L’Unione Europea e i singoli Stati ancora divisi sulle politiche migratorie

Ecco perché nemmeno la crisi ucraina è riuscita a cambiare le cose

La guerra, come previsto e come richiesto dal peggiore dei copioni, sta seguendo il suo corso generando oltre ad altre sciagure, la fuga di migliaia di persone dall’Ucraina.

Inaspettatamente invece, l’UE sta dimostrando una certa compattezza: già il 4 marzo 2022 è stato deciso di attivare il regime di protezione temporanea. L’obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l’UE. Tali diritti comprendono: il soggiorno; l’accesso al mercato del lavoro e agli alloggi; l’assistenza medica; l’accesso all’istruzione per i minori.

La protezione temporanea è un meccanismo di emergenza applicabile nei casi di afflussi massicci di sfollati e teso a fornire protezione immediata e collettiva agli sfollati che non possono ritornare nel proprio paese di origine.

Ad oggi non possiamo dire quanto durerà questo regime eccezionale, ma dopo appena 3 mesi da quella decisione i profughi ucraini sono quasi 7 milioni. Persone che, dopo aver raggiunto in un primo momento i Paesi vicini (Polonia, Romania, Ungheria, Moldavia e Slovacchia), si sono spostate verso altri Paesi membri dell’Unione europea, anche per la presenza di numerose comunità della diaspora ucraina, come nel caso dell’Italia.

Oltre alle misure stanziate a livello europeo, il nostro Paese ha stabilito che 900 milioni di euro siano destinati all’accoglienza, dirigendo i fondi sia verso le famiglie che li hanno accolti sia verso il sistema di accoglienza diffusa. Il fatto è che in fuga dall’Ucraina non ci sono solo ucraini, ma cittadini di paesi terzi e già questo mette in crisi le misure emergenziali approntate, visto che il rispetto delle “normali” politiche migratorie ha determinato il respingimento di migranti extra-europei alle frontiere polacche.

La domanda è, a questo punto, se lo sforzo umanitario diventerà la regola o se invece si tratti di una eccezione alle regole vigenti.

L’impostazione tradizionale

Ad oggi, al netto dell’emergenza ucraina, la situazione vede tre gruppi di Paesi contrapposti.

Ci sono i Paesi come Italia, Spagna e Grecia, destinatari di molti arrivi e molti sbarchi che, dopo l’accoglienza, chiedono la redistribuzione dei richiedenti asilo verso le altre Nazioni europee.

Ci sono poi i Paesi dell’Europa orientale, che hanno sempre rifiutato simili soluzioni mentre il resto degli Stati chiede a gran voce il rafforzamento della frontiera esterna europea.

Quindi nella totale assenza di concertazione, la crisi ucraina sembrava potesse compattare le politiche migratorie degli Stati e in particolare il Sistema di Asilo Comune Europeo.  In pratica ci si aspettava che, come l’Italia, i Paesi UE al confine con l’Ucraina accogliessero i migranti, ma così non è stato. La paura di inimicarsi Putin e di applicare il Sistema di Asilo Comune Europeo sono stati più forti di qualsiasi motivazione.

Per comprendere il perché l’UE si muova in un modo e i Paesi possano decidere nel senso opposto occorre fare un passo indietro. Nello schema attuale, l’immigrazione legale viene regolata dall’UE, che stabilisce le condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che entrano e soggiornano legalmente in uno degli Stati membri, anche per motivi familiari. Gli Stati membri stabiliscono, invece, quante persone provenienti da paesi terzi possono entrare in cerca di lavoro. L’UE può fornire incentivi e sostegno a favore degli Stati membri che promuovono l’integrazione di cittadini di paesi terzi che vi risiedono legalmente; tuttavia, ogni Stato europeo è autonomo nel definire le proprie politiche di integrazione. Questa situazione ha generato molte differenze nel territorio dell’Unione Europea.

Gli sforzi dell’UE a partire dal 2020

Il nuovo mandato della Commissione europea (2019 – 2023) è stato inaugurato dalla Presidente Ursula Von der Leyen con l’assunzione di un forte impegno in materia di migrazione e asilo già a settembre 2020, tuttavia in questo periodo il quadro europeo in materia di migrazione e asilo poggia ancora su due pilastri: bloccare e rimpatriare. E che ci siano forti resistenze politiche a cambiare il sistema lo dimostra l’accelerazione nell’adozione della misura della Protezione Temporanea che rimane, appunto, una misura straordinaria.  Per il resto occorre tempo.

La presidenza francese di turno ha, dunque, adottato un approccio soft riconoscendo le difficoltà incontrate dal Nuovo Patto sulle Migrazioni e l’Asilo promosso dalla Commissione nel settembre 2020. Esso si fondava sull’idea che un compromesso fosse possibile solo tramite un approccio comprensivo che mettesse sul tavolo le varie politiche migratorie europee, la solidarietà interna, i sistemi nazionali di asilo, il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne e la collaborazione con i Paesi terzi. Tuttavia, il piano non ha trovato alcuna accoglienza.

Per tale motivo gli sforzi sono stati indirizzati verso obiettivi più realistici che vanno dall’offrire maggiore sostegno europeo ai sistemi nazionali per la gestione delle richieste d’asilo ai confini; sino a rafforzare i rimpatri verso i Paesi terzi.

Sempre tenendo conto di questo doppio binario, è osservabile che se l’Europa agisce avendo in mente politiche migratorie con lunghi orizzonti temporali, i singoli Stati stanno affrontando il presente gestendo esclusivamente l’assistenza umanitaria per i rifugiati ucraini e la temuta crisi alimentare in Africa.

Comprensibile certo, ma preoccupante, perché rimarca come al di là della contingenza, la volontà di trovare una soluzione in materia di migrazione, sia sempre troppo lontana.

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