Niente da festeggiare, niente da celebrare

E nei loro beni c’è un diritto per il mendicante e il diseredato.
Il Sacro Corano 51:19

Camminavo nei pressi della stazione di Gevgelija, nella Macedonia del Nord, il giorno in cui decidevo di interrompere il mio sostegno finanziario a UNHCR. Anni prima ero diventata un “Angelo dei Rifugiati”. Ero in aeroporto, in partenza per un viaggio di lavoro. Destinare un importo fisso dal mio stipendio mensile per aiutare persone costrette a migrare mi era sembrata un’azione giusta. La parola “Angelo” aveva fatto il resto.

Accanto alla stazione ferroviaria, in un’area non accessibile, avevo notato una tenda UNHCR abbandonata, piena di foglie secche; mi aveva ricordato l’angolo del giardino in cui tenere gli attrezzi. Nessun campo di accoglienza nelle immediate vicinanze: la tenda non era utilizzata da tempo ed era improbabile che qualcuno ne considerasse l’esistenza, per esempio per resuscitarla dall’inutilità di quel luogo e spostarla al campo di accoglienza, al confine con la Grecia, poco più a sud. Mi sono chiesta mentalmente quanto potesse costare una tenda; quante delle mie donazioni mensili ospitassero foglie secche anziché proteggere qualcuno dalle intemperie. Da Lesvos giungevano notizie di bambini sopravvissuti al mare, morti di freddo il giorno successivo allo sbarco per insufficienza di tende e coperte distribuite. Contemporaneamente, ricevevo newsletter UNHCR che mi invitavano a effettuare una donazione per “vestire una famiglia siriana per l’inverno”.

Era il cinque gennaio duemilasedici.

In tutti i campi che avevo visitato, erano squadre di volontari a offrire cure mediche, a far giocare i bambini, a organizzare i magazzini e distribuire vestiti, scarpe, cibo. Pochi impiegati governativi greci coordinavano la gestione del campo: orari, accessi, logistica. I rappresentanti UNHCR erano perlopiù introvabili, talvolta disponibili due ore al giorno in campi che ospitavano oltre mille persone. Informazioni attendibili rispetto alle procedure e ai tempi di attesa erano un sogno tanto per le persone in viaggio quanto per chi, accanto a loro, avrebbe voluto offrire conforto e qualche certezza. In quel periodo nacquero piccoli progetti con la missione di aiutare le persone in viaggio a non cadere vittime delle menzogne dei trafficanti, i soli interessati a parlare con loro. Ricordo di avere imparato a riconoscere i trafficanti dalle persone in viaggio; insieme ad altri volontari, cercavamo di fare da scudo alle famiglie e ai minori, per evitare che venissero avvicinate dai criminali che assediavano, indisturbati, campi formali e informali.

Molte delle persone che ho conosciuto in quel periodo, nel corso di un’attesa che nessuno sapeva definire né per durata né per variabili, avrebbero provato ad attraversare i confini illegalmente oppure a cambiare campo, seguendo passaparola, spesso infondati, di migliori condizioni di vita in questo o quel luogo. Ho visto distribuire patate coperte di muffa, riso con vermi. In almeno un caso, più di cinquecento persone provenienti da un solo campo sono arrivate in ospedale in un solo giorno per avvelenamento da cibo, in un evento che testimoniava la violazione dei diritti fondamentali di due gruppi di persone: le persone che avevano creduto di trovare protezione in Europa e i cittadini greci (pazienti e addetti ai lavori), il cui servizio sanitario si trovava a dover far fronte a emergenze evitabili. Dei molti casi di suicidio nessuno parlava né parla.

Nello stesso periodo, ho imparato che uno dei pilastri dell’Islam si chiama zakāt, una forma di autotassazione, importante per i fedeli quanto la preghiera, calcolata sulla base delle possibilità di ciascuno e destinata ad aiutare chi ne abbia bisogno. Ho iniziato a calcolare nello stesso modo quale importo mensile fosse davvero generoso, da parte mia, donare.

Il dodici giugno duemilaventi ricevo una newsletter da UNHCR dal titolo “Un mese ricco di eventi online per festeggiare insieme la Giornata Mondiale del Rifugiato”. L’Europa ha recentemente lodato la Grecia, che attua respingimenti di richiedenti asilo via mare e via terra, per la gestione dei propri confini. Le condizioni di vita nei campi sono così gravi che persone provenienti da Paesi in guerra scelgono di tornare nella propria terra a morire o maledicono se stessi per avere lasciato i propri cari.

Il desiderio di aiutare è come il diritto di voto: non può essere esercitato senza vigilare sul sistema. È tempo di essere testimoni. È tempo di responsabilità condivise. Se non sai come aiutare, forse non lo desideri abbastanza.

4 gennaio 2016, Tabanovce, Macedonia del Nord (FYROM). L’arrivo al campo di confine nord del treno giornaliero proveniente da Gevgelija. Senza possibilità di riposare al campo, dopo un viaggio in treno di 6 ore (2 ore in auto), uomini, donne e bambini superavano il confine con la Serbia e proseguivano il cammino a piedi verso il nord Europa.
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