Donne e consigli d’amministrazione: la performance è maggiore

Di Manuela Andaloro

A giugno la community di Horasis (organizzazione internazionale indipendente, con sede a Zurigo) si è riunita per l’annuale Global Meeting per esplorare gli ultimi sviluppi globali e discutere del futuro post-COVID. All’insegna del tema “Promuovere un’umanità condivisa”, oltre mille relatori e delegati hanno discusso di come promuovere lo sviluppo sostenibile nell’interesse del bene pubblico globale. Da dove partire per implementare soluzioni alla portata di tutti i player globali per risolvere le sfide di imprese, governi e cittadini? Come nutrire le profonde trasformazioni di cui il mondo ha bisogno? E come dare una nuova spinta a globalizzazione equa e uguaglianza globale?

Per me è stato un onore contribuire al panel presieduto da Lisa Sennhauser-Kelly, Managing Director di BlueSky Development (Svizzera) e a cui hanno partecipato relatori del calibro di Ayumi Moore Aoki, fondatrice e AD di Women in Tech (Francia), Anita Motwani, fondatrice di Sarla Ventures (USA), Nina Angelovska, ex ministro delle finanze del Nord Macedonia, e l’olandese Luisa Delgado, membro del CdA di INGKA (IKEA). Il tema di cui si è discusso è di grande importanza sull’agenda globale: le donne nei consigli d’amministrazione. Purtroppo, regolarmente non raggiungiamo i numeri minimi di donne nei consigli di amministrazione e ciò crea danni anche perché esclude le opportunità offerte dall’adozione di nuovi stili di leadership. Avendo visto pochi progressi con gli sforzi volontari delle aziende, diversi paesi hanno emanato una legislazione che richiede una percentuale minima di dirigenti donne. Ma funziona? Stiamo scegliendo i candidati e le candidate giuste?

Le donne sono una forza economica in rapida crescita, sia nelle economie avanzate, sia nei paesi in via di sviluppo. In molti paesi le donne influenzano o controllano quasi i tre quarti della spesa familiare: le aziende, senza una rappresentanza femminile maggiore e più diversificata nei propri consigli di amministrazione, perdono non solo un importante segmento di talento, ma anche una prospettiva di mercato critica. Cosa fare?

Nel corso dell’incontro ho raccontato della mia esperienza. Sono un consulente di tendenze sociali, impatto economico e cultura ed esperto di marketing, comunicazione e affari pubblici, ho avuto una carriera in finanza e sono appassionata di diversity e leadership responsabile. Il mio mantra quotidiano al lavoro è favorire e sviluppare abilità come empatia, quoziente emotivo, capacità di ascoltare ciò che non viene detto e di comprendere e analizzare la società e le sue tendenze. Ammiro le aziende che hanno un impatto positivo sulla società, che producono responsabilmente e che sanno passare dalle parole ai fatti quando si tratta di obiettivi di sviluppo sociale, diversità, uguaglianza di genere, leadership responsabile e affidabile. Il mio consiglio per le donne più giovani che iniziano oggi, per le quelle che affrontano sfide lavorative- che vanno dalla mancanza di riconoscimento alla “impostor syndrome”-, è quello di scegliere con molta attenzione le persone di cui ci si circonda: ci deve sempre essere un equilibrio tra dare e avere, ma soprattutto rispetto reciproco. Consiglio dunque di trovare e usare la propria voce, rispettosamente, ma con fermezza. Con il proprio capo, colleghi e stakeholder ci sono linee che non dovrebbero essere sorpassate ed equilibri da mantenere sempre.

Un’abilità importante, anche se ci vuole del tempo per padroneggiarla, è la capacità di dire di no quando qualcosa non va nella direzione da noi prescelta. Credo che non bisogna

smettere mai di imparare e saper guardare al dettaglio senza perdere di vista il quadro globale. Avere un piano A, un piano B, un piano C ed essere pronti a cambiare e reinventare sempre. Ed è fondamentale non perdere la curiosità, l’apertura mentale e l’amore per il proprio lavoro.

Cosa crea consigli d’amministrazione ad alta performance? Quali sono le qualità di leadership richieste e cosa ha a che fare questo con l’essere uomo o donna?

Centinaia di studi su genere e leadership concordano sul fatto che, a livello individuale, uomini e donne sono vicini sulla maggior parte degli aspetti (intelligenza, capacità di apprendimento e di guidare una squadra) del potenziale di leadership.

Tuttavia, c’è un vantaggio femminile quando si tratta di leadership trasformazionale, stile che comporta gradi più elevati di coinvolgimento del team e premia efficacemente gli individui per le loro prestazioni. Inoltre, gli uomini tendono a guidare in modo più autocratico e hanno maggiori probabilità di essere leader laissez-faire, uno stile di leadership controproducente. Le donne tendono a essere migliori comunicatrici, hanno una maggiore intelligenza emotiva e bassi livelli di aggressività: un modello che è associato a una capacità di leadership superiore.

Quindi perché serve parità ai tavoli decisionali? Oltre all’equità, una maggiore diversità di genere porta un vantaggio competitivo alle aziende moderne, che affrontano una concorrenza straordinaria in un’economia che attribuisce un premio senza precedenti aconoscenza e competenza. Le donne costituiscono più della metà del pool di capitale umano. Le aziende che non riescono a sfruttare appieno e attingere da più della metà del pool rischiano di rimanere molto indietro. Inoltre, le aziende con tavoli decisionali bilanciati hanno una maggiore comprensione ed engagement con i propri stakeholder, siano essi clienti, dipendenti, proprietari e comunità in cui operano.

McKinsey, Credit Suisse e Catalyst documentano che le aziende con consigli di amministrazione miste ottengono maggiori ritorni sul capitale, maggiori ritorni sulle vendite e maggiori ritorni sul capitale investito. Quando esiste uno squilibrio di genere, i consigli possono facilmente cadere nel “pensiero di gruppo” e non riuscire a vedere e tenere conto delle prospettive che potrebbero migliorare le prestazioni dell’azienda. Le grandi idee possono nascere solo quando al tavolo sono presenti opinioni e idee differenti, che confluiscono in azioni strutturate.

Se le donne aumentano la performance, perché non ci sono più donne nei consigli? Cosa ci trattiene?  La mancanza di “modelli di ruolo” stimolanti e diversi, il fatto che la leadership oggi sia molto meno meritocratica di quanto pensiamo, non aiuta le donne ad arrivare a posizioni di rilievo. Ci sono troppe barriere sistemiche e molte aspettative irrealistiche. Per avere successo, le donne hanno dovuto adattarsi e questo si è rivelato sempre più difficile.

Credo che nuovi tipi di “modelli di ruolo” siano fondamentali per spezzare convinzioni obsolete, ispirando donne e uomini a una nuova identità di leadership, che sfrutti competenze come collaborazione, empatia, responsabilizzazione e fiducia. Le nuove forme di leadership di successo non assumono una sola forma, ma hanno tutte un denominatore comune: quoziente emotivo e competenza. Dovremmo essere consapevoli del fatto di come, spesso inconsciamente, ci infatuiamo di leader che inspirano fiducia, ma sono in realtà narcisisti e carismatici, ma in maniera negativa. Dovremmo invece promuovere le persone alla leadership in basse alla loro competenza, umiltà e integrità. Questo porterà anche a una maggiore percentuale di leader femminili.

La questione delle Quote rosa

Credo che le quote rosa siano, spesso, l’unico modo per andare avanti, purtroppo. Ero sempre stata a sfavore delle quote di genere perché sentivo che l’intervento del governo su questo argomento volesse dire che noi, come azienda, avessimo fallito e dovessimo rispettare quindi rigide politiche governative. Tuttavia, la politica aziendale, i pregiudizi, gli stereotipi e le dinamiche in molti paesi, in molti settori e in molte aziende sono ostacoli insormontabili. C’è però anche da dire che spesso le quote non garantiscono la selezione della migliore candidata per il ruolo e questo può ritorcersi contro le donne: quante volte abbiamo sentito dire “ha ottenuto il ruolo solo perché è donna”?

Nel 2003, la Norvegia ha aperto la strada all’uso delle quote di genere, richiedendo alle aziende pubbliche di eleggere donne per almeno il 40% dei loro consigli di amministrazione. Altrimenti, avrebbero rischiato di perdere le proprie certificazioni. Ispirati dalla Norvegia, altri paesi, tra cui Islanda, Spagna, Francia, Italia, Belgio e Germania, hanno presto seguito l’esempio. Diversamente, la Gran Bretagna ha evitato le quote, lanciando nel 2011 un’iniziativa volta ad accrescere il numero di donne dirigenti e nei consigli di amministrazione. Lo sforzo fatto non solo ha aumentato il numero donne dirigenti, ma ha anche ridotto drasticamente il numero di consiglieri maschili da 152 a zero nelle aziende FTSE 100 e a soli 15 nelle aziende FTSE 250.

Quindi, mentre le ragioni alla base dello squilibrio di genere possono essere complicate, la soluzione potrebbe non esserlo. Le aziende che desiderano diversificare i propri consigli di amministrazione dovrebbero prendere in considerazione l’adozione di un approccio semplice: per ogni uomo assunto, il successivo candidato sarà donna. Se ciò accadesse, i consigli di amministrazione della società raggiungerebbero l’effettiva parità di genere nel giro di pochi anni. Le aziende dovrebbero anche ampliare i criteri per i consigli di amministrazione per raggiungere la parità. I leader aziendali dovrebbero lanciare una rete più ampia per trovare e includere dirigenti donne senior con solidi track record aziendali. I consigli di amministrazione riconoscono sempre più che la diversità di genere è fondamentale per il successo degli affari, ma è necessaria più azione. Sebbene alcuni consigli di amministrazione abbiano già una rappresentanza sostanziale di donne e alcuni abbiano aggiunto donne, la tematica della parità di genere in ruoli chiave, ad ogni tavolo di discussione e nei consigli di amministrazione, deve diventare una priorità costante.

(https://www.ownthewayoulive.com/blog/2021/6/11/women-in-board-rooms-create-better-performance-horasis-global-meeting-2021).

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