Giovanni Calvino e il Musée international de la Réforme a Ginevra

Un viaggio nel museo fondato nel 2005, che si propone di rivisitare l’origine del movimento protestante

di Amedeo Gasparini

Il Musée international de la Réforme (MIR) si trova a pochi metri dalla cattedrale dove predicava Giovanni Calvino. Nel cuore della città vecchia di Ginevra, il tabernacolo di uno degli eventi che ha reso celebre la città in tutta Europa nei secoli passati: la Riforma calvinista.

Fondato nel 2005, il museo si propone di rivisitare l’origine del movimento protestante. D’altronde, quando si dice Calvino, si dice Ginevra e viceversa.

Il MIR è al piano terra di un edificio risalente al 1723, costruito su quello che in passato era il chiostro della cattedrale. Nel 1536, due mesi prima dell’arrivo di Calvino in città, i ginevrini adottarono la Riforma. Salite le scale, si entra nel museo, in una sala tutta bianca, dunque nel cuore della mostra, che procede in ordine cronologico e tematico secondo nove stanze. Dalle origini della Riforma fino ai giorni nostri.

Alla prima sala (“Réformation”) si ripercorre il contesto storico che portò alla Riforma. In un tempo di indulgenze – che servivano per “salvarsi” l’anima e accorciare il tempo trascorso nel Purgatorio – alcuni predicatori avevano iniziato a criticare le pratiche corruttive e amorali della Chiesa di Roma.

Il XVI secolo fu un secolo di grandi scoperte. Anzitutto, che l’uomo è artefice del proprio destino. E che dunque poteva semplicemente pagare per salvarsi l’anima. Nel 1517, a Wittenberg, Martin Lutero diede inizio alla Riforma pubblicando novantacinque tesi contro la pratica delle indulgenze. Monaco agostiniano, chiedeva un ritorno alle radici della fede cristiana, basate sulle verità della Bibbia.

Questo atto fu il catalizzatore della Riforma in Germania, Svizzera e Francia, sottolineando un forte desiderio di rinnovamento e di una connessione più personale con la religione. Complice la stampa di Johannes Gutenberg, le idee della Riforma si propagarono ad una velocità mai vista prima.

La traduzione della Bibbia nelle lingue popolari incrementò l’alfabetizzazione e la trasformazione della Messa condusse al cambiamento nel rapporto tra fede e politica. Lutero si dimostrò scettico nei confronti del culto dei Santi, della Madonna e del ruolo del Papa. Concetti attorno ai quali elaborarono le proprie tesi anche Ulrico Zwingli a Zurigo, Martin Bucer a Strasburgo, Giovanni Ecolampadio a Basilea e Calvino a Ginevra.

Nato a Noyon, in Piccardia, nel 1509, Calvino manifestò un vivo interesse nei confronti della teologia. Fu Guglielmo Farel, riformatore elvetico, che gli chiese di trasferirsi a Ginevra a predicare. Poi però il riformatore dovette abbandonare la città svizzera. E partì alla volta di Strasburgo, ma fu richiamato da Ginevra – con una nuova moglie. Autore prolifico, scrisse molte lettere e sermoni, trattati e saggi. Calvino trasformò Ginevra in un laboratorio religioso e politico per la Riforma.

Fece della città sul Lemano una roccaforte del protestantesimo, attirando rifugiati, studenti, seguaci della Riforma e futuri pastori. L’Institutio christianae religionis (completata nel 1559) è la sua opera più nota. Fu qui che morì di gotta, nel 1564. E conformemente al suo desiderio, venne sepolto in una tomba anonima, in modo che le spoglie non fossero oggetto del culto che aveva sempre deprecato – oggi è sepolto al cimitero di Plainpalais, a Ginevra.

Gli adepti del Calvinismo sono stimati tra i settanta e gli ottanta milioni nel mondo. Il credo religioso al tempo si diffuse a macchia d’olio. Se la chiesa di Roma si ergeva a custode della Bibbia – determinando come doveva essere interpretata – l’avvento dell’Umanesimo e del protestantesimo sfidò questo monopolio. Per Lutero e Calvino, infatti, la Bibbia determinava la salvezza dei credenti, escludendo ogni altra autorità.

Nella prima stanza del Museo è esposta una lettera di Lutero del 1544 – “An einen guten Freund” – dunque un ritratto fatto da Lucas Cranach il Giovane – amico del monaco. Una litografia di Calvino e di Zwingli, un piccolo quadretto con i riformatori boemi Jan Hus e Girolamo da Praga, poi Erasmo da Rotterdam.

La seconda sala (“Guerres de religions”) è tutta rossa – rosso sangue – come a simboleggiare i conflitti religiosi del tempo. Si contano otto conflitti religiosi che insanguinarono la Francia tra il 1562 e il 1598. Cattolici e protestanti si scontrarono ripetutamente fino alla proclamazione dell’Editto di Nantes, che portò a una pacificazione temporanea nel regno. Nella stanza sono conservati diversi manoscritti sotto teca, tra cui quelli originali dell’imperatore Francesco I di Lorena, il re Enrico II di Valois, il re Carlo IX di Valois, Enrico IV (l’estensore dell’Editto).

La terza stanza (“Icônes”) ripercorre la furia protestante in materia di iconoclastia. I ritratti dei riformatori venivano diffusi per contribuire alla propagazione delle idee della Riforma. Quest’ultima si opponeva alla superstizione e combatté contro l’adorazione delle immagini e delle statue, in accordo con il divieto dell’Antico Testamento di rappresentare materialmente Dio.

Sebbene alcuni riformatori radicali distruggessero immagini, dipinti e sculture, Lutero, Zwingli e Calvino cercarono di impedire queste campagne iconoclaste. Comprendevano l’importanza delle illustrazioni nel raccontare la Bibbia a una popolazione in gran parte analfabeta. Teodoro di Beza, successore di Calvino, avrebbe poi fatto una raccolta di ritratti protestanti, pubblicata nel 1580. Artisti come Hans Holbein il Giovane (autore dei famosi ritratti di Erasmo, ma anche di Tommaso Moro) e in seguito il nederlandese Jan Luyken crearono opere memorabili per diffondere la cultura biblica.

La quarta stanza (“Genève et Calvin”) esplora il legame tra Calvino e Ginevra, che negli anni accolse molti rifugiati protestanti. Negli anni Trenta del XVI secolo ci fu un raddoppiamento della popolazione nella città. Cinquant’anni dopo la sua morte, il Calvinismo ginevrino ottenne riconoscimento internazionale al Sinodo di Dordrecht. Sebbene non avesse mai incontrato Lutero, il riformatore francese fece amicizia con Filippo Melantone. Sono esposte le lettere di Calvino al monaco Pierre Viret.

L’influenza di Calvino è stata illustrata anche dal bernese Ferdinand Hodler nel suo quadro “Calvin et le professuers dans la cour du collège”. La stanza ospita un busto di Farel, nonché illustrazioni della Ginevra del tempo. Quindi un boccale a due manici che, si dice, apparteneva a Calvino – è tutto ciò che rimane della sua vita privata.

La quinta stanza (“En ces temps là”) propone una visione grafico-cronologica del protestantesimo dal 1517 al 1992. Dall’Editto di Nantes (1598) al trattato di Vestfalia (1648). Da Re Luigi XIV (che revocò l’editto del suo predecessore obbligando così i protestanti all’espatrio in Svizzera, Germania ed Inghilterra) alla Croce Rossa di Henry Dunant. Fino ai pastori Dietrich Bonhoeffer e Martin Luther King, dunque alla fine dell’Apartheid in Sudafrica.

La sesta stanza (“Expansion”) ripercorre l’espansione del movimento protestante. Ortodossia, revivalismo e liberalismo si sono intrecciati per dar vita a differenti visioni del mondo. Una collezione di trentasei dipinti, oggetti, incisioni e libri racconta la storia di questa espansione, iniziando con la presentazione di un Vangelo in arabo e terminando con la mostra di una bandiera della Croce Rossa. Tra i pezzi della mostra, un papillon dell’alsaziano Albert Schweitzer, premio Nobel per la Pace nel 1972.

La stanza sette (“244 Bibbie”) conduce un’analisi sul significato e l’importanza della Bibbia. Le Sacre Scritture occupano una posizione centrale nell’espansione del protestantesimo. Il MIR raccoglie 243 Bibbie in altrettante lingue. Ogni copia ha la stessa copertina, indicando il titolo originale in lingue diverse.

La 244ª Bibbia è esposta agli osservatori. Si tratta della Bibbia di Zurigo (Zürcher Bibel) del 1536, la più antica del protestantesimo, pubblicata nel 1531 dal tipografo zurighese Christoph Froschauer. Un’edizione in dialetto tradotta da alcuni esegeti e teologi, tra cui Zwingli.

In una sala adiacente (“Sal del la musique”) sono riprodotti undici brani ispirati al protestantesimo, dal XVI secolo a oggi – da Aretha Franklin e Johnny Cash, fino al fenomeno mondiale “Jerusalema” di Master KG. Completato il tour del primo piano, si scendono le scale verso la parte conclusiva della mostra.

Le immagini di illustri protestanti come Johann Sebastian Bach, Rembrandt, Vincent Van Gogh, Margaret Atwood. La stanza 8 (“Marques du protestantisme”) ripercorre il protestantesimo come stile di vita. L’ultima stanza (“Engagements”) è dedicata al periodo contemporaneo. La stanza è divisa in tre spazi (“Penser”, “Résister”, “Partager”). Ventuno personalità legate al protestantesimo si esprimono in una frase di politica e condivisione. Da scrittori come Germaine de Staël e filosofi come Paul Ricœur e Søren Kierkegaard, passando per i sociologhi Max Weber e Jacques Ellul, la naturalista Théodore Monod e la teologa Madeleine Barot. Ma anche il fondatore della Lega delle Nazioni Woodrow Wilson e l’arcivescovo Desmond Tutu.

La seconda sala invita i visitatori a partecipare a discussioni con personaggi storici, riuniti in un teatro per dibattiti sulla Madonna e la schiavitù. Infine, un film su tre schermi combina elementi di una storia contemporanea della protesta non violenta.

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