Quando la scienza parla ai giovani: intervista a Silvia Misiti, Direttrice della Fondazione IBSA

Abbiamo incontrato la dott.ssa Silvia Misiti, Direttrice della Fondazione IBSA, Organizzazione no profit di carattere internazionale, istituita a Lugano nel 2012.

 

La Fondazione nasce dalla potente visione del Presidente di IBSA Institut Biochimique che ambisce a promuovere la ricerca, a divulgare la cultura scientifica e la formazione dei giovani studiosi attraverso forum, workshop, borse di studio e pubblicazioni. Essa svolge un ruolo attivo volto alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui concetti di salute, qualità della vita e cura della persona. La vocazione dominante della Fondazione IBSA è sostenere giovani studenti e ricercatori: a tal fine, fra le molte iniziative, promuove Forum di alto livello in cui scienziati di fama internazionale si confrontano con le nuove generazioni di studiosi, ma dedica anche risorse all’istituzione di fellowship in vari ambiti della ricerca di base e si impegna nella divulgazione della cultura scientifica attraverso modelli di comunicazione capaci di aumentare il dialogo fra le persone.

Dottoressa Misiti, la divulgazione scientifica è alla base della vostra mission, ma fare divulgazione scientifica in un mondo affollato di notizie è sempre più complesso. Come distinguere l’informazione che risponde a canoni di verità da una fake news? Quali i mezzi per comprendere le notizie e quale lo sforzo della comunità scientifica per spiegare questi concetti?

La scienza non è alla portata di tutti, eppure costituisce l’ossatura della nostra evoluzione senza contare che di questi tempi poter contare su informazioni con fondamento ha rappresentato il discrimine tra la vita e la morte. Il problema è che la notizia scientifica viene data alla fine di un percorso di studio strettamente correlato all’ applicazione del metodo scientifico. Questo vuol dire che i dati e le relative conclusioni sono verificati. Quindi la divulgazione scientifica risponde a canoni di credibilità, verificabilità, attendibilità. E questo fa la differenza nei risultati. Oggi sempre di più ci si affida al web anche per il tema della salute, pur conoscendone le insidie che vi si nascondono. Fake news, peso dei social, proprio per tutti questi motivi, diventa fondamentale per una azienda farmaceutica condividere, prevenire, comunicare. La diffusione esponenziale e globale dei mezzi di comunicazione digitali e social può amplificare la circolazione di informazioni scientifiche scorrette o superficiali, ma offre tuttavia anche un mondo di possibilità ancora in divenire. L’assenza di barriere e di confini impone la necessità di mantenere sempre fermo l’obiettivo di una corretta informazione scientifica per arginare il diffondersi di falsi miti e credenze pseudoscientifiche, con ricadute potenzialmente pericolose per la salute pubblica. Per raggiungere diversi segmenti di pubblico ecco strumenti espressivi come l’arte, la musica e il fumetto, volti a estendere gli ambiti di interesse e di approfondimento anche a temi apparentemente distanti tra loro, tenendo conto delle specificità comunicazionali delle generazioni più giovani. La creatività può essere una risorsa molto utile per sostenere l’alfabetizzazione digitale delle nuove generazioni, aiutarle a comprendere meglio i concetti scientifici e di conseguenza a non cadere vittima delle fake news che riguardano la medicina.

Perchè può risultare difficile far appassionare i giovani alla scienza?

Proprio in virtu’ del metodo scientifico gli scienziati non hanno molto tempo da dedicare alla divulgazione. Ed è un grosso limite rispetto all’avanzare delle fake news che invece sono di rapida diffusione.

Quindi a oggi c’è uno sforzo per insegnare ai giovani ricercatori anche a divulgare la scienza e le sue conquiste. Occorre coniugare il metodo che caratterizza la scienza con la necessità di trovare un linguaggio adatto a rendere la prima comprensibile.

Ecco le iniziative Let’s Science! e “La Scienza a regola d’Arte”.

Il primo è un percorso creativo nato per dialogare con le città, le scuole, le istituzioni e i media su grandi temi legati alla salute e a una corretta informazione. Il progetto ha l’obiettivo di portare la divulgazione scientifica a un pubblico intergenerazionale, attraverso l’uso di linguaggi immediati e plurisensoriali, capaci di aggregare elementi appartenenti a mondi diversi. In questa visione il contenuto di valore scientifico può essere rappresentato con strumenti inaspettati ma altamente espressivi, quali ad esempio l’arte e il fumetto, che potenziano l’estensione del suo messaggio.

La creatività aiuta a svelare la conoscenza, rende anche i contenuti più complessi semplici e immediati e fa diventare la scienza divertente. Le iniziative di Let’s Science! si articolano in mostre e workshop, con interventi di scienziati, giornalisti, artisti e fumettisti. Il progetto dedica particolare attenzione ai giovani e alle loro peculiarità comunicazionali e propone uno spunto per aprire prospettive future nell’approccio attivo dei ragazzi con il mondo scientifico.

Mentre “La Scienza a regola d’Arte” nasce da un’intuizione: il dialogo tra arte e scienza rappresenta una modalità creativa di divulgazione. L’arte, nelle sue molteplici forme, è uno strumento di comunicazione potente, molto utile a raccontare anche la ricerca scientifica. Gli scienziati guardano al mondo con un occhio oggettivo e razionale, ma c’è pure un altro modo che si riflette nelle sensazioni, percezioni ed emozioni prodotte dalle rappresentazioni artistiche.

Dall’idea di fare incontrare rappresentanti eminenti di discipline apparentemente distanti come l’Arte e la Scienza, favorendone il dialogo e un proficuo scambio di punti di vista, nasce il ciclo d’incontri “La Scienza a Regola d’Arte”, che la Fondazione IBSA organizza con MASI Lugano-Museo d’Arte della Svizzera italiana al LAC.

Di fronte al grande pubblico, un artista e uno scienziato conversano liberamente e confrontano le loro esperienze, esplorando i punti di contatto e le differenze che caratterizzano le rispettive attività di ricerca.

Attraverso queste iniziative avete rilevato un aumento dell’interesse dei giovani alla Scienza?

Credo che sia importante approcciarsi da subito a questo mondo, anche per apprendere un metodo che poi applichi in ogni ambito della vita. In tal senso la Fondazione IBSA ha collaborato con l’Istituto Pasteur di Roma per la collana di libri “I ragazzi di Pasteur”, edita da Carocci Editore. I libri, gratuitamente scaricabili dal sito (https://www.ibsafoundation.org/it/publication/i-ragazzi-di-pasteur/) e che riguardano temi attualissimi (i vaccini, le cellule staminali) La collana è rivolta alle scuole secondarie di primo e secondo grado. Gli studenti non sono solo i destinatari dell’iniziativa ma i veri e propri autori. I volumi, infatti, propongono nella prima parte un testo scientifico curato da un docente esperto della materia trattata e, a seguire, un fumetto sullo stesso tema realizzato dalla Scuola Romana dei Fumetti sulla base di una sceneggiatura scritta da una classe di studenti. Ed è affascinante la costruzione del libretto perchè per rendere un concetto scientifico in un disegno occorre aver perfettamente capito il ruolo di ogni “componente” e dargli vita. Così la rappresentazione schematica di una cellula non è molto diversa da quella di un palcoscenico, dimostrando come lo studio sia un tutt’uno con la capacità di sintesi e quindi con la comprensione. A questo punto, affrontato lo sforzo di rendere plasticamente concetti che sembrano solo teorici, il passo successivo è concepire come la divulgazione scientifica sia parte integrante dell’occuparsi di scienza. E affrontare questi temi durante la scuola dell’obbligo è una scelta motivata dal fatto che in un determinato periodo della nostra vita, il metodo può determinare un cambiamento.

Si aspettava di trovare in Ticino un’attività di ricerca così ampia?

Ero scettica ma effettivamente la stessa composizione sociale del Ticino, così internazionale, dimostra una chiara inclinazione alla ricerca scientifica. ll Ticino è un luogo importante per la Scienza, ricchissimo di iniziative e di istituzioni come IBSA Foundation, ma ben pochi studenti lo sanno. Parlare con i ricercatori, dialogare in modo diretto, potrà aiutare i ragazzi a capire bene cosa fanno gli scienziati per la collettività, e potrà anche ispirarli nella futura scelta professionale e di progetto di vita, al termine della scuola obbligatoria. In  questo filone si inserisce portale «Ticino Scienza» voluto da IBSA Foundation per invertire la rotta e dare costantemente informazioni sui progressi nel campo delle scienze.

Lei ha lavorato per molti anni come ricercatrice all’Università La Sapienza di Roma. Quali differenze ha trovato fra il mondo che così ben conosceva e quello della ricerca svizzera?

Ho sicuramente trovato maggiore finaziamento e maggiore internazionalità. In Italia, nonostante vi siano molti talenti, è indubbio che la ricerca scientifica debba fare i conti con la disorganizzazione e la penuria di finanziamenti. Di certo la Svizzera rappresenta sotto questo punto di vista un’oasi felice. Io stessa che ho vissuto in America, lavorando in un Centro di Ricerca, ho avuto modo di toccare con mano la distanza tra i laboratori italiani e quelli statunitensi ove la ricerca non conosce preoccupazioni finanziarie. Sotto questo punto di vista la Svizzera non è lontana dagli standard americani. Basti pensare all’ETH di Zurigo che è tra le prime 10 Università al mondo, ambita da studiosi e studenti di tutto il mondo. Ma anche il Ticino ha un posto di tutto riguardo per quanto concerne le attività legate alla scienza. Quindi posso affermare che in Ticino si dà molto spazio alla ricerca ma esiste un gap di comunicazione. Problema cui si può ovviare implementando i mezzi e le risorse ad essa destinate. All’inizio IBSA era conosciuta in Ticino esclusivamente per l’azienda farmaceutica. La Fondazione ha incontrato alcune difficoltà a integrarsi in un posto piccolo. A fare la differenza è stato l’aiuto da noi prestato per la nascita della Facoltà di Biomedicina. Successivamente la Fondazione IBSA ha creato partnership con importanti istituzioni come l’Università della Svizzera Italiana, la Città di Lugano e il Museo d’Arte della Svizzera Italiana, collaborando con le Autorità, anzi trovando interlocutori entusiasti e disponibili nella consapevolezza che formare menti giovani e creare già dei ponti per il futuro è una grande eredità.

La Fondazione IBSA ha avviato anche importanti collaborazioni in Italia con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano e con il Museo delle Scienze di Trento. Qual è il ruolo dell’Italia nei vostri progetti di sviluppo culturale? Come si integrano con quelli ticinesi? La divulgazione scientifica in italiano resta un punto fermo per voi, nonostante lo “strapotere” dell’inglese nel mondo scientifico?

Siamo molto vicini all’Italia, non solo perché la nostra filiale di Milano è numericamente la più grande ma perché il contatto tra la Lombardia e il Ticino è molto forte e qui la cultura italiana è molto apprezzata. Non ritengo che vi siano problemi di integrazione tra i progetti ticinesi e quelli italiani poiché ciò che accomuna la scienza e che consente ed ha sempre consentito di avere una comunità, è il linguaggio. In ordine al linguaggio è impossibile non riconoscere che l’inglese sia la lingua della scienza e d’altro canto è impensabile non eleggere un unico canale di comunicazione valido in tutto il mondo. Altra cosa è la divulgazione scientifica: se la divulgazione non riguarda solo le informazioni ma ambisce a creare un “metodo scientifico” in grado di forgiare le giovani menti, allora occorre divulgare la scienza nella lingua immediatamente comprensibile: l’italiano.

Quali sono le sfide con cui la divulgazione scientifica dovrà misurarsi?

Sicuramente importante è combattere le fake news e quindi una certa approssimazione e leggerezza nella divulgazione. Il divulgatore non deve essere distante dallo scienziato tout court. Occorre essere severi nel controllo delle informazioni e insegnare il metodo sia di fare ricerca che divulgarla. Io ritengo che sia un preciso dovere quello di collegare le Università alle Scuole e far cadere la convinzione che  i laboratori ove si fa ricerca siano lontani da luoghi come la scuola dell’obbligo.

Bisogna insegnare che la correttezza, il rigore che ogni ricercatore applica durante i suoi studi devono riflettersi nel tipo di informazione che viene divulgata: corretta e rigorosa. E anche in tal senso occorre formare giornalisti scientifici, categoria che quasi non esiste, fagocitata dai divulgatori di fake news, più a buon mercato della notizia che risponda a criteri scientifici verificabili e dalla crisi della stampa che ha portato al crollo delle redazioni scientifiche. Mancano dunque giornalisti che usino le giuste fonti (riviste mediche riconosciute e dati sottoposti ad esame dalla comunità scientifica) per divulgare la scienza.

Dottoressa Misiti, Lei viene da Roma, ne sente nostalgia?

In Svizzera si vive molto bene e soprattutto di questi tempi ove appunto le informazioni dalla parte italiana sono state contrastanti e frammentate, vivere in Ticino è stato più rassicurante. Sicuramente mi manca il fermento della vita sociale italiana, ma Milano non è così lontana, quindi forse dell’Italia non ho nostalgia, andandoci spesso, di Roma invece sì.

 

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