Londra, anni ruggenti

Evelyn Waugh, Corpi vili (romanzo). La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

« – Mi prepari un bagno per favore, disse Adam.

   – Purtroppo, signore, c’è un uomo che dorme nella vasca. Devo svegliarlo?

…- No, non fa nulla.»

« – Pronto? Sei tu Nina?

   – Come stai, caro?

…- Oh, Nina…»

…- Povero amore mio, ho proprio quella stessa impressione pure io!»

« Adam, ti prego, sii divertente. Non riesco a sopportarti quando non sei divertente.»

Evelyn Arthur St. John Waugh (1903 – 1966) è uno scrittore britannico conosciuto soprattutto per i suoi romanzi satirici nei quali critica l’aristocrazia e l’alta società del suo paese.
Le sue opere dimostrano però che la società che giocosamente tiranneggia, paradossalmente, esercita su di lui una forte attrazione.

1930. Il racconto si apre sulla descrizione di un’improbabile traversata della Manica (nel senso Parigi – Dover) di una combriccola di coloriti personaggi inglesi (alcuni della migliore società – e cioè i giovani brillanti dell’upper class londinese – altri meno) con un mare particolarmente mosso del tipo atto a ricordare le «montagne russe».

A bordo della nave incontriamo il reverendo Rothschild (ogni riferimento a fatti, persone o luoghi realmente esistiti è assolutamente casuale, precisa l’autore fin dalla prefazione), Miss Runcible, Madame Melrose Scimmia accompagnata dalla sua schiera di angeli (tra i quali spiccano la Castità, la Temperanza, il Divino Dispiacere e lo Sforzo Creativo), il giovane autore Adam Fenwick-Symes (che ha appena finito di scrivere la sua voluminosa autobiografia), le due amiche e complici Kitty Acquanera e Fanny Palpitante (che dividono la stessa oscillante cabina), il signor Walter Oltraggio, membro del Parlamento (pare) e molti altri tra i quali alcuni soffrono il mal di mare, altri lo sopportano e altri ancora sperimentano audacemente varie tecniche di sopravvivenza alla nausea …

Al loro arrivo, i personaggi si disperdono rapidamente nella capitale inglese raggiungendo chi un fatiscente albergo (perché squattrinato), chi la propria lussuosa dimora (perché ricchissimo), chi (semplicemente) casa propria o quella di un amico (o amica), per poi tornare a incontrarsi, allontanarsi, ritrovarsi, perdersi di vista, dimenticarsi gli uni degli altri, invitarsi, lasciarsi di nuovo e ricominciare la trafila con beata indifferenza o grande impegno.

Londra, in quel periodo storico, è nel pieno dell’euforia fra le due guerre e vive i suoi anni ruggenti. È abitata da signorine licenziose e giovanotti vanesi, dame svenevoli, corridori automobilistici spericolati e più o meno rispettabili ministri; le feste sfrenate e i balli in maschera o senza si prolungano per intere notti, abbondano un po’ dappertutto e si svolgono a un ritmo impazzito; i ricevimenti esclusivi (altrettanti ghiottissimi scoop per le pagine di cronaca mondana dei numerosi quotidiani) si moltiplicano con frenesia, lo champagne scorre a fiumi, i lampi di magnesio immortalano gli astanti in pose strampalate, buffe o audaci.

I protagonisti del romanzo parlano una lingua originale, colorita, stravagante, a volte quasi surrealista, strampalata e perfino delirante, velocissima, informale, non sempre logica e strutturata o immediatamente comprensibile, che la traduzione italiana rende meglio che può …

Al centro della trama troviamo due personaggi principali, attorno ai quali orbita il variegato mondo dei bright young things inglesi; sono: il già citato Adam Fenwick-Symes e la sua fidanzata Nina Blount.

Scrittore brillante, bello e completamente spiantato lui. Frivola, spregiudicata, imprevedibile e deliziosa lei.

Il loro problema centrale è (ovviamente) di natura prettamente finanziaria, perché – senza quell’handicap – sarebbero davvero una bella coppia. Purtroppo le sorti del loro tanto ambito e programmato matrimonio sono affidate agli alti e bassi giornalistici di Adam, ma anche a quelle benedette 35’000 sterline, che un misterioso ufficiale ubriacone gli deve per una scommessa ai cavalli fatta in un momento di poca chiarezza mentale di Adam e di totale ubriachezza dell’ufficiale.

Praticamente tutto il romanzo corre e volteggia come una spumeggiante commedia di costume, con i suoi mille personaggi, le sue gag, i suoi colpi di scena: affidandosi a una straordinaria verve narrativa, in pagine irresistibili ed esilaranti, come quando Miss Runcible esce dal numero 10 di Downing Street in costume hawaiano (cioè mezza nuda) la mattina non molto presto, dopo una festa particolarmente spensierata (e molto abbondantemente annaffiata di whisky e champagne), che si è conclusa in casa di una delle quattro Miss Brown (che guarda caso sono le figlie del Primo ministro inglese) e viene mitragliata dai fotografi e assalita dai giornalisti lì riuniti e assai interessati alla scena.

Per concludere, diremo che se Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald è il testo-simbolo dell’età del jazz americana, Corpi vili, con le sue inedite descrizioni di nightclub, party selvaggi, caricaturali corse automobilistiche e libertà sessuali, lo è di quella inglese.

Spingendoci oltre, potremmo forse anche aggiungere che mentre Fitzgerald quell’età probabilmente se la immagina (o meglio la sogna), Evelyn Waugh non fa altro che immortalarla in una riuscitissima istantanea, ricorrendo a una lingua snob, vivace, brillante e insieme popolare, che rappresenta un’autentica innovazione nel panorama letterario.

Evelyn Waugh
Corpi vili (romanzo)
Bompiani / Guanda / Feltrinelli

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