Donne che fanno squadra. Intervista alla pilota Manuela Gostner

Nessuno vince da solo
Donne e motori: accoppiata vincente. Chiedetelo a Manuela Gostner, pilota automobilistica italiana. Un amore scoppiato per caso e diventato indissolubile. Dopo le sue vittorie nel Ferrari Challenge 2018, Manuela viene selezionata dal Team Kessel Racing per partecipare a Iron Dames, progetto speciale creato da Deborah Mayer – imprenditrice e ambasciatrice Ferrari- per supportare le donne nel Motorsport. Del gruppo oltre alla bolzanina Gostner e alla francese Deborah, fanno parte la svizzera Rahel Frey e Michelle Gatting, danese. Dal 2019 la squadra in rosa partecipa all’intero campionato della European Le Mans Series e alle 24 Ore di Le Mans con una Ferrari 488 GTE. Le quattro sportive sono anche protagoniste della web serie Racing Beyond Limits. Sei episodi, di 20 minuti circa, che raccontano con passione la loro speciale presenza nel mondo del Motorsport. Le loro storie possono essere seguite anche sui loro canali social: Facebook (@irondamesofficial), Instagram (@iron.dames) e YouTube (youtube.com/irondames).

Manuela, le donne sono abituate ad andare veloci nella vita – per poter conciliare lavoro, famiglia, sentimenti- , ma a poche di noi viene in mente di scendere in pista a bordo di un bolide. Come sei arrivata a questa scelta?

“Io sono di Caldaro, un paese vicino Bolzano. Qui gli sport più popolari sono lo sci e la pallavolo. Sono stata pallavolista fino ai 30 anni, mi piaceva tantissimo, per me non c’era niente di più bello. La scintilla per le automobili è nata grazie a mio padre e a mio fratello. Mi chiedevano spesso di assistere alle loro gare, ma io non ci andavo, non avrei mai perso nemmeno uno dei miei allenamenti. Una volta però li ho accontentati. Ero convinta di annoiarmi e invece è stata una scoperta unica. Vedere da vicino delle macchine belle e performanti non lascia indifferenti. Poi quando ho provato a guidare la mia prima macchina da corsa è stato elettrizzante. Non puoi capire se non lo provi”.

Da quanto tempo corri?

“Dal 2015, sono la meno esperta del team Iron Dames”.

A proposito del tuo team, perché avete scelto questo nome?

“Se pensi che l’intento sia provocatorio, ti rispondo che un po’ è così. Io e le mie compagne di avventura vogliamo dire che in uno sport prevalentemente maschile e rischioso, le donne possono essere a loro agio senza perdere le loro caratteristiche di gentilezza ed emotività. Guidare un bolide non vuol dire diventare un maschiaccio. E’ un concetto a cui tengo molto. Spesso mi dicono di non mostrare la mia emotività prima di una gara. Ma perché mai dovrei farlo? Io non mi vergogno delle mie emozioni, le mostro. Non è una debolezza. E’ normale che prima di una corsa io abbia paura di perdere, sono tesa ed emozionata. Sono un essere umano”.

Gli sportivi vengono spesso idealizzati. È una cosa che ti fa piacere?

“E’ sbagliato pensare che uno sportivo sia un essere superiore. Sono molte di più le volte che si perde, di quelle in cui si vince. Gli sportivi sono un modello non perché sono invincibili, ma perché affrontano gli ostacoli e si rialzano quando cadono. Gli sportivi hanno un sacco di ferite e io le mostro tutte. Il personaggio dell’invincibile mi fa arrabbiare, dà un messaggio distorto”.

Come si diventa campioni nel Motorsport?

“E’ difficilissimo. Voi vedete me che sono alla guida, ma il risultato finale dipende da un lavoro di squadra che deve incastrarsi alla perfezione”.

Che rapporto c’è con le tue compagne di squadra?

“Non ci alleniamo insieme, ci vediamo solo nelle giornate di test, ma abbiamo un ottimo feeling. Siamo caratterialmente molto diverse, ma ci aiutiamo tantissimo. Tra noi quattro non c’è nessuna rivalità”.

Tu sei italiana, Rahel è svizzera, Deborah francese e Michelle è danese. Come comunicate tra di voi?

“In inglese, ma anche in italiano. A tutte piace molto la lingua italiana”.

Come è vista la presenza femminile in questo sport? Con piacere, con sospetto, con entusiasmo o con dubbio?

“I piloti uomini inizialmente ci guardano sempre con dubbio. Partono con l’idea che non puoi essere brava, ma se lo dimostri poi ti accolgono con piacere”.

Ci racconti qual è la cosa più bella e quella più brutta di questo sport?

“La cosa più bella è tagliare il traguardo. Non per forza al primo posto, ma nella posizione migliore possibile. Quella più brutta è quando, per colpa di un guasto o delle condizioni atmosferiche o di qualsiasi altro problema, non riesci a completare il circuito. Così lasci le cose a metà”.

Hai tempo per la vita privata?

“Direi proprio di sì. Sono divorziata e ho due bambine di 13 e 9 anni. Fanno il broncio quando vado via per le gare, ma sono molto orgogliose della loro mamma”.

Le Iron Dames

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