Alberto Sordi, l’arguta ironia e quell’accento che agli inizi non piaceva a tutti

n quasi 200 film ha dato vita e voce alla maschera dell’“italiano medio”: moralista, pavido, avaro, imbroglione, borioso – salvo qualche raro guizzo di personalità – rimasto impresso nella memoria collettiva. Come, del resto, continua a esserlo il suo creatore a vent’anni dalla sua morte. Stiamo parlando di Alberto Sordi, scomparso il 24 febbraio 2003.

Nella sua lunga carriera cinematografica, l’attore e regista ha raccontato l’Italia dei suoi tempi, alle prese prima con la ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, poi con la ricchezza e le speranze del miracolo economico, fino alla crisi degli anni Settanta e al rampantismo degli Ottanta.

Nato a Trastevere, nel cuore di Roma, il 15 giugno 1920, Sordi era figlio di un maestro strumentista e di una maestra. Dopo l’infanzia trascorsa nella campagna romana di Valmontone, fece ritorno con la famiglia nella Capitale nel 1937, studiò canto lirico ed entrò a far parte del coro della Cappella Sistina.

Nel 1937, dopo aver vinto un concorso della Metro Goldwin Mayer, ottenne un contratto come doppiatore di Ollio del duo comico in bianco e nero Stanlio e Ollio, inventando la buffa parlata che, in Italia, ha caratterizzato Oliver Hardy. Dal 1947 dimostrò il suo talento in radio con una carrellata di straordinarie macchiette come il compagnuccio della parrocchietta, Mario Pio, il Conte Claro.

Il suo accento tipicamente romano gli valse la bocciatura presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano (che poi...

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