L’Asilo italiano di Wohlen festeggia il suo cinquantesimo compleanno

Un ponte tra culture diverse, un esempio di inclusione

di Franco Narducci

Il 22 giugno scorso l’Asilo Peter Dreifuss di Wohlen (la vecchia emigrazione lo chiama ancora Asilo Italiano, il suo nome di battesimo) ha celebrato il suo cinquantesimo anno di nascita con una festa sobria organizzata dall’amministrazione comunale e dalla Fondazione Dreifuss che sovrintende al funzionamento e alla gestione dell’Asilo stesso.

Frammenti di memoria. Non penso al titolo di un film drammatico (2017) diretto da Alex Wright, ma ai ricordi che affiorano dalle vecchie fotografie in cui si vedono i volti di giovani donne e uomini emigrati da poco in Svizzera, di personaggi della politica e dell’imprenditoria locale di allora o dalle foto della sontuosa festa organizzata dal 7 al 9 giugno 1974 (tre giorni!) per l’inaugurazione dell’Asilo italiano. Durante la festa furono consumate 1500 pizze e 1000 porzioni di spaghetti, naturalmente cucinati dai nostri connazionali. Frammenti di ricordi da condividere con le nuove generazioni, che riportano in superficie anche le difficoltà e le opinioni dei contrari per partito preso o per convinzione alla costruzione dell’Asilo italiano.

Subito dopo la fondazione del Circolo ACLI di Wohlen, avvenuta il 27 maggio del 1970 alla Bahnhosfstrasse 4, emerse con forza un’ulteriore necessità, molto sentita in seno alla comunità italiana: un asilo che accogliesse i figli delle giovani coppie italiane arrivate o costituite a Wohlen, che aumentavano di anno in anno. La comunità italiana aveva già allora superato il migliaio di cittadini ed era formata in stragrande maggioranza da giovani e da giovani coppie. Don Silvano Francola – storico Missionario e punto di riferimento degli italiani a Wohlen per vari decenni – si fece subito interprete di tale esigenza, così come era avvenuto per la fondazione del Circolo Acli, e la volontà di costruire un Asilo italiano per l’accoglienza dei bambini delle giovani coppie fu condivisa da tutti.

Se il circolo ACLI rispondeva alla necessità di aggregazione e condivisione di valori comuni, nonché alla possibilità di avere un luogo in cui organizzare le attività del tempo libero, l’Asilo avrebbe assicurato alle famiglie con figli piccoli e alle giovani mamme lavoratrici la indispensabile tranquillità.  Giova ricordare che all’epoca le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori italiani erano nettamente inferiori a quelle della popolazione indigena e per chi aveva messo su famiglia era praticamente d’obbligo che entrambi i genitori lavorassero. Va anche ricordato, che le strutture già esistenti avevano un costo “esorbitante” per le famiglie degli immigrati.

L’idea fu subito accolta con entusiasmo e si pensò d’interessare le autorità locali, ma una mozione contraria a tale idea, in seno all’amministrazione, escluse subito il coinvolgimento del Comune. Ciò malgrado fu formata una commissione di sostenitori, tra i quali i compianti Hermann Vögeli e Oskar Hübscher che coinvolsero una figura chiave, Petere Dreifuss, importantissimo rappresentante dell’industria locale, rivelatosi ben presto entusiasta del progetto.

L’architetto Vinzenz Erni prese subito a cuore l’intrapresa e si occupò della pianificazione, la famiglia Dreifuss mise a disposizione il terreno alla Reithalleweg 4, e tanti nostri concittadini si misero a disposizione volontariamente per la realizzazione dei lavori: muratori, carpentieri, falegnami, elettricisti e altri artigiani si rimboccarono le maniche e contribuirono con centinaia di ore di lavoro gratuito alla costruzione dell’Asilo.

Inoltre, Peter Dreifuss offrì a Don Silvano di abitare nella casa di sua proprietà, una vecchia villa signorile alla Obere Farnbühlstrasse 5, dove alloggiarono provvisoriamente anche le prime suore italiane giunte a Wohlen, le indimenticate suor Emilia, suor Carla e suor Adeodata, che iniziarono subito ad accudire i bimbi italiani che già frequentavano un asilo italiano embrionale, ubicato provvisoriamente nella stessa casa alla Obere Farnbühlstrasse 5.

Fu anche concretizzata la possibilità di donare, da parte di molti italiani, delle ore di lavoro nella ditta dov’erano impiegati, in favore del progetto: una straordinaria dimostrazione di partecipazione. Iniziò freneticamente la costruzione della struttura con un impegno serrato dopolavoristico o al fine settimana: un esempio assoluto di abnegazione e gratuità destinato a contraddistinguere positivamente la presenza e il ruolo della comunità italiana di Wohlen nell’intero Freiamt.

L’asilo, che inizialmente si chiamava “Asilo Italiano di Wohlen AG”, funzionò dapprima con il supporto delle tre suore già citate, poi, quando esse vennero richiamate dalla casa madre a Foligno (Umbria), furono sostituite da altre tre religiose provenienti da un ordine di Venezia, Suor Chiara, suor Raimonda e suor Stella. Solo in seguito, dopo la prematura scomparsa del magnanimo donatore, l’asilo italiano cambiò denominazione in Kinderhort Peter Dreifuss, oggi Kita Peter Dreifuss.

L’Asilo Italiano è stato ricordato ancora una volta, a distanza di cinquant’anni, come esempio di ponti costruiti tra nazioni e culture diverse, e come modello d’inclusione a carattere internazionale e interconfessionale. Il modello che Don Silvano ha sempre posto in primo piano e condiviso in toto dalla Commissione di gestione presieduta per numerosi anni da Renato Rorato.

Quei bambini che nel 1974 arricchirono la festa d’inaugurazione con cori, canzoncine e balletti ricorderanno con affetto l’Asilo italiano, dove tra l’altro hanno iniziato a parlare la lingua tedesca e hanno fruito del supporto aiuto-compiti. Ora il Kita Peter Dreifuss è frequentato da 64 bambini (la capienza è per 75) originari di varie nazioni, accuditi in tante attività da personale abilitato e specializzato.

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