«Uomini, il check-up dall’urologo è più semplice di quanto si pensi. Noi sfatiamo questo tabù anche parlando italiano»

In Svizzera e in Italia il tumore della prostata è il cancro maschile più diffuso. L’intervista al prof. Thomas Zilli e al prof. Nicola Fossati, Ente Ospedaliero Cantonale

di Gaia Ferrari

La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile simile, nelle dimensioni e nella forma, a una castagna. È situata al di sotto della vescica e circonda l’uretra posteriore.

In Svizzera e in Italia, il cancro della prostata risulta la patologia oncologica più frequente nel sesso maschile. L’ incidenza di questa forma tumorale, ovvero il numero di nuovi casi diagnosticati, è in continuo aumento a causa dell’innalzamento dell’età media della popolazione generale. Parallelamente, il fenomeno è correlato anche a una maggiore disponibilità di nuovi esami che permettono di arrivare a una diagnosi precoce.

Come per altri tumori ad alta incidenza, anche nella cura del paziente con carcinoma della prostata il modello di cura dell’Ente Ospedaliero Cantonale – uno dei migliori centri europei certificati per la cura del cancro alla prostata – è quello multidisciplinare offerto presso i Centri Oncologici Specialistici (COS) dell’ente.

Il prof. Thomas Zilli
Il prof Nicola Fossati

Ne abbiamo parlato con il professor Thomas Zilli, Primario, Clinica di Radio-oncologia, Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), EOC, Bellinzona, e il professor Nicola Fossati, Caposervizio, Ospedale Regionale di Lugano, Civico.

A proposito di informazione, segnaliamo il webinar (che si è svolto il 27 febbraio, dalle ore 18.30 alle ore 20.30), aperto ai medici del territorio e alla popolazione, intitolato “Il ruolo centrale del medico di famiglia nella salute maschile. Come gestire prevenzione e diagnosi precoce delle patologie urologiche”.

Un sintomo da non sottovalutare è la presenza di sangue nelle urine, per quanto, di per sé, non sia per forza legato a un tumore alla prostata. Perché è importante lo screening del PSA (antigene prostatico specifico)?

Prof. Zilli: “Quando si innalza il valore del biomarcatore PSA – che individua i livelli di glicoproteina nel sangue, prodotta dalla prostata – potrebbe esserci il sospetto di una patologia tumorale prostatica. Tuttavia, l’elevazione del marcatore potrebbe essere dovuta anche a patologie benigne come nel caso di infiammazioni della prostata (prostatite) o di ipertrofia prostatica benigna. È dunque fondamentale che l’urologo e il medico curante lavorino in sinergia per caratterizzare tutte le rilevazioni del biomarcatore e cercare di contestualizzare in modo opportuno il quadro clinico del paziente. Ogni settimana, presso l’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), che raggruppa in un’unica struttura organizzativa tutte le specialità non chirurgiche che all’interno dell’Ente Ospedaliero Cantonale si occupano di patologie oncologiche, discutiamo con gli esperti del Centro della Prostata della Svizzera Italiana i nuovi casi di diagnosi oncologica in un’ottica multidisciplinare, per determinare quale possa essere la presa a carico più ottimale per ogni paziente”.

Prof. Fossati: “Ogni caso, naturalmente, è a sé stante, ma, come buona pratica, intorno ai 50 anni bisognerebbe effettuare una visita almeno una volta all’anno da un urologo. Contestualmente, sempre a partire dai 50 anni di età e almeno una volta all’anno, sarebbe bene sottoporsi al test del PSA, che consiste in un semplice esame del sangue. In alcune situazioni, poi – a fronte, per esempio, della familiarità del paziente o di altri fattori di rischio – l’esame andrebbe fatto anche cinque o dieci anni prima”.

Esiste ancora qualche resistenza culturale a parlare di tumore alla prostata?

Prof. Zilli: “C’è sicuramente un tabù quando un paziente deve spiegare o discutere le proprio problematiche urologiche, soprattutto quelle che hanno un impatto sulla sua sfera sessuale e che hanno ripercussioni estremamente importanti a livello psicologico. La presa a carico multidisciplinare dei pazienti, affiancati da figure specializzate anche per quel che riguarda la sessuologia e la psico-oncologia, è importante pure per questo”.

Prof. Fossati: “Diciamo spesso che, relativamente ai controlli periodici, le donne sono più scrupolose rispetto agli uomini. Questi ultimi, in numerosi casi, sono ancora abbastanza reticenti: in assenza di sintomi specifici, di frequente non avvertono l’esigenza e la motivazione di sottoporsi ad un check-up urologico. Non solo, la visita dall’urologo può essere vissuta come un elemento in grado di sminuire la propria virilità. Non è affatto così. C’è ancora molto da lavorare sulla prevenzione maschile, un argomento ostico per molti pazienti, ma anche per diversi medici di base, come constatiamo nella pratica clinica quotidiana o in alcuni incontri professionali”. 

Quanto è cruciale per i pazienti di lingua italiana, che magari hanno ricevuto una prima diagnosi nella Svizzera interna, confrontarsi, per un secondo parere medico, con professionisti specializzati che parlano italiano?

Prof. Zilli: “È molto apprezzato dai pazienti il fatto di poter interfacciarsi con un referente medico da cui poter ricevere una seconda opinione nella propria lingua, un esperto che dunque abbia una simile sensibilità culturale e che eventualmente possa seguirlo anche nei successivi trattamenti e interventi necessari, comprendendolo e ascoltandolo a fondo. Ciò facilita la relazione tra medico e paziente. Non dimentichiamo, inoltre, che quando si parla di problemi di prostata, si parla di una popolazione prevalentemente anziana, immigrata dall’Italia oltralpe negli anni Sessanta e Settanta, con una conoscenza limitata delle altre lingue e delle loro sfumature. In Ticino c’è la possibilità di offrire ai pazienti di oltre Gottardo non solo delle second opinion accurate e approfondite, ma anche, come già detto, delle prese a carico di elevata qualità, per trattamenti chirurgici e radioterapici sempre più mirati, efficaci e limitati nel tempo”.

Prof. Fossati: “Il fattore linguistico riveste sicuramente un ruolo significativo: il percorso affrontato dal paziente può essere lungo e delicato, dalla diagnosi alla terapia. Avere la possibilità di affrontare e discutere nella propria lingua tutti i dettagli e le varie sfumature che caratterizzano questo percorso è indubbiamente un grande valore aggiunto. In Ticino è attualmente attivo il Centro Prostata della Svizzera Italiana (CPSI), caratterizzato da specialisti altamente qualificati e a disposizione di tutti i pazienti affetti da neoplasia prostatica. Recentemente, il CPSI ha offerto anche la possibilità di effettuare una “visita congiunta”, in cui il paziente ha la possibilità di incontrare direttamente nella medesima seduta i vari specialisti coinvolti nei possibili trattamenti. Questa opzione risulta molto apprezzata dal paziente, che ha la possibilità di chiedere e chiarire in una sola visita tutti i vari aspetti relativi al suo percorso terapeutico. Questi elementi possono rappresentare un’ulteriore attrattiva per pazienti che dalla Svizzera Interna desiderano effettuare una seconda opinione presso il Canton Ticino”.

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