Italia: nel Meridione i pensionati superano gli occupati! Abbiamo un problema

In base alla rilevazione della CGIA di Mestre nel Mezzogiorno e nelle Isole le pensioni erogate sono oltre 7 milioni, mentre gli stipendi corrisposti sono poco più di 6 milioni

Secondo la rilevazione settimanale della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA) di Mestre, nel Sud Italia il numero attuale di pensionati risulta superiore a quello dei lavoratori.

Mentre su tutto il territorio nazionale, in media, il rapporto tra questi soggetti è di uno a uno, con 22.772.000 pensionati e 23.099.000 occupati rilevati nella Penisola, nelle regioni del Mezzogiorno e delle Isole i primi hanno superato i secondi. In queste aree, nello specifico, le pensioni erogate ammontano a 7.209.000, mentre gli addetti sono 6.115.000.

“Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone”, commentano dall’associazione veneta di artigiani e piccole imprese.

“Va altresì̀ segnalato che con una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da anziani rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa)”.

Come si può spiegare un simile fenomeno?

La CGIA di Mestre attribuisce questa situazione a tre fattori concomitanti e interconnessi: la bassa natalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza di lavoratori irregolari. La combinazione di questi elementi sta gradualmente riducendo il numero di contribuenti attivi e, di conseguenza, aumentando il numero di beneficiari di assistenza sociale.

Gli esperti dell’associazione veneta sottolineano che non esistono soluzioni magiche per riequilibrare il sistema e che, anche se fossero disponibili, ci vorrebbero almeno 20-25 anni per appianare i divari. Tuttavia, considerando la diminuzione dei giovani e l’incremento dei pensionati, l’inversione di tendenza potrebbe avvenire solo nel medio-lungo termine attraverso un ampliamento della base occupazionale.

Un primo, importante passo sarebbe portare a galla una buona parte dei lavoratori “invisibili” presenti nello Stivale, ossia coloro che svolgono un’attività in nero, senza dichiarare i propri redditi all’erario statale. Secondo l’istituto nazionale di statistica Istat, circa 3 milioni di italiani si recano nei campi, nelle fabbriche e nelle abitazioni degli italiani lavorando in modo irregolare.

Un altro punto importante è favorire e incentivare ulteriormente l’ingresso delle donne nel mercato professionale. La Penisola è maglia nera, in Europa, per il tasso di occupazione femminile (pari al 50 per cento circa).

Occorrerebbe, poi, migliorare il livello di istruzione, rafforzare le politiche che incentivano la crescita demografica (per esempio attraverso aiuti alle giovani mamme, alle famiglie, ai minori) e allungare la vita lavorativa delle persone, in particolare tra coloro che svolgono mansioni considerate non usuranti, come quelle impiegatizie o intellettuali.

Concludono gli esperti: “Se non faremo tutto ciò in tempi relativamente brevi, fra qualche decennio la sanità e la previdenza rischiano di implodere”. In base alle proiezioni fatti con i dati attualmente disponibili, entro il 2027 al mercato tricolore occupazionale serviranno poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. “Nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età”.

Relativamente alle varie realtà provinciali, dalla rilevazione della CGIA di Mestre risulta che, secondo i parametri considerati, la città più virtuosa è Milano (con un saldo dato dalla differenza tra il numero delle pensioni e quello degli occupati pari a +342 mila). Il capoluogo lombardo è seguito, nell’ordine, da Roma (+326 mila), Brescia (+107 mila), Bergamo (+90 mila), Bolzano (+87 mila), Verona (+86 mila) e Firenze (+77 mila).

Tra le province del Mezzogiorno fanno eccezione Cagliari (+10 mila) e Ragusa (+9 mila). Gli squilibri maggiori, invece, riguardano Palermo (-74 mila), Reggio Calabria (- 85 mila), Messina (-87 mila), Napoli (-92 mila) e Lecce (-97 mila).

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