Lettera di un immigrato italiano a New York. L’amore per l’Italia, i sacrifici, i sogni, il successo

Nick Trombetta si è trasferito da Avellino nel Bronx con i genitori quando aveva solo 10 anni. Oggi è un imprenditore, un parrucchiere e un musicista affermato

Testimonianza raccolta da Maria Concetta Di Paolo

La storia di ogni immigrato è diversa sotto molti aspetti, ma ciò che tutti abbiamo in comune è il motivo per cui siamo emigrati. La ragione prevalente che ha spinto l’emigrazione era quella di avere migliori opportunità, ma ad un grandissimo prezzo. Ogni famiglia ha dovuto affrontare numerose avversità. Cominciando con il dover imparare una nuova lingua, lavorare più duramente di quanto si potesse mai immaginare pur mantenendo vive le tradizioni in un paese straniero; ciò che ci rendeva e che ci ha resi forti è il nostro orgoglio.

Ma come potevo io, un bambino di soli dieci anni capire questo immenso sacrificio di mio padre e mia madre? Con cinque figli i nostri genitori hanno lasciato una vita che per me era felice e serena. Vivevo in Italia, nella città di Avellino, dove c’era un clima di intensa e armoniosa solidarietà, quasi un’unica grande e coesa famiglia. Ma all’improvviso mi sono trovato nella città di New York, nel Bronx. Era l’anno 1970.

Eravamo bambini e per farci salire sull’aereo doveva sembrarci una favola, una favola che non aveva nulla a che fare con la filmografia americana. Salire sull’aereo è stato emozionante perché eravamo tutti molto ansiosi non solo di andare a New York, ma di vedere nostro padre, che se n’era andato due mesi prima di noi, per sistemare l’alloggio per il nostro arrivo. Lavorava con suo fratello, papà: spingeva ruote di botti, riparava i vialetti e asfaltava le strade.

In Italia era il dirigente commerciale nella regione Campania per una famosissima azienda di liquori: un uomo che vedevamo tutti i giorni con giacca e cravatta. Non avevamo la minima idea di quanto ci aspettasse.., e quando scendemmo dall’aereo, all’aeroporto J.F. Kennedy di New York, per essere accolti da nostro padre, la prima cosa che notammo fu la sua faccia che pareva un palloncino, tanto era gonfia. Più tardi scoprii che spruzzando insetticidi per uccidere i numerosi scarafaggi che vivevano nel nostro appartamento, aveva contratto una brutta allergia.

Il Bronx non assomigliava affatto ad Avellino. Siamo passati da una tranquilla città pittoresca a un sobborgo americano pieno di caos, dalle forti sirene della polizia e dei vigili del fuoco, alla criminalità di strada: una vita decisamente difficoltosa!

Crescendo ho conosciuto il razzismo, il bullismo, la mafia e sono stato persino un testimone di tre omicidi. Non era quello che avevo immaginato, perché pensavo che saremmo venuti in America e avremmo vissuto nei grattacieli di New York…. Quelli dei film americani…. Invece ci siamo ritrovati in un vecchio palazzo popolare, pieno di roditori e scarafaggi. Vivevamo in un appartamento con due camere da letto dove mi sono ritrovato a dormire in un letto con mio fratello e le mie tre sorelle su un divano letto. Niente grattacieli, solo vecchi palazzi popolari e tanta confusione!

Dopo 50 anni posso dire che ce l’abbiamo fatta, ci siamo integrati con tutti quelli che erano qui prima di noi, abbiamo lottato e lavorato duro sopportando tanti momenti terribili. Mio padre alla fine diventò un chef di tutto rispetto. Abbiamo imparato tutti a parlare l’inglese e, alla fine, lo stigma di essere un immigrato è scomparso, diventando a tutti gli effetti bambini italo-americani.

Mio padre, un uomo incredibilmente intelligente, pieno di cultura, mi disse una volta. “Sono dovuto venire in America per diventare ignorante”. Ma in verità, lui e mia madre eccellevano nella loro vita e ci è stato insegnato a fare lo stesso.

La musica è ciò che mi ha salvato la vita, dato che non appena siamo arrivati a New York, mio padre mi ha trovato un insegnante di pianoforte e alla fine sono diventato un artista professionista, cantando e suonando il piano e le tastiere in molti famosi complessi italoamericani. Ho avuto anche il piacere di aprire un concerto per molti famosi cantanti e complessi italiani venuti in tournée negli Stati Uniti.

Non ho mai abbandonato la mia vera passione, ma ho dovuto seguire i consigli che ho ricevuto e a 22 anni ho scelto una professione che mi ha dato tante soddisfazioni. Ho iniziato a lavorare per Vidal Sassoon (parrucchiere e imprenditore britannico, ndr) e successivamente, come direttore artistico nazionale americano per un’azienda italiana che produce e distribuisce prodotti professionali per capelli, a Milano. Oggi sono un noto parrucchiere e proprietario di uno dei saloni più elitari dello stato di New York, il Salon Maffei.

La cosa più bella è il modo in cui la nostra famiglia ha mantenuto la nostra cultura e il nostro apprezzamento per l’Italia, e allo stesso tempo ha imparato ad amare anche il nostro nuovo paese. So che la mia storia è simile a quella di tante altre persone meravigliose con cui ho avuto il piacere di crescere e credo che nessuno di noi abbia sprecato i sacrifici iniziali seguendo le orme di coloro che ci hanno preceduto.

Per concludere la mia storia è importante menzionare la mia fede, poiché lì risiede la mia forza; credere, fare del bene, e aiutare chi ci è accanto è di fatto vivere una vita piena di felicità e amore, e per questo dico…” grazie Signore! e grazie anche a mamma e papà!”.

Nick Trombetta

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