Le relazioni generose della filantropia

di Valeria Camia

Un nuovo libro – La relazione generosa. Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati – osserva il mecenatismo e la filantropia alla luce di nuove ricerche neuroscientifiche e comportamentali, che dimostrano quanto la generosità produca benessere agli individui che la praticano. Ne parliamo con le autrici, la Dott. Dott. Elisa Bortoluzzi Dubach e la Dottoressa Chiara Tinonin: “Mecenatismo e filantropia conoscono un periodo di grande espansione, sia in termini di cifre investite, sia per le nuove strategie e modelli d’intervento. Recentemente, per esempio, ha circolato molto la notizia che Mackenzie Scott (ex moglie di Jeff Bezos) negli ultimi quattro mesi del 2020 si sia affidata a un team di consulenti esperti per donare oltre 4 miliardi di dollari a favore di 348 organizzazioni non profit negli Stati Uniti. Quello che ci sembra utile osservare sono i benefici che questo gesto ha generato non solo per le singole organizzazioni beneficate, ma anche per la stessa Ms Scott (sì perché la generosità aumenta i livelli di felicità di chi dona) e per la collettività. Questo modo di guardare alla filantropia, che noi chiamiamo relazione generosa, offre una nuova e stimolante lettura dei sistemi Stato-mercato-Terzo Settore delle nostre società contemporanee”. 

Partiamo proprio dall’aggettivo molto evocativo, che appare subito nel titolo del vostro libro ed è centrale nella vostra riflessione: nelle relazioni filantropiche, il rapporto tra chi domanda e chi riceve è definito in termini di “relazione generosa”. In contrasto con un modello di comunità sociale, nel quale i singoli stanno spesso in reciproca relazione basandosi sull’utilità, perché il modo di rapportarsi verso un mecenate si connota in termini di generosità?

La relazione generosa vede il mecenatismo e la filantropia come uno scambio reciproco tra un soggetto richiedente – un artista o un professionista del settore non profit – e un individuo tendenzialmente facoltoso che elargisce mezzi finanziari, competenze o reti per la  realizzazione di un progetto di pubblica utilità. Questo gesto è generoso perché è fortemente generativo: a livello individuale favorisce uno stato di maggiore benessere psicofisico in chi dona, e di realizzazione in chi riceve il supporto, ma produce anche cambiamento, e spesso un impatto sociale positivo nel medio e lungo termine, a favore di comunità di persone più o meno grandi. Siamo convinte che la solidarietà non sia solo un principio etico formale che compare nelle nostre carte costituzionali ma, soprattutto, un impegno tangibile, un valore sincero che ci appartiene come esseri umani che convivono in una società dove ogni singola persona deve essere tutelata. Il dono crea speranza e spazio di azione. Di tutto ciò oggi abbiamo bisogno più che mai. 

Com’è cambiato il mecenatismo nel corso degli anni? 

L’aspetto che più ci interessa è il passaggio da una dimensione che potremmo definire spontanea, a una più strategica e programmata, capace di cogliere i bisogni di una collettività e di adottare un orientamento all’efficacia e all’efficienza degli investimenti filantropici. Senza dimenticare, però, che il mecenatismo è tanto vario quanto le personalità dei mecenati ed è condizionato dai contesti socio-culturali dei paesi, dagli ordinamenti giuridici, dalle relazioni fra Stato, mercato e società civile. Il libro esplora i mecenati come individui, le cui motivazioni e scelte di donazione sono spesso ricorrenti. Conoscerli da vicino offre agli operatori del Terzo Settore migliori possibilità di entrare in relazione con loro, e aumentare la consapevolezza che i progetti culturali o di utilità sociale che vogliono realizzare hanno spesso un potenziale inespresso di innovazione che si può cogliere solo in una logica collaborativa.

Come si articola il vostro libro e a chi si rivolge?

La relazione generosa è il primo manuale operativo sulla relazione tra filantropi e operatori culturali e sociali in lingua italiana, suddiviso in nove capitoli più un’appendice conclusiva dedicata ai trend di sviluppo del settore. I contenuti di ogni capitolo sono spesso sintetizzati in check-list che rendono immediata l’applicazione dei diversi criteri metodologici. È un libro di facile lettura, pensato non solo per gli specialisti di settore, ma per tutti coloro che desiderano scoprire l’affascinante mondo della filantropia.

La pandemia favorisce i mecenati che agiscono d’istinto? Questa filantropia “emergenziale” può essere rischiosa?

Se il 2020 è stato dominato dall’incertezza causata dalla pandemia di Covid-19, quello che sappiamo per certo è che filantropi e mecenati si sono messi in gioco fin da subito. In estate si registrava già il volume più alto di donazioni filantropiche della storia, con 209 miliardari che, complessivamente, si sono impegnati a donare un totale di 7.2 miliardi di dollari in trasferimenti di denaro, beni e servizi, per combattere la pandemia e i suoi molti risvolti negativi sulla sfera economica, sociale e culturale dei diversi paesi del mondo (dal Billionaires Insights di UBS-PwC “Riding the Storm”, luglio 2020).

Pensiamo che sia indispensabile riconoscere il ruolo di chi nella prima fase della pandemia è intervenuto con generosità sostenendo l’azione degli stati in grave difficoltà a reagire all’urto del Covid 19 e forse è anche utile ribadire quanto sia importante preservare la libertà del mecenate di donare, ma anche la sua spontaneità, la voglia e la necessità di compiere un gesto utile, per esempio, in un momento di emergenza. 

In ogni sistema filantropico, anche il più perfetto – dunque ben programmato, strutturato e condiviso – ci debba essere spazio per forme di generosità illimitate, spontanee, creative, motivate dal puro desiderio di donare e dall’istinto alla solidarietà, che è uno dei motori più potenti per generare sviluppo economico e sociale, unitamente a un più armonioso contesto umano.

Nello scenario che si è venuto a creare con la pandemia causata dal coronavirus, qual è il ruolo delle associazioni e delle organizzazioni di supporto della filantropia?

I grandi filantropi globali si muovono verso un affinamento dei modelli d’intervento e delle strategie con cui conducono i loro investimenti filantropici, trattandoli con le stesse competenze con cui gestiscono i loro imperi commerciali e finanziari. Così, mentre massimizzano l’efficacia delle loro donazioni, portano avanti trasformazioni epocali, come il sogno di una finanza sostenibile e il paradigma di una filantropia sistemica che si interessi alle cause dei problemi, non solo agli effetti.

Le associazioni di categoria e le organizzazioni che supportano lo sviluppo della filantropia hanno un ruolo centrale nel delineare gli scenari presenti e futuri, e di dare slancio e creatività al settore, specialmente portando alla luce tutti quei progetti che permettano e incentivino il cambiamento. 

Anche in  Svizzera l’ambito culturale è stato duramente colpito dalle conseguenze della pandemia. Che cosa possono fare i filantropi che lo stato non può fare?

I mecenati sono spesso facilitatori di innovazione, perché possono mettere a disposizione capitali di rischio, competenze e infrastrutture in modo agile e diretto, spesso superando con flessibilità i limiti d’azione di altre forme di sostegno pubblico. In questo contesto l’obiettivo è chiaro: sostenere gli artisti e gli operatori culturali non solo per raggiungere i loro obiettivi, ma per la trasformazione che è oggi necessaria e per attuarla con continuità passo dopo passo.  È una visione molto ambiziosa, ne siamo coscienti, ma è l’unico modo per dare un vero contributo sostanziale, per aiutare davvero la cultura e l’arte in difficoltà a superare questo momento di silenzio, a preservare la propria identità. 

Che cosa possono fare invece le istituzioni culturali per rilanciare il dialogo con i filantropi?

Siamo persuase che sia necessario guardare alla cultura con occhi nuovi, senza relegarla ai margini, anzi ripensare a una sua centralità nei modelli di crescita. Le necessità di distanziamento sociale hanno penalizzato molto i luoghi della fruizione culturale, ma hanno offerto anche alcune opportunità molto concrete, come per esempio esplorare tutte le potenzialità dei canali digitali. I filantropi sono alla ricerca di nuove progettualità che permettano di superare l’impasse con slancio propositivo. Non possiamo e non dobbiamo però delegare ai filantropi e alle istituzioni culturali il compito di gestire questo grande sforzo, che deve rimanere un progetto corale. Come autrici abbiamo scelto di essere vicine ai musicisti così duramente colpiti dalla pandemia e di donare i proventi della prima edizione del libro al Fondo di Solidarietà per gli studenti del Conservatorio della Svizzera Italiana e all’Orchestra Senzaspine. Guardiamo con ammirazione il coraggio con cui centinaia di artisti stanno affrontando questo periodo di difficoltà. Sosteniamoli, sosteniamoli, sosteniamoli! Perché, come diceva Ezio Bosso: “la musica ci insegna ad ascoltare e ad ascoltarci, ad affrontare ogni sfida che la vita ci offre, con occhi nuovi”.

La relazione generosa. Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati

di Elisa Bortoluzzi Dubach e Chiara Tinonin 

FrancoAngeli, 2020, pp. 185

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami