Gli italo-americani e le elezioni presidenziali negli Usa del 2024. Come voteranno?

di Paola Fuso, da New York

Joe Biden
Donald Trump

Secondo le ultime rilevazioni sono più di 17 milioni gli italiani che vivono negli Stati Uniti e, di questi, più di 3 milioni vivono nello Stato di New York. La nostra comunità è una delle più numerose degli Usa, anche se parlare di “italiani” è abbastanza complesso perché questo termine comprende diverse categorie.

Ci sono i nuovi immigrati, che sono italiani nati e cresciuti nel Bel Paese, che negli ultimi anni hanno deciso di trasferirsi negli States; ci sono anche i figli degli immigrati di un tempo, di seconda, terza o quarta generazione, che in alcuni casi sono bilingue o parlano un po’ di italiano e hanno un certo attaccamento alla cultura del proprio paese d’origine, ma in altri casi hanno perso quasi completamente il proprio legame con l’Italia, pur continuando a mantenere rapporti affettivi con i parenti italiani e con certi aspetti della cultura. Poi ci sono gli italiani che sono arrivati negli States a partire dagli anni Cinquanta, gruppo quest’ultimo che sta andando scomparendo.

Invero questa moltitudine di italiani che negli anni ha raggiunto gli Stati Uniti si è comportata diversamente a seconda del periodo storico e del mood culturale del momento.

I primi immigrati italiani che hanno raggiunto Ellis Island non hanno lasciato la loro casa in cerca di avventura, una volta dichiarati abili al lavoro sono stati per lo più impiegati nelle fabbriche. Di questi primi connazionali diremo che difficilmente avrebbero votato un presidente repubblicano. A differenza degli ultimi italo-americani che nel 2016 hanno votato (44%) per Donald Trump continuando a sostenerlo anche nel 2020.

A New York, che quasi sempre esprime i suoi voti elettorali per il partito democratico, il voto popolare è stato più rivelatore: Trump ha vinto in modo schiacciante a Staten Island, Bensonhurst, Howard Beach e nel Bronx orientale, quartieri ad alta presenza italiana. Si tenga presente che gli italiani vivono nella zona di East Harlem, nel Bronx lungo Arthur Avenue, a Brooklyn, nel quartiere di Carroll Gardens, ad Astoria nel Queens e a Staten Island.

Gli italiani e le motivazioni del voto

Ebbene nel 2020 gli italiani hanno votato essenzialmente in blocco, scegliendo la persona che in un particolare momento sembrava essere migliore per i propri interessi, non per quelli della società americana in generale. Questo a causa della nostra storia. Gli italiani sono un gruppo etnico che ha lasciato un segno profondo nella società americana.  Sono arrivati in massa a cominciare dalla fine dell’800 fino al 1921, anno in cui il governo americano mise le quote per limitarne il numero.

Così come in altre parti del mondo, quando emigrare era necessario per sopravvivere, gli immigrati italiani dell’epoca possedevano qualifiche e trovavano impiego come operai nell’industria. Ci siamo situati quindi naturalmente negli strati più bassi della società americana, venendo trattati di conseguenza.

Ancora oggi, lo stereotipo dell’italiano è rappresentato dell’operaio, dal muratore o dall’artigiano fino ad arrivare al ristoratore. Dagli anni Cinquanta in avanti gli Italiani hanno cominciato ad esportare la cultura del buon cibo e della buona tavola aprendo ristoranti e pizzerie negli angoli più remoti del continente. Ma proprio in virtù di lavori non intellettualmente elevati, eravamo oggetto di un forte pregiudizio razziale dovuto al non diafano colore della nostra carnagione, al forte accento, alla frequente incapacità di parlare inglese, al comune analfabetismo.

Un anziano signore da anni residente a Yonkers (New York State) mi ha raccontato che un suo amico chiamava gli italiani “papisti”. La cosa potrebbe far sorridere se non fosse che l’America è protestante e calvinista. A ciò si deve aggiungere che gli italiani non venivano considerati “bianchi”, alla pari con gli irlandesi. Con la differenza che questi ultimi hanno avuto il loro riscatto con l’elezione di Kennedy (di origini irlandesi) a Presidente degli Stati Uniti d’America.

Senza contare una certa propensione dei nostri a non considerarsi italiani, ma calabresi, siciliani, campani, molisani, abruzzesi, come dimostra la quantità di associazioni a base regionali e la necessità da parte degli operatori dei Patronati di comprendere i dialetti più della lingua nazionale.

Ecco, quegli italiani, cui il New Deal aveva regalato il sogno di lavorare facendo uscire il paese dalla depressione, fece fare una svolta verso sinistra agli italiani. Peccato che l’idillio democratico sia durato solo fino alla prima metà degli anni Sessanta, in corrispondenza con l’assassinio di John Kennedy, che in molti distrusse la fiducia in un futuro e la fiducia al tempo stesso nella società americana in generale. È seguito poi il 1968 che, minando la fiducia nelle istituzioni in generale, ha esacerbato questi sentimenti determinando una netta virata a destra.

A ciò si deve aggiungere il fatto che gli italiani sentono di non essere sufficientemente considerati in uno Stato che accoglie gli immigrati clandestini senza tutelare le persone che hanno sempre lavorato.

Tutti questi sentimenti di segregazione, di non completa integrazione sono la ragione principale per cui il 44% dei votanti italo americani ha votato per Donald Trump che tuona contro gli immigrati, contro l’aborto e difende I valori della famiglia. Trump che è pronto ad osteggiare quel Deep State che ha sempre tenuto ai margini la classe operaia di cui I nostri hanno ingrossato le fila.

Ora, come voteranno gli italo-americani? Parrebbe, perché parlare di politica quando si tratta di Trump, rende tutti prudenti dopo il fattaccio di Capitol Hill, che i nostri siano favorevoli all’ex Presidente.

Ma questa previsione varrebbe solo per quegli italo americani che fanno parte della classe operaia, artigiani, ristoratori e lavoratori che soffrono la concorrenza con gli immigrati clandestini che percepiscono I medesimi compensi in nero senza pagare le tasse.

La nuova immigrazione, con lavori maggiormente qualificati, sembra orientarsi sul partito democratico e quindi sull’attuale Presidente Biden, che sconta una comunicazione disastrosa dei successi raggiunti in particolare nel settore economico dove può vantare la creazione di migliaia di posti di lavoro e disoccupazione al minimo.

Intanto, il 21 gennaio, Ron De Santis ha deposto le armi, annunciando che rinuncia alla corsa per diventare Presidente e che sosterrà Trump. Sembra quindi evidente a meno che la Corte Suprema non ne fermi l’avanzata trionfale (si tenga presente che di 9 giudici che la compongono, tre sono stati nominati da lui) che la partita del novembre 2024 si giocherà tra Biden e Trump.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami