Nevica sempre meno. In Italia e in Svizzera c’è chi trova soluzioni vantaggiose e rispetta l’ambiente

Tra i casi più virtuosi di riconversione delle piste da sci tradizionali, Legambiente segnala anche quelli di Monte Tamaro e Cardada-Cimetta, in Canton Ticino

Sulle nostre montagne – complice il cambiamento climatico – nevica sempre meno, i costi continuano ad aumentare, così come sono in crescita gli interventi per innevare artificialmente gli oltre 5mila km di piste da sci tra Alpi e Appennini. Una pratica, quest’ultima, che però comporta un impiego massiccio di acqua, energia e suolo, anche in zone di alto valore naturalistico, con un impatto negativo sul territorio.

Il Ministero del Turismo italiano ha stanziato 148 milioni per finanziare gli impianti di risalita contro i 4 milioni messi a disposizione per la promozione dell’ecoturismo.

Secondo l’associazione ambientalista Legambiente, è importante ripensare il turismo montano invernale in chiave sostenibile, ampliando gli orizzonti, diversificando le attività in armonia con l’ecosistema e superando la monocultura dello sci in pista. L’associazione, di recente, ha diffuso un’anteprima del report ‘Nevediversa 2024’ che sarà disponibile, in versione completa e definitiva, in primavera.

Nel rapporto sono illustrate dieci storie esemplari, provenienti dalle Alpi, incluse quelle svizzere, e dagli Appennini e che ci mostrano nuovi modelli di abitare e vivere la montagna a fronte delle esigenze attuali. Dieci casi, legati tra loro dalla capacità di innovare l’offerta, valorizzando l’ambiente naturale, le professionalità e il patrimonio storico e architettonico di quei luoghi.

Per quanto riguarda la Svizzera, le storie riportate sono quelle relative a Monte Tamaro e a Cardada-Cimetta, in Canton Ticino. Il Monte Tamaro è stato tra i primi ad abbandonare lo sci e a reinventarsi. La piccola stazione ticinese, costruita negli anni 70 su un versante assolato dell’alpe Foppa, tra i 1100 e i 1600 metri, nel 2003 ha preso la decisione di rinunciare al turismo invernale.

“Erano anni che si chiudeva in perdita per via della mancanza di neve”, ha spiegato Stephan Römer, responsabile commerciale per Monte Tamaro, come era già stato riportato nel report di Legambiente del 2023. “O si falliva o si cambiava”. 

I responsabili avevano scartato l’idea di ricorrere alla neve artificiale, troppo dispendiosa e poco sicura con l’aumento delle temperature e avevano dunque deciso di chiudere con lo sci. “Ha funzionato e in pochi anni abbiamo risanato i bilanci della società”, ha aggiunto Römer.

Dunque sono stati smantellati e venduti gli impianti di risalita e, al loro posto, sono stati creati un parco avventura alla stazione intermedia della telecabina, una slittovia e una tirolese all’arrivo dell’impianto all’Alpe Foppa. Ora per Monte Tamaro si contano più 100 mila presenze, registrate fra aprile e settembre.

Nel 2019 ha rinunciato allo sci anche Cardada-Cimetta, a sua volta poco sopra i 1.600 metri, puntando sulle passeggiate con le racchette in inverno, su percorsi di trekking in estate, parapendio e corsi di orientamento, con soddisfazione anche per le strutture recettive della zona.

Relativamente alla situazione oltralpe, l’altro caso citato è quello austriaco di Dobratsch, dove, nel 2001, l’attività sciistica è stata interrotta perché i costi di gestione erano diventati troppo alti. Gli impianti di risalita sono stati smontati e venduti, e si sono intensificate le attività di turismo dolce, all’insegna di esperienze rilassanti, rigenerative, inclusive, nel rispetto della natura, a cui si è a stretto contatto.

Pure nella Penisola mediterranea non mancano buone pratiche. In Piemonte si distinguono Valle Maira, regno del turismo slow, anche grazie al ruolo di primo piano del consorzio turistico locale, e il piccolo comune di Balme, in provincia di Torino, che ha vietato la pratica dell’eliski (sci fuoripista e freeride) e, guardando oltre, partecipa a progetti come ‘Beyond the snow’, ‘Oltre la neve’, rivolto alle località che dovranno reinventarsi per la carenza di precipitazioni nevose.

Sono indicati anche Naturavalp, associazione della Val d’Aosta promotrice di un turismo responsabile e sostenibile riunendo agricoltori, allevatori, artigiani e operatori turistici e Dolomiti Paganella Future Lab, una piattaforma in continua evoluzione, unica nel suo genere in Italia, nata per definire una visione di sviluppo turistico basato su vivibilità e qualità di vita di residenti e ospiti.

In Friuli-Venezia Giulia, a Malborghetto-Valbruna, il focus è su una rete di escursioni e percorsi, tra cui i 19 km di piste di fondo che si sviluppano dalla piana di Valbruna fino all’alta Val Saisera.

Esempi virtuosi del Bel Paese sono rappresentati anche dal lavoro della cooperativa di comunità Valle dei Cavalieri – Succiso (RE) nel parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, e quello dell’associazione Cammina Sila, in Calabria, entrambe volte a far conoscere e riscoprire i territori nella loro autenticità.

In Sardegna, in provincia di Nuoro, presso il Comprensorio Broncu Spina, l’impianto sciistico non è più attivo da tempo, ma ad attendere visitatori e turisti disposti a fare un po’ di strada a piedi ci sono tour esperienziali che si sviluppano lungo i pendii, con l’accompagnamento di una guida.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami