Anche il suolo consumato “rovina” l’ambiente: ecco i comuni italiani più rispettosi

Tra i centri più rispettosi spiccano Ercolano (Napoli), Montale (Pistoia) e San Martino Siccomario (Pavia)

Oltre al ruolo dei cambiamenti climatici in atto, a dare un contributo significativo all’aumento della temperatura del suolo nelle aree urbane, soprattutto durante i mesi estivi, è anche il cosiddetto consumo accelerato di suolo.

Nel 2022, in Italia, il consumo del suolo ha raggiunto la velocità di 2,4 mq al secondo, avanzando di ulteriori 77 kmq in dodici mesi, con un aumento del 10% rispetto al 2021. Questo fenomeno rende le città sempre più calde, con temperature che possono raggiungere valori compresi tra 43° e 46 °C nelle zone più densamente coperte, variando a seconda delle caratteristiche del territorio circostante.

Nei principali centri urbani italiani, la temperatura del suolo aumenta proporzionalmente alla densità delle coperture artificiali. In media, durante l’estate, la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4°C, con picchi di 6°C a Firenze e oltre 8°C a Milano.

Sono alcuni dei risultati emersi dal rapporto ‘Il consumo di suolo in Italia 2023’, pubblicato dal 2014 dall’Istituto superiore per la protezione ambientale (ISPRA) e giunto alla decima edizione. Per l’occasione, da quest’anno il report diventa un prodotto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), che si occupa di varie attività di monitoraggio del territorio e del consumo di suolo.

Per capire meglio di cosa stiamo parlando, si tenga presente che gli esperti dell’ISPRA, sul sito dell’istituto, spiegano che la definizione di consumo di suolo “si estende a tutti gli interventi di nuove artificializzazioni in ambiti urbani, rurali e naturali”. Restano escluse, invece, le nuove aree verdi urbane, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso e dove non siano realizzate coperture artificiali.

Ebbene, tra i comuni tricolori virtuosi (e con meno di 10 mila abitanti) spiccano Ercolano (Napoli) in Campania (con soli 0,2 ettari consumati in più nel 2022), Montale (Pistoia) in Toscana (0 ettari in più) e San Martino Siccomario (Pavia) in Lombardia (addirittura 0,2 ettari in meno). Tra i capoluoghi delle città metropolitane, invece, sempre per risparmio del suolo si distinguono Genova, Reggio Calabria e Firenze.

Dallo studio, inoltre, risulta che il consumo di suolo continua a trasformare il territorio nazionale. Nel 2022 l’estensione della copertura artificiale superava i 21.500 kmq, il 7,14% del suolo italiano (7,25% al netto di fiumi e laghi). Le aree più colpite negli ultimi dodici mesi comprendono la Pianura Padana, la Lombardia, la Veneto, la via Emilia, la costa adriatica, e alcune parti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese.

Il consumo di suolo non ha solo un impatto sulla temperatura. Ci sono conseguenze anche per quanto riguarda i rischi idrogeologici. Il 13% del consumo di suolo totale (circa 900 ettari) si verifica nelle zone con un livello medio di pericolosità idraulica media, dove il 9,3% di territorio è ormai impermeabilizzato, ossia incapace di assorbire l’acqua. Di conseguenza, diminuisce costantemente la disponibilità delle aree agricole. I costi nascosti provocati dalla perdita dei servizi ecosistemici, in base alle rilevazioni effettuate tra il 2006 e il 2022, ammontano a 9 miliardi di euro ogni anno.

La logistica e la grande distribuzione organizzata emergono come principali cause del consumo di suolo in Italia, raggiungendo il picco massimo dal 2006 con oltre 506 ettari. Nel corso degli ultimi sedici anni, il fenomeno si è concentrato principalmente nel Nord-Est, seguito dal Nord-Ovest e dal Centro del Paese. Le grandi infrastrutture rappresentano l’8,4% del consumo totale. I nuovi edifici su suoli agricoli o naturali costituiscono il 14% delle nuove superfici artificiali. L’installazione di impianti fotovoltaici ha richiesto quasi 500 ettari di terreno, di cui 243 rientrano nella classificazione europea di consumo di suolo.

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