Aspettando il mare d’Italia

C’è un sottile velo di malinconia che ricopre l’arrivo dell’estate quest’anno. Con questa grande pandemia, molte delle mie certezze sono state ribaltate e, purtroppo, anche una a me molto cara: le vacanze in Italia.

Da italiano che vive all’estero aspetto sempre l’arrivo dell’estate con grande trepidazione. Come un bambino aspetta l’arrivo di Babbo Natale, io attendo il giorno in cui, valigia in mano e occhiali da sole, prendo l’aereo e torno in Puglia. Immagino sempre con gioia il momento in cui, in aeroporto, mi capita di incontrare tante persone che, come me, fanno ritorno a “casa” per qualche settimana. È curioso ricordare come, in attesa del volo, ci si scambia opinioni, ci si confronta sulla bellezza della nostra Italia e sulla sua scarsa valorizzazione; ogni volta, ci si chiede se un giorno si riuscirà a ritornare e se saremo in grado di vivere tranquillamente. Si chiacchiera e si aspetta, con la speranza che l’aereo parta subito e il pilota faccia il più presto possibile, così da arrivare quanto prima.

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Ma questa estate, probabilmente e sfortunatamente, tutto questo non ci sarà. Mentre scrivo, seguo con attenzione gli ultimi aggiornamenti: a Roma si discute se riaprire le frontiere con l’Italia. Tutto è ancora incerto e mi chiedo se passerò davvero le vacanze lontano dalla mia amata terra.  Lontano dal luogo in cui, nonostante tutto, ho ancora le mie radici che pulsano forte. Lontano da quella terra che mi ha cresciuto e in parte deluso. Lontano dal Paese che mi ha permesso di essere quello che sono oggi. Lontano dalle persone a me care. Lontano dalle coste bagnate dal mare, dal sole sui campi di grano e dai miei cari.

Ai miei amici e parenti, che continuano a chiedermi “Quindi? Quando ci vediamo?”, non so cosa rispondere. Vorrei dare una data, vorrei dire “Atterro alle 18:00 del 17 luglio, potresti venire a prendermi?”. Vorrei, ma non posso. Perché non è affatto chiaro cosa succederà. Non mi resta che aspettare.

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Intanto fuori dalla finestra il cielo di Dübendorf, vicino Zurigo, è da qualche giorno grigio e piovoso. Il fiume Glatt continua la sua corsa verso il Reno e il paesaggio è molto diverso da quello pugliese. Qui anche i colori sono diversi. Il verde acceso dei prati, il blu scuro dei laghi e dei fiumi, il bianco delle nevi perenni sulle montagne sono colori che “giù” non si vedono. Da dove arrivo io, il mare è azzurro chiaro, le spiagge ricche di sabbia dorata e del candore della neve neanche l’ombra. Sono diversi gli odori, i suoni, i sapori. “Giù” posso mangiare le orecchiette, qui la raquelette. “Giù” metto in moto l’auto e vado al mare a prendere il sole sulla sabbia bollente, qui monto in sella alla bici e vado al lago, mentre preparo un pic-nic sul prato verde. “Giù” ho gli amici che conosco da dieci anni, qui nuovi amici che sembra conosca da dieci anni.

Qui non è solo la realtà che mi circonda a essere diversa. Probabilmente anch’io, qui, sono diverso.

Qui è tutto diverso. Ma allo stesso tempo, ugualmente bellissimo. In Svizzera ho cominciato una nuova vita. Sono cambiato. Questa terra mi ha accolto facendomi maturare molto e ho imparato ad apprezzarne tutti gli aspetti, come la lingua, la cultura e la realtà. Mi ha regalato l’amore, mi ha fatto sentire a casa sin da subito e, per ora, non la cambierei per niente al mondo. Insomma, a pensarci bene ho il cuore diviso (quasi) a metà. Però, se non riuscirò “ad andare giù” in estate, inutile nascondere che mi mancherà tornare “a casa”, anche solo per 15 giorni, e vivere da ostunese, così da soddisfare quella parte di cuore che da lì non è mai andata via.

 

 

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