Storie senza fine: 29 vite aziendali e umane

di Cristina Penco

Racconti di imprese italiane che ispirano e insegnano, secondo il modello del coaching umanistico

Foto: Azzurra Maria Sorbi ed Enza Eleonora Trocino

Imprese italiane grandi e piccole, più e meno conosciute, ma tutte ugualmente degne di nota. Avventurose vicende aziendali, che spesso si intrecciano indissolubilmente ad avvincenti saghe familiari. Le raccontano Azzurra Maria Sorbi ed Enza Eleonora Trocino nel libro “Storie senza fine” (ed. Il Ciliegio), così definite perché, come spiegano le due autrici, “rappresentano una possibile fonte d’ispirazione continua”.

La narrazione – lineare, chiara, in grado di suscitare interesse e curiosità – segue il modello del coaching umanistico: attraverso ventinove vite vissute di artigiani e imprenditori, vengono messe in luce altrettante potenzialità che, se coltivate (anche attraverso semplici, ma efficaci esercizi ad hoc, proposti nel testo), permettono di costruire la vita in piena realizzazione, verso la felicità. Nel business, ma non solo.

Lo specchio della vita di altri

Proprio di recente ha debuttato anche il podcast di “Storie senza fine” (disponibile online, su piattaforme come Spreaker, Apple Podcast, Spotify e Google Podcast): attraverso la voce delle due autrici e di alcuni dei protagonisti, oltre a nuove testimonianze, i contenuti audio vanno a integrare e ad arricchire il testo scritto, lo fanno “vibrare” aggiungendo a esso note di colore e calore e suscitando emozioni “in presa diretta”. Ne risulta un viaggio alla scoperta del potenziale umano, di ciascuno di noi, attraverso la testimonianza sonora di coloro che, con la loro vita, testimoniano una delle 29 potenzialità individuate dal coaching umanistico. “Vite fragili, vulnerabili, forti e sicure, che hanno bisogno solo, a volte, di fermarsi e guardarsi dentro anche attraverso lo specchio della vita altrui per ritrovarsi e riprendere il cammino con fiducia”, commentano ancora Trocino e Sorbi.

Angela Catanzaro (Istituto Besta): la vitalità

È possibile ascoltare la storia di Angela Catanzaro (inserita anche all’interno del libro), “presenza preziosa e speciale che per più di quarant’anni è stata un faro per pazienti, caregiver e colleghi del Besta, l’Istituto Neurologico di Milano”, come la descrivono le due autrici. Attraverso Angela, in particolare, viene esplorata la potenzialità della ‘vitalità’, ovvero “quella forza energetica che ci abita nel fisico e nella psiche”. È il sentimento di amore per la vita capace di portare cambiamento proprio davanti alle sfide più complesse dell’esistenza, affermano ancora Trocino e Sorbi. E aggiungono: “Le persone vitali sono coraggiose, sono quelle che sanno cambiare il clima umano che si respira in un contesto difficile e sanno trasformare gli ostacoli individuali o collettivi in occasioni di crescita. Questa potenzialità è strettamente correlata alla cura di sé: prendersi cura di sé stessi è l’allenamento basilare per aumentare la propria vitalità e potersi prendere cura degli altri, restituendo amore alla vita”. Alla domanda delle due autrici che chiedevano ad Angela Catanzaro cosa significasse per lei vivere e agire la vitalità, l’operatrice, ora in pensione, ha risposto: “Per me significa vedere il sorriso delle persone, che per un attimo si sono sentite perse, senza via d’uscita, e che ritrovano una piccola speranza”. Un sorriso che Angela ha sempre cercato di far ritrovare a chi, spesso, lo aveva smarrito. “La prima cosa che si deve guardare è il bisogno del paziente. Arrabbiato, deluso, stanco e altro ancora, a fronte di tutta quella che può essere la sua problematica. Per cambiare questo, basta un sorriso. Un piccolo gesto, un primo passo che equivale a far capire che abbiamo compreso che ha bisogno”.

Paneangeli e Natalia (Signor Lievito): l’autorealizzazione

Un secondo episodio del podcast, sempre legato al libro “Storie senza fine”, riguarda l’autorealizzazione, “una potenzialità di base esistenziale, una sorta di istinto che ci appartiene in quanto esseri umani”. Implica ricercare, contattare ed esprimere la vera natura del nostro sé sia nel rapporto con noi stessi sia nella relazione con gli altri, oltre alla concretizzazione delle nostre opere. “L’autorealizzazione contempla chi desideriamo essere, non perché non accettiamo chi siamo, ma perché si tratta della manifestazione autentica della nostra essenza”, spiegano le autrici. “Potremmo pensare a un seme di margherita e facilmente comprendere che l’autorealizzazione di quel seme consiste proprio nel diventare quella margherita, nell’esprimersi pienamente nel suo vero essere”. Perché “la felicità non è una meta da raggiungere o un viaggio senza problemi, ma una scelta che dipende da ognuno di noi, giorno dopo giorno, una decisione sostenuta dalla modalità con cui vogliamo affrontare le avversità”. La potenzialità dell’autorealizzazione viene esplicitata nel libro di Enza e Azzurra attraverso una storia che avvolge lettori e ascoltatori in una nuvola di zucchero a velo, calore e dolcezza: è quella di Ettore Riccardi che nel 1937, a Cremona, ha depositato il brevetto della polvere lievitante “Pane degli angeli” (da qui è nato Paneangeli, marchio ancora molto noto). Nel podcast scopriamo anche la storia di Natalia Nikitina, lettone trapiantata a Milano, ex modella con la passione per il buon cibo e il buon vino e fondatrice di “Signor Lievito” nel capoluogo lombardo. Totalmente autodidatta, Nikitina ha cominciato a produrre pane, panettoni e altri prodotti da forno in pieno lockdown, vendendoli inizialmente online e ottenendo grande successo. Prima c’è stato un profilo Instagram, poi è arrivato il sito di e-commerce, infine è stata inaugurata una vera e propria panetteria aperta al pubblico, oggi molto frequentata. Il nome dell’attività, “Signor Lievito”, viene dal lievito madre che proviene da un vecchio forno di San Giorgio a Cremano (Napoli) e che avrebbe circa 120 anni, passato dalle mani di quattro generazioni.

Il lascito di Del Vecchio (Luxottica): la leadership

Nel libro di Sorbi e Trocino è illustrata anche la storia di Leonardo Del Vecchio, presidente di EssilorLuxottica e fondatore del Gruppo Luxottica, gigantesca holding produttrice e venditrice mondiale di occhiali e lenti, scomparso a fine giugno 2022, a 87 anni. Costretto a crescere in un orfanotrofio, Del Vecchio si è lanciato in una corsa inarrestabile che lo ha portato al vertice di uno degli imperi più fiorenti del made in Italy. “Dalla paura di avere un futuro condizionato da altri alla creazione, costruzione e conduzione di un sogno visionario quanto reale e tangibile”, fanno notare le autrici a proposito dell’imprenditore, al quale, nello specifico, associano la qualità di “leadership”. Quest’ultima, declinata in modo originale e innovativo, in chiave costruttiva, viene definita «insieme di capacità culturali, emotive e cognitive che può essere agita a seconda delle occasioni, delle motivazioni, delle passioni che nutre». E ancora: «È quella potenzialità che, quando è agita, nutre la crescita dei collaboratori, formando altri leader».

Ecco qualche spunto ulteriore che Enza e Azzurra danno alle lettrici e ai lettori del ‘Corriere dell’Italianità’

Quali sono possibili sbagli che una/un leader deve evitare?

«Il leader è colui che organizza, motiva e dirige le azioni dei follower per raggiungere un obiettivo comune. Un leader è anche in grado di combinare armonicamente il bene del gruppo con il bene del contesto entro cui il gruppo stesso lavora, creando un clima positivo e sicurezza psicologica. Quindi, a volte, se non si procede in tal senso, si possono commettere degli errori che non inverano questa potenzialità e che invece rischiano di mettere a repentaglio non solo la relazione all’interno del team di lavoro e quindi il raggiungimento degli obiettivi, ma anche la credibilità del leader stesso. Non cogliere l’unicità di ogni collaboratore per mettere a fattor comune le energie di un intero team; non valorizzare la diversità depotenziando l’autonomia di pensiero, così come non essere in grado di gestire l’incertezza captando e interpretando anche i segnali deboli per elaborare le linee guida, accettando l’orizzonte di breve termine e riformulando la strategia anche più volte per adattarla, sono solo alcuni dei possibili errori che possono minare la leadership. Ma questi stessi errori, se riconosciuti, con consapevolezza, impegno e allenamento, possono essere trasformati e generare dei comportamenti virtuosi in grado di combinare armonicamente il bene del gruppo con il bene del contesto entro cui il gruppo lavora».

Qual è la prima parola che assocereste al termine leadership?

«Fiducia. L’importanza di questo fattore è fondamentale per il funzionamento di qualsiasi relazione lavorativa ed è uno degli aspetti essenziali del capitale di cui un leader dispone. Il suo lavoro, infatti, è quello di creare le condizioni affinché i collaboratori possano esprimere pienamente il loro potenziale e la loro energia. Oggi più che mai la fiducia è la leva essenziale per la crescita delle organizzazioni. Sono le stesse persone che scelgono se farsi guidare e da chi. Alla base di questa scelta c’è la fiducia verso il leader, rispetto a quanto incarna valori che si riflettono in una missione e in un proposito e quanta ne genera lui stesso nei collaboratori. Tutto ciò si lega alla disponibilità del leader stesso di essere “accessibile”, proponendo una versione coerente di sé, onesta, autentica e accogliente, mostrandosi equilibrati nei pensieri, nelle emozioni e nei comportamenti. Non si tratta di “comandare” o “dare ordini”, quanto invece di guadagnarsi il rispetto dei colleghi e facilitare un ambiente di lavoro sereno e stimolante. Il leader non è solo un capo, ma anche una guida in grado di trascinare con entusiasmo e motivazione le persone, per ottenere da loro il massimo impegno e partecipazione».

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