Dove va la RSI?

Il servizio pubblico fra piani di risparmio, tagli e progetti di digitalizzazione

di Giorgia Reclari Giampà

Gli effetti della pandemia, che ha aggravato una crisi strutturale in atto da tempo, si sono già fatti sentire pesantemente sui media svizzeri. Neanche il servizio pubblico ne è immune: negli scorsi giorni la SSR ha annunciato un piano di risparmio di 50 milioni di franchi entro il 2024, che prevede la soppressione di circa 250 posti di lavoro a livello nazionale (su un totale di 5.500 collaboratori). Per la RSI ciò significa un risparmio di 8 milioni di franchi e la riduzione di 45 posti di lavoro. Questi risparmi vanno ad aggiungersi a quelli già annunciati per il 2021 in febbraio, poco prima della pandemia, che prevedevano il taglio di 12 posti di lavoro (11 sono già stati attuati con la fluttuazione naturale e i prepensionamenti). Il nuovo piano di risparmio prevede quindi la riduzione di ulteriori 34 posti di lavoro entro il 2024 e la RSI non esclude licenziamenti. 

65 milioni in meno
All’origine delle misure c’è il drastico calo degli introiti pubblicitari – che rappresentano il 25% delle entrate della SSR (il restante 75% è garantito dal canone, che invece è plafonato) oltre al rinvio di eventi sportivi e culturali. Il crollo delle entrate si attesta al momento a – 65 milioni rispetto al 2019. L’impatto sulla RSI sarà meno incisivo rispetto a quanto accadrà in casa SRF o RTS: nell’emittente svizzerotedesca salteranno in totale 211 posti a tempo pieno, che saranno in parte bilanciati da 95 posti in nuove funzioni (legate alla rivoluzione digitale), il che porta la riduzione effettiva a -116. Circa 120 persone saranno licenziate: 25 inizialmente, 95 in un secondo momento. Anche in questo caso si conta sul fatto che fluttuazioni e prepensionamenti facciano il resto. L’unità romanda invece rinuncerà a 50 – 65 impieghi a tempo pieno su un totale di 1.518. Questa volta l’impatto sulla RSI si può dire minore rispetto alle altre unità aziendali, anche perché nella Svizzera italiana è già stata avviata da qualche anno la cosiddetta “convergenza” fra radio, tv e web, all’insegna della multimedialità. 

Riforme e nuovi progetti
Non si parla comunque solo di tagli, come ha ricordato il presidente della CORSI Luigi Pedrazzini in un’intervista pubblicata sul sito : “Bisogna cogliere correttamente il messaggio legato a queste misure: non si tratta di «risparmiare» per indebolire il servizio pubblico, ma per fare in modo che possa continuare a svolgere durevolmente la sua funzione, rimanendo forte e autorevole. Per questa ragione non vanno considerate solo le misure di contenimento, ma anche le riforme in atto per affrontare con successo la sfida della digitalizzazione”. “Abbiamo un problema strutturale – ha affermato anche il direttore generale SSR Gilles Marchand in una recente intervista al Corriere del Ticino – Le riforme devono andare in questa direzione. Dobbiamo rivedere la fabbricazione stessa del prodotto, la sua distribuzione”.
La RSI sta procedendo con l’attuazione di una serie di progetti già annunciati lo scorso febbraio, volti a offrire in pari misura contenuti analogici e digitali, per adeguarsi alle mutate modalità di produzione, distribuzione e fruizione dei media e per rispondere alle nuove esigenze del pubblico.
La trasformazione prevede come detto una diminuzione dei posti di lavoro, con un’attenta revisione e ottimizzazione di tutti i flussi in ogni settore, che richiede al contempo di individuare nuovi profili professionali, con competenze oggi poco presenti in azienda (si pensi all’analisi di dati, un campo che sta diventando fondamentale anche per il giornalismo).I progetti annunciati in febbraio riguardano in particolare la ridefinizione dell’offerta audio e audiovideo – con un progetto di riposizionamento delle tre reti radio e la definizione dell’offerta audio digitale entro gennaio 2022. Per quanto riguarda la televisione, si sta realizzando una diversa programmazione su LA 2 da settembre di quest’anno.
È inoltre in corso la revisione delle modalità di produzione dei programmi – con analisi dei costi di ogni singola trasmissione – considerando non solo il successo di pubblico, ma anche il contributo alla realizzazione dei valori del servizio pubblico – per migliorare e modificare l’offerta e la distribuzione dei programmi. Proseguono intanto l’automatizzazione dei processi produttivi entro il 2023, la revisione e riorganizzazione dei servizi interni RSI, effettiva dal 2021 e l’analisi e la revisione dei mandati esterni, dei contributi e degli accordi di collaborazione (processo già inaugurato e la cui conclusione è prevista entro il 2023). “Dobbiamo concentrarci sulla nostra missione base, il servizio pubblico – ha detto il direttore RSI Maurizio Canetta in un’intervista al Corriere del Ticino – È ovvio che ogni rinuncia a un programma suscita del malcontento in alcune cerchie della popolazione. Si tratta però di riuscire ad offrire ciò che dobbiamo fare: informazione, cultura, sport, intrattenimento».
La RSI ha assicurato che affronterà tutte le misure di risparmio necessarie tutelando il proprio personale ed evitando, per quanto possibile, il ricorso a licenziamenti, e facendo capo alla non rioccupazione dei posti vacanti, ai pensionamenti anticipati e alla riconversione professionale..

Il sostegno della CORSI
L’auspicio, secondo il presidente della CORSI Luigi Pedrazzini, è che nonostante queste misure la RSI “possa mantenere – sia pure in forma parzialmente diversa e ricorrendo a nuovi vettori – la sua funzione essenziale nella società, quella funzione ben riconosciuta dal popolo in occasione della votazione sulla No Billag. Affinché ciò avvenga il servizio pubblico dovrà avere il coraggio di riformarsi, ma la politica dovrà avere quello di sostenerlo”. Anche la CORSI può avere un ruolo, ricorda Pedrazzini: “È molto importante che la CORSI si adoperi per far capire al pubblico la situazione con cui si trova confrontato il servizio pubblico, per spiegare e sostenere gli sforzi di chi, dall’interno dell’azienda SSR si sta adoperando con coraggio per raccogliere e vincere le sfide della digitalizzazione. La RSI ha avuto qualche anno fa il coraggio di seguire la strada della convergenza che oggi, sul piano dell’impiego delle risorse, si sta rivelando pagante. Ma non è finita, c’è ancora molto lavoro da fare e la CORSI può dare un contributo importante nel segno di una sua missione storica, quella di radicare il servizio pubblico nel territorio”.

Chiesta una consultazione nazionale
L’associazione ticinese dei giornalisti Atg-Impressum e i sindacati hanno però reagito con preoccupazione a quanto annunciato dalla SSR. In un comunicato Atg sottolinea “la necessità di preservare il più possibile i posti di lavoro nel settore dell’informazione, vera colonna portante dell’azienda”, Con “informazione”, ricorda l’Atg, si intende anche quella culturale e sportiva. Per il sindacato dei media e della comunicazione Syndicom “il servizio pubblico dev’essere garantito indipendentemente dal calo degli introiti pubblicitari, perché la qualità dell’informazione è un elemento essenziale per il funzionamento della nostra democrazia. E per creare contenuti di valore è indispensabile che giornalisti e operatori dei media possano usufruire di elevati standard professionali e qualitativi”. Il sindacato svizzero dei mass media SSM ritiene che nel contesto attuale “nemmeno un solo posto di lavoro dovrà andare perso prima che si metta mano agli sprechi, ai doppioni, ai progetti inutili e, secondo il principio della simmetria dei sacrifici, anche i quadri dovranno fare la loro parte rinunciando a qualche privilegio ingiustificato”. Il sindacato SSM rivendica inoltre l’apertura di una nuova procedura di consultazione a livello nazionale e regionale, “affinché il sindacato ed il personale possano contribuire alla ricerca di misure di risparmio alternative ai tagli di personale”.

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