Cetara, l’autenticità si fa brand. Colatura di alici DOP e non solo

Alla scoperta delle perle della Costiera Amalfitana

di Antonella Montesi

La Costiera Amalfitana non ha bisogno di presentazioni, il solo nominarla evoca un mare da incanto, limoneti arroccati sulle colline, un mix di vita glamour ed abitudini secolari. Tra i tanti borghi di questo lembo di costa vogliamo presentarvi Cetara, 1700 abitanti, a pochi chilometri dalla più famosa Vietri sul Mare e da Salerno, dove siamo stati per qualche giorno.

Un viaggio di pochi giorni, per conoscere un progetto ufficiale- ovvero “Cetara contadini pescatori – Gal Terra Protetta”, che vede la cooperazione di vari attori del territorio, il coordinatore Gal Terra Protetta, Gennaro Fiume, il presidente nazionale Assotes, progetto Artès, Rosario D’Acunto, il coordinatore del progetto “Cetara contadini pescatori” Antonio Dura, i consiglieri del Comune di Cetara Daniele D’Elia e Cinzia Forcellino e il sindaco di Cetara, Fortunato Della Monica -, si è trasformato in un soggiorno al quale è stato difficile mettere fine, per la continua scoperta di luoghi e persone che ci hanno letteralmente conquistato.

Cetara conserva un carattere identitario basato su antiche tradizioni legate al mare e alla montagna. È proprio questo carattere identitario a venir messo in risalto nel progetto in questione. La cittadina è una meta rimasta autentica perché estranea ai giri del turismo di massa “mordi e fuggi” e che invece ha saputo dare valore alle proprie peculiarità: il lavoro fatto in mare, quindi la pesca, principalmente quella delle alici, ma anche quella del tonno, possedendo due delle più importanti flotte tonniere d’Italia. E poi il lavoro di terra, i limoneti, arroccati sulle pendici del monte Falerio, su terrazzamenti strappati al bosco, frutto del duro lavoro di generazioni di cetaresi. Come non ricordare, a questo proposito, le famose “formichelle”, le donne portatrici di limoni, così chiamate perché piccole e vestite di nero, che sulle spalle trasportavano ceste di questi preziosi frutti che potevano arrivare anche a 80 chili, percorrendo sentieri che facevano anche dieci volte al giorno, portando sempre qualcosa anche risalendo (materiale di costruzione per i muri a secco, ad esempio).

Tante le storie e le leggende su questo borgo adagiato in una stretta vallata della Costiera, come quella che vuole la popolazione dei cetaresi diversa da tutte le altre della Costiera perché discendente direttamente dai Saraceni, che nel IX secolo d.C. scelsero questo luogo come dimora stabile, come riportato dalle cronache di un anonimo: “…Ubi Cetara Dicitur”.

Punto di forza del progetto “Cetara contadini pescatori” è attingere a questo ricco patrimonio storico, culturale ed enogastronomico per rilanciare, con una propria identità, un borgo poco conosciuto alle masse, ma potenzialmente capace di attirare un pubblico selezionato e interessato a interagire con la realtà locale.

Ed allora eccoci sul territorio, dove abbiamo il piacere di provare di persona cosa significhi immergersi nella vita di Cetara. Accompagnati in questo percorso da interlocutori locali, ci accingiamo a vivere da cetaresi, dimenticando per qualche giorno da dove veniamo e il nostro quotidiano. Alloggiamo nell’albergo diffuso, una serie di appartamenti sparsi per la cittadina, a diretto contatto con gli abitanti del posto. Per chi vuole, c’è il B&B “`A Regina”, il cui proprietario Gino fa anche da guida per escursioni che partono dalla Torre Vicereale, una vecchia torre d’avvistamento situata sulla marina, simulando l’allarme di un attacco saraceno e portando in salvo i suoi ospiti sulle falde del monte, oltre i limoneti.

Nei limoneti poi, c’è tutto un mondo da scoprire. Noi siamo stati ospiti di Roberto Luigi di Crescenzo e di sua moglie Mena. Storia toccante quella di questa coppia: il padre di Roberto possedeva un limoneto che rischiava, alla sua morte, di finire nell’abbandono. Roberto ha sentito il richiamo delle radici, dei valori trasmessi dal padre contadino pescatore, quando, di ritorno dalla pesca, faceva una breve pausa a casa, davanti al camino, prima di recarsi al limoneto a continuare a lavorare. Roberto, che aveva intrapreso una carriera che lo aveva portato in giro per l’Italia, qualche anno fa è tornato e ha preso in mano il limoneto, che porta avanti con metodi naturali. Mena, la moglie, ha raccolto per iscritto i racconti del suocero, e se siete fortunati, ve li legge mentre siete nel limoneto.

Proviamo anche il brivido di raggiungere un agriturismo in altura, quello di Nicola Palma e Simona Tafuri “Sopra il limoneto”, 650 piante di limoni, gelsomino, erbe aromatiche e una vista mozzafiato sul mare. Nicola ci accoglie nel giardino, ci offre la marmellata e il limoncello di produzione propria e ci racconta anche del progetto della residenza d’artista, mostrandoci le opere di Pierpaolo Lista.

Tornati in paese, desiderosi di una cena conviviale o in solitaria, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Sì, perché Cetara, per quanto piccola e defilata, è comunque assurta, da anni, a meta enogastronomica, grazie ad un lavoro di studio e di riscoperta iniziato negli anni Novanta, lavoro nato da un’intuizione e dall’osservazione della realtà: le alici pescate venivano messe a macerare con il sale, il liquido che se ne ricavava era da sempre presente sulle tavole dei cetaresi per insaporire un piatto di pasta, o anche delle verdure. Stiamo parlando della colatura di alici, un prodotto che getta le proprie radici nel garum dei latini e che negli ultimi anni è entrato nella cucina gourmet di tanti cuochi fino al riconoscimento DOP del 2020.

Proprio la colatura ha fatto conoscere questo paesino, rendendolo meta di viaggi gourmet e contribuendo a creare una coscienza identitaria che ha dato vita ad una diversa fruizione di questa realtà.

Scegliete voi se affidarvi al trattamento quasi stellato di Pasquale Torrente “Al Convento, Casa Torrente”, a quello di padrone di casa storico di Franco Tammaro del “San Pietro”, alla tradizione di Vincenzo Giorgio de “La cianciola” o alla verve dei due Gennari dell’“Acquapazza”, Gennaro Marciante, chef, e Gennaro Castiello, maître, sommelier e soprattutto affabulatore e fucina di idee e progetti, un’energia ed un entusiasmo inenarrabili: dappertutto potrete gustare una serie di piatti dove la colatura regna sovrana.

Se ci riuscite, procuratevi il libro “Cetara, il paese della colatura di alici DOP”, della giornalista Claudia Bonasi: vi troverete una serie di ricette originali degli chef dei ristoranti cetaresi da provare a casa vostra. Perché proprio questa è la parola chiave del progetto sui contadini pescatori: provare, sperimentare. Quello che viene promosso è infatti il turismo esperienziale, dove il visitatore non è mero spettatore di una realtà altra, ma viene invitato e accompagnato in una full immersion in un contesto culturale che lo trasformi, lasciandogli un’impronta nel proprio modo di sentire e perché no, nella propria Weltanschauung.

Da questo punto di vista, l’esperienza più formativa e, per chi ha nel DNA la competizione, la più performante, è quella che si può fare alla fabbrica di prodotti ittici “Nettuno”, di Giulio Giordano. Mettere nei terzigni, gli appositi contenitori di legno, uno strato di alici ed uno di sale, aspettare circa tre anni e poi portarsi a casa la propria colatura di alici. Per chi ha meno tempo, c’è sempre l’alternativa, più veloce, ma non certo più facile, di sistemare le alici in un barattolo di vetro, prenderle quattro a quattro con gesto deciso e poi ricoprirle d’olio. Il turismo esperienziale è soprattutto questo, è prendere parte ad una realtà altra, è condivisione, è entrare e fare entrare l’altro nella propria vita.

Come dicevo all’inizio di questo articolo, un viaggio di pochi giorni si è prolungato, perché stregati da quanto visto e soprattutto da quanto non visto. E così ci siamo concessi un tour extra all’insegna dell’arte. Abbiamo ammirato le opere dell’artista Ugo Marano, sia all’”Acquapazza” che nella Torre Vicereale, dove il curatore Antonio Campanile ha in programma il Cetara Art Award “Mediterranea 24 “da aprile a ottobre, in contemporanea con la Biennale di Venezia.

Ci siamo spinti a Vietri e qui ci siamo persi tra i piatti e i vasi dell’artista Pasquale Liguori, uno dei tre fantastici fratelli ceramisti: Pasquale, Lucio e Domenico; anche qui, la promessa di fare un corso di ceramica insieme, suggellata da un caffè che ci ha offerto al volo.

Abbiamo raggiunto Amalfi, dove sul lungomare ci hanno accolto “I viaggiatori”, le sculture monumentali dell’artista italo-francese Bruno Catalano. Abbiamo mangiato un sorbetto al limone, anche lui scultoreo, anche lui un’opera d’arte – 20 euro – e la sera, tornando a Cetara, abbiamo incontrato l’artista Stefania Sabatino, l’abbiamo presentata a Gennaro Castiello e lui ha voluto omaggiarci con un dessert.

Già in viaggio per l’aeroporto, ci siamo fermati a vedere l’unico quattro stelle della zona, l’Hotel “Cetus”. Incastonato in un promontorio, spiaggia privata raggiungibile con l’ascensore, salone panoramico da sogno. Il direttore Enrico Scarlato ci ha accolti con i modi di chi ha fatto dell’ospitalità e della professionalità il proprio distintivo. Anche qui, il filone che prevale è quello dell’arte: la struttura a picco sul mare si offre per mostre, presentazioni di artisti e con questi propositi nel cuore ci congediamo, ma è davvero solo un “arrivederci”.

Per informazioni: agenzia cetarese Ce.Tour di Francesco di Vincenzo www.cetour.it

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