“Il mago del Cremlino”. La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

«Se il tuo amico è morto, non seppellirlo. Resta lî un po’ a distanza e aspetta. Gli avvoltoi arriveranno e tu ti farai così dei nuovi amici»

«In Russia, mi dicevo, in generale va tutto molto bene, ma quando le cose vanno male vanno veramente molto male»

«Dai ninnoli ai tappeti, si vedeva che tutto era stato minuziosamente scelto per il suo valore pecuniario piuttosto che per un effetto estetico. La casa dello zio Vania ridecorata da James Bond»

«La fiducia di un principe non è un privilegio, è una condanna»

Ogni volta che il bravissimo ideatore di programmi televisivi Vadim Alexeïevitch Baranov discute del più e del meno con il suo grande amico Boris Berezovsky, quest’ultimo lo trova assai sveglio, intelligente, brillante, perspicace e soprattutto ricco di idee nuove.

Allora un bel giorno (la Russia è stanca del suo presidente Eltsin, che sembra amare di più la bottiglia di quanto ami il suo popolo e che sta facendo figure barbine nei quattro angoli del mondo in presenza di telecamere e di personaggi importanti della politica internazionale) Boris pensa di presentargli quello che potrebbe essere un ottimo candidato alla presidenza del Paese. Lo accompagna quindi nello spartano ufficio di un uomo «biondo pallido, dai lineamenti scoloriti e dall’abito in acrilico beige, con una faccia da impiegato segnata da un velo di sarcasmo», nello sguardo del quale non si scorge «nulla di europeo e neanche un’ombra di dolcezza. Solamente la determinazione di una necessità che non tollera ostacoli». L’uomo si chiama … Vladimir Vladimirovič Putin.

Fatta conoscenza e ricevuto l’apprezzamento del futuro Presidente, Vadim diventerà progressivamente per lui una specie di novello Rasputin, presenza fondamentale e indispensabile al suo fianco, soprattutto nei momenti più critici, come ad esempio quando sparisce un sommergibile dell’esercito con tutto l’equipaggio, o in molte occasioni ufficiali …

Data la sua precedente occupazione di esperto di spettacolo e di comunicazione (e quindi di propaganda, di manipolazione e di indottrinamento delle masse), per Baranov è assai facile e perfino congeniale guardare alla scena politica e allo scacchiere internazionale come a un gigantesco palcoscenico sul quale evolvono i vari personaggi che governano il mondo da manovrare e da dirigere. Diventa così rapidamente il «mago del Cremlino», cioè colui che – nell’ombra – tesse le trame del gioco politico e guida le mosse del capo della nazione, incarnazione del potere assoluto, colui che domina e guida le sorti dei circa 144 milioni di russi e che Baranov chiamerà ormai sempre « lo Zar ».

Vladimir Putin viene da lui descritto come un ottimo teatrante, di quelli appartenenti a uno dei tre grandi gruppi identificati dal celeberrimo regista e formatore di attori Konstantin Stanislavski. Il primo è quello costituito dagli interpreti dal talento istintivo che quando sono in forma (ma solo allora) riescono a trascinare il pubblico; il secondo è invece quello degli attori metodici che studiano tutti gesti, tutte le intonazioni, tutte le espressioni e che non deludono mai; il terzo (ed è a questo che appartiene Putin secondo Vadim), gli attori che dirigono sé stessi, che non hanno bisogno di recitare perché sono talmente abitati dal loro ruolo nell’intrigo, che quest’ultimo diventa la sua storia, quella che gli scorre nelle vene. Chi aspira a diventare il consigliere privilegiato di questo tipo di attore dovrà quindi accontentarsi di accompagnarlo.

Così, mentre l’amico Boris Berezovsky (che avrebbe voluto imporre la sua volontà a Putin e guidarne tutte le mosse) è caduto in disgrazia (una disgrazia più che dorata, come quella di molti oligarchi russi, con tanto di yacht da 22 metri, villa faraonica e corte di splendide figure femminili), Vadim Baranov si limiterà quindi appunto ad «accompagnare» lo Zar e ad accontentarsi di essere una di quelle persone che – come tutte quelle che hanno circondato Putin – non sono mai state essenziali, ma solo meri strumenti che gli hanno permesso di arrivare a una sua nuova definizione del potere. Come quell’Alexander Zaldastanov, il motociclista insignito della medaglia «per la liberazione della Crimea».

Il testo di Giuliano Da Empoli – una sorta di intervista, o piuttosto un lungo monologo di Baranov, nel quale i conoscitori della politica russa potranno individuare lo «spin doctor» di Putin Vladislav Surkov – è situato a mezza strada tra il romanzo (è così che è stato presentato dal prestigioso editore francese Gallimard, che ha pubblicato quella che consideriamo la «versione originale del libro», che è poi stato tradotto in italiano dallo stesso autore che, essendo italo-svizzero, padroneggia alla perfezione le due lingue) e il trattato storico. Si legge quindi come un documento o come un saggio (la specialità di Da Empoli) che presenta e analizza la storia della Russia da non molto prima della fatidica caduta del muro di Berlino (1989) agli antefatti della guerra in Ucraina che sta tuttora sconvolgendo l’Europa…

Da Empoli Giuliano
Il mago del Cremlino (romanzo)
Mondadori

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