La Riforma del Catasto italiano: nuovi grattacapi per gli italiani all’estero

Nonostante lo scetticismo di molti, in settembre ha preso forma il disegno di legge delega di riforma fiscale. La legge, che si snoda in 10 articoli, tocca vari temi ma uno in particolare è interessante per gli italiani all’estero: la riforma de catasto così come richiesta da tempo dall’Unione Europea.

Al catasto è dedicato l’art. 7 della legge delega, che autorizza il Governo ad attuare “una modifica della disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati. Il fine è individuare e correttamente classificare:

  1. gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria catastale attribuita;
  2. i terreni edificabili accatastati come agricoli;
  3. gli immobili abusivi, individuando a tal fine specifici incentivi e forme di trasparenza e valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in quest’ambito.

I dati raccolti dovranno essere condivisi da tutti i rami della Pubblica Amministrazione ed entro il 2026 i dati catastali riceveranno un importante restyling.

Dato il fine della norma occorrerà aspettare e leggere i decreti che daranno attuazione all’art. 7 e quindi nella certezza che gli obblighi di regolarizzazione ed emersione siano destinati ai proprietari, sarà interessante leggere le sanzioni in caso di mancato rispetto della legge.

Aldilà dell’aspetto pratico e con riferimento a chi non vive in Italia, oltre alla difficoltà di affidare dette pratiche a distanza con il rischio che mai vengano finalizzate, vi sono molti punti che destano preoccupazione.

La riforma del catasto per gli italiani all’estero

L’art. 7 prevede che entro il 2026 verrà attribuito a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato.

I valori patrimoniali e le rendite urbane verranno poi aggiornati periodicamente nel rispetto delle condizioni di mercato ma non superando i valori di mercato stesso.

Le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico avranno adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario tenendo conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;

Le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non saranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali.

Quindi agli attuali valori di rendita catastale che è l’unico dato presente nelle visure catastali, verranno aggiunti (prevedendo contestualmente meccanismi di aggiornamento periodico), valori prossimi all’affitto imputato per la parte reddituale e valori prossimi a quelli di mercato per i valori patrimoniali.

Non si discute naturalmente della giusitizia del provvedimento; è evidente la sperequazione che subisono molti immobili e va da sè che un bilocale a Portofino non può avere un valore in visura come se lo stesso immobile fosse in un paesino dell’entroterra lontano dal mare, dai treni e dalle autostrade.

Tra l’altro il premier Draghi ha rassicurato che queste informazioni non serviranno per determinare l’imponibile dei tributi, che resta l’attuale rendita catastale almeno fino al 2026…

Ma è impossibile non intravedere i possibili sviluppi di questa riforma.

Al momento la tassazione sulla casa è agganciata alla rendita catastale ma potrebbe essere, in futuro, che altre tasse dipenderanno dal valore patrimoniale o da quello di mercato con fluttuazioni anche significative e in un arco di pochi anni.

Inoltre, per noi italiani all’estero i problemi si complicano.

Il trattato contro le doppie imposizioni e le leggi svizzere e italiane ci obbligano a denunciare gli immobili di proprietà in Italia che vanno a formare la nostra “fortuna” e da anni ormai si dibatte sul concetto di valore locativo che per i Cantoni è fondamentale per tassare gli immobili e che non esiste nei testi di legge italiani.

Va da sè invece che se la visura conterrà il valore di mercato è a quello che presumibilmente le amministrazioni svizzere faranno riferimento.

Al momento, infatti, gli uffici cantonali usano come base di calcolo delle fortune degli italiani all’estero le visure catastali, che riportano un unico dato; ovvero la rendita catastale.

In base alla rendita viene quindi dedotto il valore dell’immobile.

Il problema è che non c’è scritto da nessuna parte quale dato sia obbligatoriamente da prendere in considerazione per valutare il valore di un immobile utile a indicare il patrimonio globale del contribuente svizzero.

Ma cosa può accadere se a Zurigo prenderanno in esame ancora la rendita catastale mentre a Svitto prenderanno come base di calcolo il valore di mercato?

E cosa accadrà se quell’immobile rivalutato comporterà un aumento considerevole degli importi da pagare all’amministrazione svizzera? Immobile che già è stato tassato in Italia e magari rivalutato secondo la Riforma che qui si commenta.

Non si dubita del fatto che in Svizzera l’immobile italiano non sia oggetto di tassazione singola (sarebbe vietato) ma venga considerato parte della fortuna di chi vive in Svizzera, ma ammesso che la base di calcolo dell’immobile italiano non sia più la rendita ma altri numeri, davvero potrà ancora sostenersi che non ci troviamo davanti a una doppia tassazione degli immobili che possediamo in Italia?

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