“Sono così, senza riserve e senza ipocrisie”. Cinquant’anni senza Anna Magnani, regina del neorealismo italiano

L’attrice romana è stata la prima italiana a vincere l’Oscar nel 1956 con ‘La rosa tatuata’

Il 26 settembre 1973, all’età di 65 anni, Anna Magnani, icona del cinema neorealista italiano, si spense a causa di un cancro al pancreas. Era nata a Roma il 7 marzo 1908.

Il suo volto espressivo, le sue intense performance e il suo temperamento appassionato la resero una figura indiscussa del cinema tricolore del secondo dopoguerra. La tipologia femminile incarnata dalle dive dell’epoca, esili e diafane, era molto distante dalla fisicità vitale della Magnani.

La bravura dell’artista – capace di passare da una comicità sfrenata a una potente drammaticità – fu anche questa: seppe affermarsi in un simile panorama grazie alla sua personalità carismatica e volitiva e al suo straordinario talento.

In tanti, all’inizio della sua carriera, le avevano suggerito di rinunciare al suo sogno, definendola “uno sgorbietto”. Invece la Magnani, anche per le sue vicende private, divenne il simbolo di un popolo che stava ricostruendo il Paese e che cercava un riscatto personale e collettivo.

Era figlia di una madre single, una sarta di Fano, che si trasferì ad Alessandria d’Egitto dopo la sua nascita. Fu cresciuta dalla nonna, alla quale fu sempre grata e affezionata, e dalle sue cinque zie.

Nel 1927, si iscrisse alla scuola di recitazione Eleonora Duse, che in seguito divenne l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Debuttò con Paolo Stoppa nell’avanspettacolo, lavorando anche con Aldo Fabrizi e Totò.

Nel 1941, con ‘Teresa Venerdì’ di Vittorio De Sica, ebbe la sua prima grande opportunità nel cinema italiano. Seguirono ruoli indimenticabili in ‘Roma città aperta’ di Roberto Rossellini, ‘L’onorevole Angelina’ di Luigi Zampa e ‘Bellissima’ di Luchino Visconti.

Nel 1956 la Magnani vinse l’Oscar come migliore protagonista per ‘La rosa tatuata’ di Daniel Mann. Fu la prima attrice italiana a ricevere un simile riconoscimento. Nel 1961, quando l’astronauta russo Yury Gagarin compì la prima rotazione della terra, disse dallo spazio: “Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani”.

Nel 1962 l’artista regalò altre magistrali interpretazioni in ‘Mamma Roma’ di Pier Paolo Pasolini. La sua ultima apparizione sul grande schermo avvenne nel 1972, quando Federico Fellini la scelse per un cameo nel film ‘Roma’ in cui interpretava se stessa, rappresentando una sorta di consacrazione della sua carriera.

La vita sentimentale della Magnani fu molto tormentata. Nel 1933 l’attrice sposò il regista Goffredo Alessandrini, dal quale si separò nel 1940. Nel 1942 l’attrice ebbe una storia con il collega Massimo Serato. Dalla loro relazione nacque Luca anni, che visse per molto tempo, nell’infanzia e nell’adolescenza, in un collegio in Svizzera.

La madre aveva mandato il bambino nel territorio elvetico affinché lì potesse essere curato al meglio in seguito alla poliomielite che aveva colpito a soli due anni e mezzo. In un periodo storico caratterizzato ancora da una mentalità fortemente sessista e conservatrice, la Magnani lottò per crescere suo figlio da sola e per dargli il suo cognome.

Celebre fu anche la relazione dell’attrice con il regista Roberto Rossellini, che poi la lasciò per Ingrid Bergman, con la quale si sposò nel 1950. I due ebbero tre figli – Robertino e le gemelle Isabella e Isotta – e si separarono nel 1957. Rossellini, negli anni, si riavvicinò alla Magnani e, insieme al figlio dell’attrice, rimase accanto ad Anna nei suoi ultimi momenti di vita.

“Ha combattuto come un maschio in un mondo maschilista come quello del cinema di allora, restando fedele a se stessa, coraggiosa e anticonformista”, ha detto di sua madre Luca Magnani.

“Io non mi curo mai di quello che sembro, di come gli altri mi vedono”, affermava “Nannarella”, com’era chiamata affettuosamente l’artista a Roma e non solo. “Sono così, come la mia vita, le mie speranze, le mie delusioni, le mie gioie e le mie infelicità mi hanno fatta. Lo sono senza riserve e senza ipocrisie”.

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