Il silenzio degli Eventi e il futuro della Democrazia

La crisi e il ruolo della cultura per la ripartenza

di Manuela Andaloro con Dario De Lisi

In foto: Morning sun (1952). Opera di Edward Hopper, l’artista che dipinge il silenzio

Oggi, in un contesto dove la tecnologia ha invaso la nostra quotidianità, diventando spesso fine e non mezzo, abbiamo bisogno delle Arti ancora di più che in passato. Abbiamo bisogno di modelli per comprenderne opportunità e limiti. La cultura diventa argine e guida della nostra evoluzione. La rende comprensibile, rende lo sviluppo sostenibile e democratico

La via della rinascita non può ignorare la strada della cultura. In Svizzera il Consiglio Federale ha rafforzato il proprio sostegno economico al mondo culturale, estendendo i benefici anche agli operatori occasionali attivi nel settore. In Italia il ministro della Cultura Dario Franceschini prosegue con “una politica di sostegni alle imprese e ai lavoratori” del settore e parla di un piano per il “rilancio del ruolo internazionale dell’Italia per la cultura”. Il 9 febbraio 2021 il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva il “Recovery and Resilience Facility”, dispositivo per la ripresa e la resilienza, per aiutare i paesi UE a fare fronte alle conseguenze della pandemia di COVID-19. Si tratta dello strumento chiave al centro di NextGenerationEU. Il suo obiettivo è quello di mitigare l’impatto economico e sociale della pandemia e rendere le economie e le società europee più sostenibili, mobili e meglio preparate per le sfide e le opportunità della transizione verde e di quella digitale.

Ogni Stato membro dell’UE dovrà dimostrare un forte senso di responsabilità nell’utilizzare con efficacia fondi indispensabili a traghettare il futuro delle proprie nazioni verso una maggiore sostenibilità, sul piano economico, ecologico e sociale. Per l’approvazione e la gestione del PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza), il Next generation EU delinea la necessità di coinvolgere forze sociali e società civile. La serie “Open Government”, promossa attraverso diverse piattaforme dalla consulente e scrittrice Manuela Andaloro, unisce le voci di leader di governo e sostenitori della società civile per promuovere opinioni, riscontri e contributi, in nome di una governance trasparente, partecipativa, inclusiva e responsabile, base indispensabile per una forte ripartenza.  La voce di questa settimana è quella di Dario De Lisi, direttore strategico e docente presso la IULM Communication School.

Dario, a livello sociale e psicologico, la crisi attuale ha aperto per ciascuno di noi confronti con dimensioni e situazioni per le quali non eravamo preparati. Mancanza di certezze e instabilità continuano ad avere un impatto non trascurabile sul tessuto sociale globale. Dal tuo punto di vista e al netto della continuata situazione di crisi, qual è il tuo vissuto professionale, personale e che suggerimenti proporresti?

“Una certezza con cui, nostro malgrado, siamo costretti a confrontarci in questo tragico momento è la letterale sospensione del tempo, della mobilità e dei contatti umani e sociali esterni al nostro contesto strettamente privato. Una situazione anomala che ci ha messo di fronte al vissuto interiore delle nostre relazioni umane, interpersonali e sociali. Il silenzio e la solitudine sono diventati spazi vuoti riempiti da paure ed insicurezze. Paura del proprio stato interiore con ansie, preoccupazioni e paure più razionali date dalle scelte da compiere, del proprio lavoro e delle sfide da affrontare ancora ignote”.

Silenzio aggravato dall’impreparazione di fronte al venire meno degli spazi di intrattenimento e del “tempo libero”.

“Un tragico errore figlio di un pensiero lontano in cui le Arti, la Cultura e l’intrattenimento (entertainment in inglese), parola che ormai riporta nell’uso comune a qualcosa di effimero e non necessario, sono vittima di una profonda sottovalutazione del loro ruolo e del rilievo che hanno all’interno della nostra società”.

Il Covid è stato una cartina tornasole della nostra attitudine alla Cultura?

“Siamo alla continua ricerca di risposte, mai sazi di titoli e sempre più in difficoltà nel comprenderne i significati. Siamo diventati esperti nel catalogare ogni cosa in caselle di comodo, la semplificazione regna regina sui contenuti. La semplificazione sommaria è la risposta alla non capacità di comprendere. Ci mette al riparo dall’ignoto e dallo sforzo che il concetto di comprensione porta con sé. Questo è ciò che in questi anni è accaduto alla nostra percezione della Cultura, degli eventi e di tutto ciò che era facile dare per scontato. Il Covid ha alzato il tappeto scoprendo ciò che solo a pochi era già chiaro. Una società che non comprende la cultura è una società impreparata ad affrontare il cambiamento. La nostra società sta cambiando velocemente quanto mai prima”.

Gli esperti parlano molto di AQ, Adaptability Quotient, a cui le nostre generazioni e la nostra società sembrano essere per certi versi aperti e pronti -basti pensare all’ ingresso delle nuove tecnologie nelle nostre vite, ma per altri aspetti particolarmente resistente, per esempio in contesti chiamati di re-skilling e up-skilling. Siamo forse una società pigra e impreparata, che non sa guardarsi dentro?

“Il percepito di uno spettacolo, una mostra, un concerto è limitato alla mera esperienza di piacere. Un momento singolo in cui godere di un’esperienza emotiva forte, coinvolgente, punto. Un modo per costruirsi ricordi, dapprima nella propria mente, oggi sempre di più su instagram. Qualcosa di cui si può fare a meno in momenti di crisi come questa. Il che sarebbe per lo più vero se davvero fosse solo questo. In realtà quel momento, quell’esperienza così effimera all’apparenza ha un impatto insostituibile sulla capacità delle persone di affrontare le sfide, comunicare, confrontarsi, acquisire senso critico, conoscere sé stesse e gestire le proprie emozioni e talvolta pulsioni. Momenti e luoghi che identificano; utili, necessari a costruire la consapevolezza di sé nella condivisione e nel confronto con gli altri. Essere parte di una Società o meglio di un ecosistema sociale non è forse questo? Come possiamo pensare che uscire da una crisi come quella del Covid non debba necessariamente avere bisogno di un Vaccino- CULTURA e di un Vaccino-EXPERIENCE?”.

Da uno studio condotto da Ernst & Young per conto dell’European Group of Societies of Authors and Composers (GESAC), emerge come l’arte sia stata letteralmente devastata dalla pandemia, con perdite fino al 90% per lo spettacolo e fino al 76% per la musica. In generale, nel 2020, l’economia culturale e creativa ha perso circa il 31% dei propri incassi, registrando un netto calo di 199 miliardi di euro rispetto al 2019. Sicuramente spettacolo e musica sono i settori più colpiti, ma anche arti visive, architettura, pubblicità, libri, stampa e audiovisivo hanno registrato un crollo dal 20% al 40% rispetto al 2019. L’unico settore a reggere, probabilmente a causa della permanenza forzata a casa, è quello dei videogiochi (+9%). Che interpretazione dai a questi dati?

“Sono numeri impressionanti a cui di certo dover dare risposte strutturali concrete ancora attese e mai pervenute. Numeri che nascondono l’azzeramento totale di uno dei più importanti strumenti che la società possiede per evolversi e migliorare.  La cultura, gli eventi sono come una linea sottile, ma sempre presente, che permea la nostra società. Una linea che attraversa il tempo, si fa portavoce di nuovi codici e nuove tecnologie; attraversa luoghi, modificandoli e rendendoli sempre più sociali (vedi il fuori salone, le fiere etc); attraversa le persone, evolve e modifica i loro punti di vista e aiuta a costruire un’infrastruttura valoriale necessaria a decodificare ciò che ci circonda e a non esserne meramente schiavi o spettatori passivi. I numeri indicano la drammatica dimensione di ciò che abbiamo sempre sottovalutato, identificano quanto questa linea alimenti, guidi e indirizzi scelte e modelli di business. Intere città sono cambiate in funzione dell’ecosistema che gli eventi hanno costruito intorno a sé, intere generazioni si sono formate grazie a questo grande e complesso ecosistema di Arti.  Oggi ancor di più, in un contesto dove la tecnologia ha letteralmente invaso la nostra quotidianità, diventando spesso fine e non mezzo, abbiamo bisogno di modelli per comprenderne opportunità e limiti. La cultura diventa argine e guida della nostra evoluzione. La rende comprensibile, rende lo sviluppo sostenibile e democratico. Senza è come tornare nella giungla alla mercè del più forte. Era così pre-covid, e sarebbe continuato ad esserlo nel silenzio delle istituzioni e ancor più grave nel silenzio di chi ne era medesimo artefice”.

Abbiamo un’opportunità unica per una forte ripartenza. Il Next Generation EU plan aiuterà a riscattare mancanze ed errori dell’era pre-covid in questo contesto? In che modo reputi si possa creare una nuova base con forti radici nel valore della competenza e della trasparenza? 

“Prendendo atto che viviamo in un mondo vulnerabile, regolato da forme occupazionali atipiche e spesso precarie fatto per lo più da microimprese, organizzazioni non profit e creativi professionisti con poca progettualità e pochissima formazione. Si ha la percezione che creare esperienze attraverso gli eventi e le arti sia qualcosa che si ha dentro, che si è un po’ tutti Michelangelo. Il mercato, le nuove tecnologie, i numeri che l’industry esprime in Italia, in Europa e nel mondo richiedono invece un altissimo grado di professionalizzazione a cui solo negli ultimi anni qui da noi si sta cercando di dare una risposta. Siamo ancora agli inizi, ma è un percorso necessario se vogliamo che questa filiera articolata che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori possa crescere e accreditarsi come interlocutore credibile verso le istituzioni e soprattutto verso la società civile. La tragica crisi dovuta al covid ha forse reso dapprima gli operatori stessi consapevoli di questi enormi gap.  Il mondo della cultura e della creatività oggi necessitano ancor più di prima di importanti investimenti pubblici per affrontare la crisi in atto, allo stesso modo questo mondo ha la responsabilità di caricarsi del futuro della nostra società aiutandone a riscriverne i paradigmi. Il futuro risiede nelle competenze, di cui molte nuove e ancora da scoprire e nel riconoscimento delle stesse e del loro valore di interconnessione. Le nuove generazioni native digitali, forse più consapevoli del valore di ciò di cui sono state private e delle ripercussioni sul loro futuro, sono una risorsa inestimabile per traghettare questa industry verso nuovi orizzonti e nuovi modelli”. (info@smartbizhub.com)

Chi è Dario de Lisi

Dario De Lisi

Co-fondatore di Centoeventi Srl nel 2003, agenzia radicata nel territorio Italiano promotrice di format e attività di engagement innovative nel mondo della comunicazione integrata.
10 anni di Business Development lo hanno portato a maturare un’esperienza internazionale nel mondo della comunicazione lavorando allo sviluppo e alla creazione di format, strategy plan e network di ambassador per multinazionali come PERNOD RICARD, JTI, GRUPPO BACARDI-MARTINI, FIAT, REDBULL, PANDORA, INBEV ITALIA e CAMPARI. Una forte attitudine al coordinamento di team, al problem solving e al “THINK DIFFERENT” lo hanno portato ad essere prima scelto come NEW BUSINESS DIRECTOR di M.IN.I. ltda , branch brasiliana di Centoeventi e poi, tornato in Italia, a responsabile strategico di SG Company S.p.A. e direttore editoriale di FOCUS ON, magazine b2b dedicato al mondo della comunicazione.
Post Covid, la necessità di analizzare e prevedere i cambiamenti che la nostra società e il mondo della comunicazione sono e saranno chiamati ad affrontare, ha intrapreso un percorso di approfondimento e ricerca da mettere a disposizione come consulente e advisor, mantenendo sempre attiva l’attività di docente presso la IULM Communication School .

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