«Una paralisi facciale ti sconvolge la vita. È bello poter ridare il sorriso»

Intervista al PD Dr. Riccardo Schweizer, Capoclinica nel Servizio di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica dell’Ente Ospedaliero Cantonale

di Cristina Penco

La paralisi facciale è una malattia grave e invalidante, con vari risvolti psicologici, sociali ed economici che gravano su coloro che ne sono colpiti. In seguito a questa patologia, infatti, possono manifestarsi disfunzioni del movimento dei muscoli mimici di diversa intensità, fino alla paralisi completa, ma anche gravi asimmetrie facciali, complicanze oculari, anomalie del sorriso, cattiva articolazione della parola, problemi di assunzione e masticazione del cibo. Come si comprenderà, dunque, la paralisi facciale influisce notevolmente sulla qualità di vita dei pazienti e sulla loro salute mentale, a volte anche molto di più di quello che si potrebbe pensare al primo impatto.

La chirurgia ricostruttiva è una branca chirurgica che punta a ripristinare la struttura e la funzione di tessuti e organi dopo che questi sono stati alterati da malformazioni, malattie o incidenti. La chirurgia plastica ricostruttiva, nello specifico, si occupa di correggere anomalie fisiche che possono creare deficit funzionali o estetici al paziente, come nel caso di una paralisi facciale. Ne parliamo con il dottor Riccardo Schweizer, Capoclinica nel Servizio di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, Ente Ospedaliero Cantonale, Lugano.

La paralisi facciale è provocata dal danneggiamento del nervo facciale – settimo nervo cranico – e si manifesta con debolezza o incapacità di movimento dei muscoli di un lato o di entrambi i lati del viso. Che compito svolge normalmente il nervo facciale?

«Il nervo facciale è un nervo bilaterale composto da cinque rami che controllano la mimica del viso. Questo nervo da un lato permette di mostrare il nostro stato emotivo e le nostre espressioni, ed è quindi importante per la competenza sociale, dall’altro sovrintende a diverse funzioni, per esempio la protezione degli occhi, il flusso lacrimale o il controllo della bocca».

Come mai può venire una paralisi facciale?

«Ci sono vari motivi. La paralisi facciale può essere congenita, presente già alla nascita. Ma può essere anche acquisita. Si pensi, per esempio, ai pazienti con tumori in zona testa-collo, laddove è stata necessaria un’escissione del tumore incluso il nervo. Più di frequente, poi, si verifica una paralisi idiopatica, per esempio ci si sveglia un giorno e ci si ritrova con una parte del viso che non funziona più. Il che è uno shock. E può capitare non solo a persone anziane, ma anche a soggetti giovani e sani e donne in gravidanza. Non è ancora evidente il motivo preciso, ma si ritiene che possa dipendere da pregresse infezioni virali, come ad esempio l’herpes zoster. Nel caso di una paralisi idiopatica, un buon 80% dei pazienti si riprende, in parte o, spesso, completamente, nel giro di 1 o 2 anni. In questo caso non serve operare, ma eventualmente si interviene con trattamenti che devono essere personalizzati a seconda di diversi fattori – come l’età del paziente e la causa scatenante della paralisi – e che possono comprendere farmaci, esercizi di fisioterapia, tossina botulinica, solo per citarne alcuni». 

Ci sono però pazienti che non guariscono completamente e altri che presentano lesioni permanenti. In questi casi sono necessarie delle ricostruzioni chirurgiche. In che cosa consistono?


«Possiamo distinguere tra ricostruzioni o correzioni statiche e ricostruzioni dinamiche. Con la chirurgia statica, i muscoli del viso paralizzati possono essere sollevati per aiutare a migliorare la posizione della palpebra inferiore e la simmetria tra i due lati del viso, contribuendo a ripristinare l’anatomia e la posizione delle labbra. Nella ricostruzione dinamica, invece, si preleva per esempio dalla tempia o dalla gamba del paziente una porzione di muscolo e la si innesta posizionandola al posto della muscolatura mimica che non funziona più, allacciandolo ad un nervo ausiliario. In tal modo si ripristina la simmetria con il lato sano e si riducono eventuali problemi alla bocca, legati, per esempio, alla competenza orale alla deglutizione, e disturbi agli occhi dovuti all’impossibilità di chiudere le palpebre. Questa seconda tipologia richiede interventi più complessi, eseguiti in anestesia totale e in regime di ricovero, e un decorso post-operatorio più lungo e impegnativo, ma permettono l’ottenimento di un risultato dinamico e migliore».

Uno dei vantaggi competitivi dell’Ente Ospedaliero Cantonale è la multidisciplinarietà, fondamentale fin dalla presa in carico del paziente. Vale anche per Lei e il Suo team?

«Certamente. Lavoriamo molto con i colleghi dell’otorinolaringoiatria, dato che spesso la ricostruzione rappresenta una chirurgia additiva, necessaria dopo, per esempio, l’asportazione di tumori, come già ricordato, ma anche al bisogno con i neurologi e una fisioterapista specializzata, con esperienza nella riabilitazione post paralisi facciale, tramite la collaborazione con la Clinica Hildebrand – Centro di riabilitazione Brissago».

Attualmente su cosa state concentrando la ricerca?

«Tra le varie indagini, stiamo facendo uno studio clinico per capire meglio quella che è la struttura istologica dei nervi che noi innestiamo e dei trapianti di muscolo nei vari step di ricostruzione. È uno studio che viene condotto in varie strutture, tra cui una ad Aarau, in Svizzera, e un’altra a Vienna, in Austria».  

Come si è accostato a questa branca della medicina?

«Fin da piccolo ho sempre voluto fare il chirurgo. Durante gli studi ho tirato dritto per quella strada, senza prendere in considerazione delle alternative. La specializzazione in chirurgia plastica ricostruttiva è maturata col tempo. Mi piaceva l’idea che si trattasse di un settore poco monotono. Soprattutto quando si ha a che fare con i casi più complessi – come nell’ambito della chirurgia ricostruttiva dopo una paresi facciale – si devono mettere a punto terapie mirate e individualizzate per ciascun paziente. Bisogna collaborare con tanti professionisti di altre discipline, ulteriore aspetto che apprezzo. Altrove, spesso, i pazienti che hanno subito una paralisi facciale, con tutte le conseguenze che essa comporta, non vengono aiutati perché non si conoscono bene tutte le opzioni a disposizione. E così, magari per anni, queste persone sono costrette a vivere con vari disturbi al viso, con delle ripercussioni abbastanza importanti sulla loro quotidianità e con effetti che possono essere ignorati o sottovalutati. Trovo che ogni persona, invece, abbia diritto alla propria integrità psicofisica. Ciascun caso, infine, costituisce una storia a sé stante. Lo trovo affascinante».  

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