Gli oceani assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno. Non vi sembra un buon motivo per proteggerli?

Coprono il 71% dell’intera superficie terrestre, assorbono circa un terzo dell’anidride carbonica prodotta e rilasciano il 50% dell’ossigeno che respiriamo. Sono gli oceani, che danno da vivere a 3 miliardi di persone: tante, infatti, sono quelle che basano la loro sussistenza sulla pesca e attività collegate. Eppure i mari sono minacciati da inquinamento, acidificazione e sovrasfruttamento, fenomeni da ricondurre a una matrice umana. Le scelte quotidiane che ciascuno di noi compie – anche i gesti più piccoli a cui, erroneamente, non daremmo il giusto significato – possono giocare un ruolo importante.

Servono azioni collettive per sensibilizzare sui rischi e pericoli che affliggono le distese d’acqua, educare e coinvolgere attivamente i cittadini in progetti di tutela e salvaguardia. È stato sottolineato pure durante la Giornata mondiale degli Oceani (8 giugno), istituita ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 2008.

Le sue origini, però, risalgono a un tempo precedente: era il 1992 quando il Canada ne propose la creazione in occasione dell’Earth Summit di Rio de Janeiro, sempre legato alle questioni ambientali. Lo slogan scelto per il 2022 è “Rivitalizzazione: un’azione collettiva per l’oceano”, ponendo l’accento sul fatto che ciascuno, nel proprio piccolo, può provvedere a riparare ai danni che continuano a essere inflitti alla vita marina. Qualche esempio? Se preferiamo il trasporto pubblico o, meteo permettendo, la bicicletta, o ancora gli spostamenti a piedi, andiamo a ridurre le emissioni nocive che danneggiano l’ambiente nella sua totalità.

Diventare consumatori più consapevoli, inoltre, significa acquistare prodotti ecosostenibili e, alla lunga, implica una diminuzione della produzione di residui tossici e microplastiche (altrimenti presenti in cosmetici, dentifrici, vestiti), tutti scarti che poi finiscono in mare attraverso le acque reflue. Sull’importanza dei gesti individuali e collettivi intende porre attenzione anche la seconda Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano, che si terrà a Lisbona dal 27 giugno al 1° luglio dai governi del Kenya e del Portogallo. La tutela delle acque oceaniche è inserita anche tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Tanta plastica sulle spiagge

Intanto, in occasione della Giornata mondiale 2022, l’associazione italiana Legambiente ha diffuso i dati rilevati durante la 29esima edizione di ‘Clean Up The Med’, versione mediterranea di ‘Spiagge e Fondali Puliti’, che si è tenuta tra il 13 e il 15 maggio. Cicche di sigaretta, bottiglie e bottigliette, seguite da tappi, bicchieri e frammenti eterogenei: il 65% dei rifiuti rinvenuti sulle spiagge del Mediterraneo è costituito soprattutto da plastica. Secondo i dati dell’UNEP (United Nations Environment Programme), ogni anno oltre 8 milioni di tonnellate di questo materiale altamente inquinante finiscono nei mari a livello mondiale. Entro il 2050 la massa di plastomeri negli oceani supererà in peso quella tutti i pesci che lo popolano.

Tornando allo Stivale, su oltre il 45% delle spiagge ripulite (in tutto 23.750 km) sono stati ritrovati guanti, mascherine o rifiuti legati alla cattiva gestione dei dispositivi di protezione individuale (in quantità maggiori in Grecia, ma presenti anche in Algeria, Croazia, Libano, Italia e Spagna). Sono state coinvolte circa cento organizzazioni, provenienti da 17 Paesi. Più di 600 volontari, dagli 8 ai 70 anni, hanno preso parte all’operazione di pulizia di 20 spiagge, situate in prossimità dei centri urbani, e hanno permesso di raccogliere 200 sacchi di rifiuti, più di 1 quintale nel complesso.

Coste italiane sotto assedio

Il nuovo “Dossier Coste, il profilo fragile dell’Italia” del Wwf – promotore della Campagna GenerAzioneMare 2022 con eventi che vanno, a loro volta, dalla pulizia delle spiagge alla tutela delle tartarughe marine – fotografa una situazione nella Penisola mediterranea che lascia perplessi. La metà dei paesaggi costieri, negli ultimi 50 anni, ha subito le maggiori trasformazioni con circa 3.300 chilometri degradati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie e appena 1.860 chilometri (il 23%) di tratti lineari di costa più lunghi di 5 chilometri, isole comprese, che possono essere considerati con un buon grado di naturalità.

Hanno segnalato i responsabili della Ong: “Espansione urbana e strutture turistiche, deforestazione e rasatura delle dune costiere hanno alterato quasi interamente il profilo del nostro litorale. A questi impatti si è aggiunta l’erosione delle spiagge, fenomeno naturale esacerbato delle attività umane”. Hanno aggiunto dall’ente: “Nel periodo 2006-2019 un totale di 841 chilometri di costa italiana era eroso. Cambiamento climatico, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando invece gli ecosistemi marini”. Il rapporto evidenzia il sovrasfruttamento della pesca, professionale e ricreativa, e spiega l’importanza degli ecosistemi costieri in salute nel contesto del cambiamento climatico. Il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole, sempre in base a quanto riportato nell’indagine.

A oggi esistono 29 aree marine protette e 2 parchi sommersi che, con altre tipologie di aree protette, tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 chilometri di costa. Come ha ricordato il Wwf, la ‘Nuova Strategia dell’Ue sulla Biodiversità’ per il 2030 sostiene che i Paesi membri dovrebbero proteggere in modo efficace almeno il 30% della superficie terrestre e il 30% del mare entro il 2030. L’associazione ambientalista chiede un impegno immediato per incrementare l’efficacia di gestione delle aree marine protette e siti Natura 2000 esistenti (Natura 2000, nello specifico, è una rete di siti di interesse comunitario, e di zone di protezione speciale creata dall’Unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell’Ue).

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