Lula è tornato rieleggibile, ma Bolsonaro è pronto a dare battaglia

Foto ufficiale del Presidente Lula nel 2007- crediti di Ricardo Stuckert, Presidência da República

La corte suprema del Brasile ha annullato le condanne per l’ex presidente Luiz Inacio “Lula” da Silva, ripristinando i suoi diritti politici. Questo consentirà ad un uomo molto amato dal popolo di battere Bolsonaro alle prossime elezioni presidenziali previste nel 2022.

Ma facciamo un passo indietro. Lula, il sindacalista amato dal popolo, fondatore del Partito dei Lavoratori, Presidente del Brasile nel 2002 e nel 2006, perde poi la carica quando nel 2016 viene coinvolto nella cd.  Operazione Autolavaggio.

In questa sorta di “Mani Pulite” sudamericana, l’accusa rivolta a Lula era di aver ricevuto denaro dalla Petrobas (compagnia petrolifera) oltre a favori di vario tipo da alcune società.

Si parlò anche di diverse proprietà immobiliari a lui intestate e frutto di regali.

La presidente Rousseff provò ad evitargli l’arresto nominandolo ministro, ma il tentativo venne impedito dalla magistratura.

In quell’occasione respinse le accuse di corruzione, ma nel 2017 Lula venne ritenuto colpevole di aver accettato tangenti del valore di 1,2 milioni di dollari e condannato a nove anni e mezzo di prigione. In appello fu condannato a 12 anni.

Nel 2018 si costituì spontaneamente e fu portato in galera. A quel punto i suoi diritti politici vennero sospesi e la candidatura negata.

In un Paese in cui la corruzione è endemica, in molti hanno visto nella condanna e nell’arresto di Lula un’operazione studiata a tavolino per impedirne la rielezione. Tra l’altro, in quanto non condannato in via definitiva, il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha dichiarato che Lula avrebbe dovuto poter candidarsi alle elezioni.

Nel novembre 2018 Lula ha ricevuto una nuova incriminazione ma è solo nel novembre 2019 che viene rilasciato dopo 580 giorni di prigionia.

Ed ecco l’atto finale: il 7 marzo 2021 Lula viene prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile e riacquisendo i suoi diritti politici.

La sentenza è firmata dal giudice Fachin.

Tuttavia, la sentenza arrivata in un Paese già devastato dalla pandemia che ha fatto registrare oltre 11 milioni di contagi, non ha raccolto solo consensi.

Se c’è chi lo giudica un buon Presidente, c’è pure chi non dimentica le accuse e l’arresto per corruzione e già Bolsonaro getta un’ombra sulla legittimità della assoluzione di Lula: il giudice che gli ha ridato la libertà è molto legato al Partito dei lavoratori, la formazione politica fondata da Lula.

Senza dimenticare che l’attuale Presidente, già pronto al bis, è sostenuto da buona parte della popolazione bianca, dagli ambienti ecclesiastici e militari e dagli imprenditori, soprattutto quelli agricoli, che lui continua a premiare facilitando a ritmi preoccupanti il disboscamento dell’Amazzonia e l’avanzata dei grandi latifondi.

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