Gli svizzeri (proprio come gli italiani) preferiscono il cioccolato italiano

Il successo oltrefrontiera è dovuto alla qualità del prodotto, ma anche alla situazione del comparto elvetico, in lieve difficoltà e attratto dai marchi storici dello Stivale

Il cioccolato italiano piace in tutto il mondo. In base agli ultimi dati Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), nel 2022 l’export di questa eccellenza made in Italy ha raggiunto quasi le 270 mila tonnellate, per un giro di affari da 1.679 milioni di euro, secondo una crescita annua a due cifre.

Nei primi otto mesi del 2023, i volumi non hanno subito variazioni; il fatturato, invece, è aumentato del 9,5%. La Penisola mediterranea incide per il 12% sulle esportazioni mondiali del cosiddetto oro nero.

C’è in particolare un dato rilevante e, di primo acchito, sorprendente: a essere sempre di più conquistata dalla prelibatezza tricolore è la Svizzera, considerata tradizionalmente un colosso del comparto. Eppure il 2018 e il 2022 le esportazioni italiane all’interno dei Cantoni sono salite del 37% in volume e del 25% in valore, arrivando a 3.386 tonnellate e sfiorando i 29 milioni di euro.

Tra gennaio e ottobre 2023, secondo le rilevazioni della federazione dei produttori Chocosuisse, nel mercato elvetico di riferimento si è registrato un ulteriore incremento del 4,8% a volume e del 5,8% a valore. Viceversa, in Italia, nell’arco di dieci anni, è stato acquistato il 16,4% in meno di cioccolato svizzero (4.897 tonnellate).

Le ragioni sono presto spiegate. Per quel che riguarda la qualità del prodotto, quello italiano è ritenuto eccellente grazie all’impiego di materie prime di pregio, con l’uso esclusivo di burro di cacao senza altri grassi vegetali, alla lavorazione artigianale, all’equilibrio tra tradizione e innovazione del comparto. Aiuta anche la presenza di specialità diventate delle vere e proprie icone, diventate segno distintivo del made in Italy e ormai famose in tutto il mondo, dalle praline ai tartufi fino alle tavolette ripiene.

Il fenomeno, però, è anche il risultato di un quadro che, di recente, si è delineato in Svizzera, dove i produttori devono fare i conti con un mercato interno ancora lontano dalle performance messe a segno prima del biennio della pandemia e, oggi, sempre più guidato dai prodotti d’importazione. Questi ultimi sono favoriti dal vantaggioso rapporto qualità-prezzo e dalla bassa fedeltà dei consumatori ai marchi della confederazione.  

Anche i produttori elvetici stanno mostrando sempre più interesse per il cioccolato tricolore. Lo storico brand umbro Perugina, dal 1988 di proprietà della multinazionale elvetica Nestlé, ha visto un forte sviluppo nell’ultimo anno nei volumi esportati in Svizzera, grazie anche agli investimenti nello stabilimento di San Sisto (Perugia), che punta ad affermarsi sempre di più come hub internazionale di questa eccellenza.

Nel 2021 il Gruppo Lindt & Sprüngli, con casa madre a Kilchberg (Zurigo), ha rilevato Caffarel, lo storico marchio torinese creatore del gianduiotto. Negli ultimi tempi, poi, anche le produzioni toscane e siciliane, in quantità crescenti, varcano il confine.

Parallelamente, di recente, sul fronte degli studi di alimentazione e nutrizione è stato sottolineato il ruolo salutare di questa golosità che, se assunta nelle giuste dosi, potrebbe essere un vero toccasana, oltre che una delizia per il palato.

Nell’autunno 2023, per esempio, la rivista ‘Swiss Medical Weekly’ ha pubblicato una ricerca in base a cui una sostanza contenuta nel cioccolato garantirebbe ai vasi sanguigni flessibilità ed elasticità, con effetti benefici sulla regolazione della pressione, riducendo il rischio di patologie cardiache.

Il massimo si otterrebbe consumando da due a sei tavolette alla settimana. Gli esperti, però, invitano alla cautela e, confermando l’impatto positivo del cioccolato nelle dovute quantità, sottolineano che non bisogna trarre conclusioni affrettate, in attesa di ulteriori esiti scientifici.

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