID-19, deve essere strategicamente coordinata unitamente a uno sviluppo nazionale dei trasporti, incentivando fortemente la funzionalità nel settore Cargo anche mediante il riallestimento degli aeromobili, e selezionando le sole rotte turistiche che risultino efficaci. Si tratta, insomma, di dotarsi di una strategia, perseguirne gli obiettivi, abbandonando quella politica di assistenzialismo che troppo male ha fatto al Paese, coinvolgendo i tanti manager italiani che si distinguono quotidianamente nel mondo, focalizzandosi sull’innovazione tecnologica, sulla tutela dell’ambiente e della salute, sburocratizzando le mille norme e leggi che rallentano o impediscono lo sviluppo. I finanziamenti sono disponibili; ora si deve agire.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami