L’1 e il 2 marzo i ricordi di Valentina Cortese sono messi all’asta

di Laura Torretta

Foto: Valentina Cortese indossa uno dei suoi amati foulard (Photocredit Giovanni Gastel – Courtesy Il Ponte casa d’Aste)

“Vera ultima diva, magica fata dallo sguardo magnetico, lady regina dei salotti, superba icona dell’eleganza”: sono molteplici le definizioni coniate per Valentina Cortese, attrice di cinema e di teatro scomparsa tre anni fa. In realtà, chi ebbe modo di conoscerla bene la pensava diversamente: “Valentina sembra una donna fragile, eterea – diceva di lei Paolo Grassi, direttore del Piccolo di Milano – ma viene dalla campagna, e ha dentro di sé una forza contadina”. Era risoluta e caparbia; lei stessa, del resto, non lo nascondeva.  “Sono cresciuta in campagna e ho ancora quelle persone dentro di me. La miseria, eppure la generosità dei poveri che danno ai poveri. La prima volta che sono entrata in una casa dei sciuri credetti mi avessero portata in chiesa. Le poltrone dorate, i lampadari di cristallo, i tendaggi di velluto. Ero una ragazzina. Quel giorno ho capito che il mondo si divide in ricchi e poveri. È il motivo per cui non ho mai battuto i piedi sul palcoscenico”. Valentina era una “figlia dell’amore”: sua madre, giovanissima e agiata ragazza borghese aspirante concertista, era nubile. Per coprire lo scandalo, appena dopo la nascita, avvenuta a Milano nel 1923, la bimba venne portata a Stresa e affidata a una contadina (mamma Rina) per poi ritornare, ormai adolescente, nella famiglia d’origine e vivere con i nonni. Nella sua biografia,l’attrice ricordava con nostalgia “l’infanzia con le stalle, i carrozzoni di fieno e i ragazzi che sognavo di sposare”. Provava così tanta ammirazione per le donne che lavoravano nei campi da portare sempre, quale segno di apprezzamento, un foulard che annodava sul capo esattamente come facevano loro. Proprio alcuni di questi suoi prediletti “fazzoletti da testa” sono compresi nel catalogo della vendita all’incanto “Valentina Cortese, gli arredi e il guardaroba di una diva” che Il Ponte Casa d’aste ha programmato a Milano (palazzo Crivelli, via Pontaccio 12) per l’1 e il 2 marzo.

Da aggiudicare, una raccolta che documenta uno spaccato di vita della donna e dell’artista nel quale risaltano scenografici abiti da sera, firmati da prestigiosi nomi dell’alta moda, come Roberto Capucci e Maurizio Galante, Christian Dior e Mila Schon, Biki e Ferré. In vendita anche il romantico vestito di pizzo bianco indossato da Valentina-Ljuba, splendida interprete del Giardino dei ciliegi di Cechov andato in scena nel 74 con la regia di Giorgio Strehler, a lungo suo compagno d’arte e di vita; così come l’abito cinese “a vestaglia” in seta color carta da zucchero, con grandi ricami di fiori policromi, regalato alla “Diva” da Franco Zeffirelli. A raffinatissimi modelli in seta, chiffon e crèpe georgette, sono accostati quelli semplicemente curiosi come un costume tirolese con corpetto ricamato a fiorellini e gonna in taffetas verde mela, grembiule giallo, camicia e sottogonna rifiniti con pizzo. E anche una raffinata serie di valigeria Louis Vuitton accanto a una quantità di memorabilia, riconoscimenti, premi, persino un’insegna di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, ventagli di piume di struzzo, sino ai bozzetti dei costumi per commedie goldoniane, tutte dirette da Strehler.

Costituiscono un capitolo a sé le numerose foto  in bianco e nero incorniciate in argento che la ritraggono con  Fred Astaire e Gregory Peck, Marylin Monroe e Ronald Reagan, Fellini e Truffaut, Sinatra e Liza Minnelli,  Strehler e Visconti, dal momento che  la sua carriera artistica l’aveva portata a Hollywood, tra le star del mondo della celluloide, dove aveva intessuto moltissime amicizie e nello stesso modo i salotti delle sue abitazioni italiane erano frequentati dai più noti personaggi dello spettacolo.  E poi quelle personalissime, con Victor de Sabata (il primo amore, lei giovanissima fugge con lui, direttore d’orchestra che ha 31 anni di più, moglie e figli, lasciando di stucco la nonna che la accompagnava ancora al cinema per vedere film per ragazzi), con Richard Basehart e con Carlo De Angeli (rispettivamente suo primo e secondo marito). Una vita intensa, la sua, costellata di rapporti affettivi: “Una componente dell’amore che io coltivo da sempre è l’ammirazione; ho sempre ammirato i miei uomini, è un modo di avere cura dell’altro – diceva – è terapeutico prendersi cura di qualcuno; sono stata amata da uomini molto alti, mi guardavano da lassù e io smettevo di sentirmi sola e di avere paura. Li piango ancora e ci sono sere in cui rileggo le loro lettere”.  

E dopo i ricordi più cari, come le istantanee con Jackie, l’amatissimo figlio, deceduto nel 2015 (un dolore immenso per Valentina che, allora novantaduenne, aveva  mormorato “ancora una giro di clessidra e poi ci ritroviamo”) saranno dispersi tutti gli arredi delle case di Roma e Milano, dai servizi di piatti in porcellana di Limoges ai salver in argento, da un piano in commesso di pietre dure e lapislazzuli a una importante  pendola a “lira” Dieudonné  Kinable, con cassa in porcellana di Sèvres rosa e bronzi dorati (Francia, 1785/1790), da una raffinata commode intarsiata dell’ebanista Jean Francois Leleu sino a una curiosa sedia ottocentesca da balia, in legno ebanizzato e decorato in policromia. Infine, sarà la volta dei dipinti, tra i quali spiccano le opere di Leonor Fini, carissima amica dell’attrice.  

Sfogliando il catalogo, non può che destare meraviglia rilevare come questa vendita a tutto campo non comprenda neanche uno degli anelli, collane, orecchini che Valentina amava portare, come documentano le numerose immagini fotografiche, ma vi è una ragione assai amara. Alcuni anni fa tutti i suoi monili, per un valore di 2 milioni di euro, le sono stati sottratti dalle due badanti che l’accudivano da decenni e poi, opportunamente smontati, immessi sul mercato illegale.  Al di là di questa vicenda che ha dell’incredibile e sottolinea una volta di più quanto l’ingratitudine sia una moda diffusa, resta il fatto che i lotti in offerta sono molti, oltre 300: non si può fare a meno di pensare come sia un vero peccato che questo straordinario unicum venga parcellizzato. Le stime, tra l’altro, sono in gran parte assai accessibili anche se presumibilmente a far lievitare, e di parecchio, le cifre provvederà l’interesse collezionistico.

L’incanto ha finalità benefiche: nel rispetto delle volontà di Valentina che desiderava lasciare un segno tangibile all’amata Milano, i proventi dell’iniziativa, patrocinata dal Comune di Milano e dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, saranno devoluti in parte all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri (che destinerà i fondi derivanti dalla vendita per lo sviluppo di un progetto nell’ambito della ricerca oncologica “Studio di nuovi approcci terapeutici per la cura del timoma”) e in parte al Piccolo Teatro di Milano (che punterà alla realizzazione di “Archivio di una diva, progetto di riordino, inventariazione e valorizzazione del Fondo di Valentina Cortese” e di una “Borsa di studio Valentina Cortese a sostegno di una giovane attrice della Scuola di Teatro Luca Ronconi”).

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