Kim Jong Un: prima l’educazione in Svizzera, poi la strada sbagliata

di Marco Nori, CEO di Isolfin

Foto: Kim_Jong-un. Author Blue House (Republic of Korea). Korea Open Government License

Che sia un tentativo di intimidire l’occidente in vista di nuovi negoziati con gli Stati Uniti, o un modo per calamitare l’attenzione dei 25 milioni di concittadini ridotti alla fame, la nuova strategia militare di Kim Jong-un ha riportato l’attenzione del mondo intero sulla Corea del Nord.

Le fonti ufficiali hanno sempre negato casi di Covid all’interno dei confini della Corea del Nord ma, a detta dei media internazionali, il virus avrebbe colpito duramente anche le coscienze più fedeli all’ortodossia e ha drasticamente tagliato i volumi di import ed export, già molto ridotti dall’emergenza sanitaria e dall’arretratezza del paese. Un problema in più per un Paese sempre più isolato.

Lo stesso Kim Jong-un, all’ultimo congresso del Partito dei lavoratori ha ammesso che la Corea del Nord sta attraversando un’importante crisi economica e rilanciato con una strategia a base di armi nucleari, compreso satelliti e sottomarini. In queste settimane si parla del missile lanciato in gennaio: il più potente dal 2017 a oggi. I cugini della Corea del Sud sono in allarme, i vicini di casa giapponesi protestano e il mondo è preoccupato.

Titus Plattner, giornalista elvetico, ha dedicato anni di ricerche al passato del dittatore nordcoreano, la cui data di nascita, datata tra il 1982 e il 1983, è ancora avvolta da mistero. Le sue tracce sono discontinue e spesso si sovrappongono a quelle dei fratelli e della sorella.

A quanto pare Kim Jong-un avrebbe frequentato l’istituto internazionale in lingua inglese a Gümligen, nei pressi di Berna, dal 1993 al 1998 dietro pseudonimo e sempre sotto la sorveglianza dalle guardie del corpo. Poi si sarebbe spostato a Köniz, alla scuola Liebefeld Steinhölzli, dal 1998 al 2000.

Le testimonianze degli ex compagni sono contraddittorie. Chi lo definisce inquieto ed irascibile. E chi, invece, timido e riservato. Non era uno studente modello: troppe assenze e qualche difficoltà nelle materie scientifiche. Era appassionato di videogiochi, film d’azione e pallacanestro: i suoi idoli erano gli assi dell’Nba con la canotta rossa dei Chicago Bulls. Nel 2001 il ritorno in patria e dieci anni più tardi l’ascesa al potere.

L’educazione svizzera non sembra però avere lasciato grandi tracce nel ragazzo diventato il dittatore della Corea del Nord, concentrato come il padre e il nonno sul culto del proprio personaggio. Interesse per l’economia del suo paese: ridotto, perlopiù quello personale. Interesse per temi internazionali: decisamente non di stampo elvetico la sua propensione da provocatore per i paesi vicini.

Pare però che non abbia perso interesse verso la buona cucina gustata da ragazzo, dal vino rosso francese all’Emmental svizzero. E in questi anni non ha mai abbandonato la sua passione per l’Nba: lo testimonia la visita dell’eclettico cestista americano Dennis Rodman del 2013, accolto con tutti gli onori a Pyongyang. Allora, al posto dei missili, sarebbe bello vedere Kim Jong-un sganciare qualche «bomba da 3»: uno di quei tiri dai sette metri con cui l’ala statunitense infiammava gli spalti dello United Center di Chicago sotto gli occhi di un ragazzo che nessuno sapeva destinato a diventare uno degli ultimi monarchi assoluti del mondo.

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