Serie di omicidi su un’isola

Carlo Lucarelli, L’isola dell’angelo caduto, Mondadori. La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

«Alla Questura

bisogna sempre

raccontare tutto,

ma non tutto tutto.»

«Dicono che non
si spara ai gabbiani

perché sono le anime
dei marinai morti.»

L’isola chiamata Capo d’Angelo nasce come carcere per i ribelli in epoca borbonica per poi divenire Capo dell’Angelo Caduto e luogo ideale dove spedire in domicilio coatto facinorosi, delinquenti, sovversivi e oppositori dello Stato, qualunque Stato fosse.

Attorno alla Colonia Penale erano poi emigrati familiari dei detenuti, parenti dei carcerieri, ufficiali dello Stato e si era formato così uno strano agglomerato di pastori e pescatori.

Poi la fortezza–carcere era stata soprannominata la Cajenna e Cajenna lo era tuttora in epoca mussoliniana.

Un’isola prigione quindi, ma non solo per i detenuti politici che vi sono rinchiusi, ma prigione anche per chi vi abita e lavora, visto che per tutti è difficile lasciare quello scoglio, vuoi perché il regime glielo impedisce, vuoi perché manca la volontà, vuoi perché c’è chi su quello scoglio ci muore.

Come già in altri romanzi (ricordiamo la splendida trilogia Carta bianca, L’estate torbida, Via delle oche), Lucarelli, anche qui ambienta la sua azione (ve ne sarete certo accorti!) nel periodo del fascismo, periodo al quale sembra letterariamente particolarmente affezionato, visto che vi aveva già ambiento anche l’ottimo Indagine non autorizzata, e che l’autore tratteggia con maestria, con dovizia di particolari e con competenza storica utilizzandolo come sfondo per le sue vicende di stampo poliziesco ma che possiamo anche leggere come il ritratto di un’epoca certo spesso e volentieri definita « buia » ma non poi così lontana e dimenticata. Le azioni e i fatti sono quindi «proiettati» in un tempo da molti non vissuto e per alcuni sconosciuto, e quindi in un certo modo come «allontanati» da noi. Tutti però siamo perfettamente coscienti che, in realtà, fatti simili continuano ad avvenire anche ai giorni nostri e a volte con una violenza ancora più pronunciata.

Proprio in fondo a uno strapiombo di quell’isoletta sperduta dove in riva al mare era già estate, un po’ in altura primavera e in cima ai monti inverno, su una spiaggetta che esiste solo di giorno e che sparisce la sera sotto l’alta marea, viene trovato il cadavere in gran parte sfigurato di una camicia nera, tale Miranda. Viene subito ipotizzato un incidente dall’esito fatale dovuto all’oscurità della notte senza luna, al ripido e profondo dirupo, a una buca quasi invisibile. Il medico legale sottoscrive immediatamente e senza alcuna esitazione a questa ipotesi.

Il Miranda, a detta di Zecchino (ultimo rampollo di una nota stirpe di informatori della polizia) era un emerito, assatanato dongiovanni, assai apprezzato da tutte le poche donne dell’isola, che stava ormai da tempo piantando abbondanti corna in testa a molti degli uomini che contano sul posto e che in parte erano al corrente della cosa, in parte no.

Ciò potrebbe essere la o una causa della sua morte, no?

Chissà?

Per il commissario, il federale e poliziotti scatta l’indagine, mentre il dottor Valenza non crede assolutamente all’ipotesi della caduta accidentale del Miranda, visto che presenta segni di strangolamento e escoriazioni di non molto chiara origine. E così lo suggerisce assai discretamente al commissario, dato che non ha ufficialmente il diritto di immischiarsi in una faccenda che non dovrebbe riguardarlo, essendo lui un confinato politico.

La moglie del commissario, che era stata la sua madrina di guerra e con la quale aveva intrattenuto una relazione epistolare mentre era sul fronte, è di carnagione chiarissima, teme il sole, il caldo e la luce e vive quindi quasi relegata in casa, a persiane chiuse, ascoltando ossessivamente sul grammofono una sciocca canzonetta che fa Ludovico, sei dolce come un fico, motivetto che diventa subito il leitmotiv di questo particolare racconto che sembra dipanarsi in bilico tra il poliziesco e il fantastico.

Nel frattempo, le gambe di un altro cadavere fanno capolino da un cespuglio, mentre il resto del corpo sembra conficcato nella terra.

Secondo mistero.

Ma purtroppo la lista dei cadaveri non si ferma qui e così tutto si complica per lo zelante commissario che tenterà di risolvere lo strano caso.

Ma per questo arduo compito cinque giorni non sembrano bastare e alcuni dubbi persistono.

Carlo Lucarelli, L’isola dell’angelo caduto (romanzo), Mondadori, I Miti

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