Mercato del vino. C’è poco da brindare

Di Cristian Repetti

Dopo la grossa crisi provocata dalla pandemia, così come in molte parti del mondo, anche in Italia i produttori di vino devono far fronte all’attuale carenza di bottiglie di vetro. Di recente, per esempio, ha fatto discutere il caso riportato sul “Financial Times”, relativo alla distilleria St Augustine, in Florida. Lì l’equivalente di cinquemila casse di vodka, gin, rum e whiskey era parcheggiato in attesa dei contenitori necessari per essere immesso sul mercato. Una problematica simile si riscontra anche nella Penisola tricolore, dove, in aggiunta, in base a quanto segnalato dagli operatori del comparto, si sta facendo fatica anche a reperire le etichette e i tappi di sughero: si tratta di merci che spesso non arrivano a destinazione, intrappolate in navi container ferme nei porti internazionali, ma non solo.

DIFFICOLTÀ NELLA LOGISTICA, PREZZI IN AUMENTO

La situazione critica, infatti, dipende da un insieme di fattori concomitanti, tra cui ingorgo nelle catene globali delle forniture, ritardi nella produzione a fronte di una ripresa della domanda, rincaro dei prezzi delle materie prime a cominciare dall’energia, ma anche costi alle stelle per i noli dei container, difficoltà a trasportare merci via terra, concorrenza sui sistemi di trasporto. Per quanto riguarda il vetro, nello specifico, va poi considerato che, in Occidente, diverse fornaci sono state disincentivate, dal momento che le fornaci sono considerate siti produttivi altamente inquinanti. E ancora. Le impennate fino al 500% dei prezzi del gas stanno mettendo in ginocchio il noto distretto veneziano di Murano, fiore all’occhiello della città lagunare nel mondo. Va considerato che il combustibile è un elemento indispensabile per il settore: ne vengono consumati milioni di metri cubi, perché i forni devono essere sempre accesi 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Tutti questi ostacoli possono comportare ricadute non solo sulla distribuzione, ma anche sulla qualità del vino, come hanno fatto sapere dall’associazione Federvini. Molti produttori, infatti, si vedono costretti ad allungare i tempi di invecchiamento nelle botti di legno o utilizzare contenitori alternativi a quelli in vetro per la fase dell’imbottigliamento. In un modo o nell’altro, il rischio è di avere vini “che sembrano usciti da una segheria”, come ha commentato al sito “Insider Business” Phil Long, proprietario di Longevity Wines a Livermore in California. Lo stesso discorso vale per le aziende vinicole italiane e persino per lo champagne francese. Secondo le previsioni di alcuni esperti del comparto il reparto delle bollicine d’Oltralpe quest’anno potrebbe risultare più che dimezzato, con quasi il 70% di etichette in meno delle grandi maison.

MERCATO TRICOLORE A DUE VELOCITÀ

Da una recente indagine di Federvini è emerso che il mondo italiano del vino e degli spiriti sta procedendo da tempo a due velocità. Sembra aver vissuto un’accelerazione quella che riguarda il cosiddetto consumo off-trade, che passa principalmente dai supermercati per finire sulle tavole domestiche. Qui il vino è cresciuto del 6,1% nel periodo terminato a settembre rispetto al 2020, con il traino degli spumanti che segnano un +27,5%. L’export è un fattore importante: gli acquisti del prodotto made in Italy sono saliti del 14,7% negli Usa, del 6,1% in Regno Unito, del 9,4% in Germania. Anche gli spirits hanno registrato una forte crescita nel canale off-trade, con un +8,4% sul 2020. In frenata, invece, pare essere il consumo “fuori casa” che, secondo le previsioni, registrerà un fatturato di 66 miliardi nel 2021, in crescita del 22% sul 2020 ma ancora inferiore di 19 miliardi di euro ottenuti nel 2019. E da questo punto di vista la nuova ondata dei contagi non fa stare certo tranquilli. Ha spiegato la presidente di Federvini, Micaela Pallini, interpellata dal quotidiano italiano “la Repubblica”: “Se si ferma di nuovo tutto per compensare i cali non possiamo affidarci alla grande distribuzione, con la quale per altro abbiamo necessità di rivedere i listini perché sono insostenibili. Il turismo è la nostra prima forma di esportazione, questa crisi ha abbattuto la nostra compagnia di bandiera e tutti i collegamenti aerei ne stanno ancora risentendo”. Tra l’altro il vino tricolore, primo nel mondo per volumi, presenta ancora un ritardo sulla Francia per quel che riguarda il prezzo: mentre i rossi di Bordeaux escono dai confini francesi a 14 euro al litro, quelli piemontesi non vanno oltre i 9,4 e i toscani faticano ad arrivare a 8. Un problema di non poco conto all’interno di un contesto di rincari generalizzati per le materie prime, come ha segnalato sempre Pallini: “Dal cartone per il packaging, alla carta per le etichette, dalla plastica alle palette di legno per movimentare le merci che sono passate da 8 euro a 30 euro: siamo circondati da aumenti e non è così facile passare alle fasce di prezzo superiori presenti sul mercato in modo da assorbirli. In gran parte se ne stanno facendo carico le aziende, riducendo i margini, ma non può durare all’infinito”.

RINCARI A DUE CIFRE E LISTINI DA RIFARE

Parallelamente si assiste a un boom di incrementi monetari a doppia cifra, che influiscono nell’ordine del 30% sul prodotto finito. Una “bolletta” supplementare per il settore che supera, complessivamente, 1 miliardo di euro e che costringerà le imprese, entro breve, a rivedere i listini precedentemente accordati con distributori e importatori. A lanciare l’allarme è stata, di recente, l’Unione italiana vini (Uiv). Ha dichiarato il suo segretario generale, Paolo Castelletti: “I costi alle stelle riguardano tutto, dalle materie prime secche al prodotto, quindi dal vetro alle etichette, dai cartoni alle chiusure delle bottiglie, dai trasporti (con le tariffe per i container che sono lievitate del 400%) all’energia elettrica fino al prezzo medio del vino stesso, che complice una vendemmia a bassi volumi sale in diversi casi a +40% rispetto allo scorso anno”. Ha aggiunto il segretario dell’associazione che rappresenta l’85% dell’export italiano del settore: “È evidente che le imprese saranno costrette entro breve a rivedere i listini precedentemente accordati con distributori e importatori. Una partita le cui conseguenze non saranno semplici da gestire, perché rischia di stritolare le aziende più deboli con il pericolo di generare una pericolosa spirale al ribasso. Chiediamo pertanto massima attenzione da parte del Governo nei prossimi provvedimenti di legge di Bilancio e delega fiscale, per assicurare misure di alleviamento dei costi fissi (tassazione sul lavoro ed energia) che possano sostenere il mondo produttivo e non mortificarne la competitività”. Si badi bene: da Nord a Sud, il quadro fornito dalle principali aziende socie Uiv si ripete in modo pressoché identico. Daniele Simoni, amministratore delegato di Schenk (50 milioni di bottiglie l’anno), ha spiegato: “Saremo costretti a ricontrattare i listini già a partire dall’inizio del prossimo anno: alcune Doc, come il Primitivo di Manduria, si sono apprezzate fino al 50%, il Prosecco del 30%, ma anche in Toscana o in Piemonte i valori sono lievitati”. Stessa situazione a Valdobbiadene, nell’azienda Mionetto (quasi 40 milioni di bottiglie annue). Ha detto il consigliere delegato, Alessio del Savio: “Non possiamo pensare di assorbire tutti questi aumenti con le nostre forze – cartone, vetro, capsule ed etichette presentano un conto superiore del 20% – ma oltre alla spesa si sta manifestando un problema non secondario di approvvigionamento”. Terra Moretti ha sede a Erbusco, in provincia di Brescia, ma dalla Franciacorta ha allargato il proprio raggio produttivo in 3 regioni e 6 cantine. Ha commentato l’amministratore delegato Massimo Tuzzi: “Solo con i fornitori di vetro l’aumento è segnalato in doppia cifra, ma tutte le componenti sono in rialzo. È chiaro che da gennaio saremo costretti ad aumentare i prezzi, ma il nostro obiettivo è assorbire, per quanto possibile, parte dei surplus: di fronte alle difficoltà del periodo riteniamo giusto che ognuno faccia la propria parte, sia in ambito produttivo che commerciale”.

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