Il desiderio antico di controllare il tempo. A Firenze una nuova mostra segna le “Ore italiane”

Esposti più di 60 orologi antichi realizzati tra il XV e il XIX secolo

Foto: immagini tratte dall’account ufficiale Twitter del Museo Galileo, sede dell’esposizione

Oltre 60 orologi antichi ritrovati e studiati da Gian Carlo Del Vecchio (1918-2016), uno dei più grandi collezionisti al mondo. Si tratta di pezzi molto pregiati, realizzati tra il XV e l’inizio del XIX secolo ed esposti fino al 15 ottobre al Museo Galileo di Firenze.

La mostra, intitolata “Ore italiane”, è stata curata da Antonio Lenner, presidente di Hora, l’associazione dei cultori di orologeria antica, e da Giorgio Strano, responsabile delle collezioni del Museo Galileo.

L’allestimento presenta una vasta gamma di segnatempo, inclusi i primi esemplari utilizzati nelle comunità religiose noti come “svegliatori monastici” del XV secolo, ovvero orologi meccanici utilizzati nei conventi per segnare l’orario della sveglia per la preghiera. Si possono ammirare anche complessi meccanismi di modelli astronomici.

L’esposizione fiorentina include anche strumenti per la misurazione del tempo precedenti alla diffusione dell’orologio meccanico, nonché utensili utilizzati dagli orologiai per realizzare le loro creazioni.

Sono tutti oggetti caratterizzati da una raffinata fattura, con intarsi in pietre preziose e avorio, o arricchiti dal lavoro degli ebanisti. È il caso, per esempio, di due orologi notturni menzionati come beni registrati in Palazzo Pitti alla morte di Ferdinando Maria de’ Medici nel 1713.  

Tra gli altri pezzi di pregio esposti meritano una menzione anche la “Pendola da tavola” che risale al 1670, con funzione decorativa, e i più antichi orologi da tasca, tra cui un esemplare del 1690 in argento ricoperto di pelle di pesce.

Hanno commentato i curatori della mostra: “Gli orologi storici esposti da un lato testimoniano l’ossessione umana di misurare e controllare il tempo nell’effimero tentativo di dominarlo. Un desiderio talora stigmatizzato dalle decorazioni presenti sulle casse e sui quadranti degli orologi. Dall’altro lato, alcuni esemplari raccontano storie loro proprie, che si affiancano a quella generale del progresso tecnologico”.

Lo si coglie chiaramente anche negli orologi notturni dei fratelli Campani, ideati nel cuore della Roma barocca e costruiti, come hanno spiegato i responsabili, “per esaudire il desiderio papale di sapere l’ora senza dover ogni volta accendere una candela e, soprattutto, senza fastidiosi ticchettii che disturbino il sonno”.

A corredo dell’esposizione presso il Museo Galileo sono previsti due laboratori didattici tenuti da esperti di orologeria e misura del tempo.

Nello specifico, il 30 luglio, il 27 agosto e il 17 settembre, alle ore 10.30, si terrà “La macchina del tempo. Orologi tra ruote e molle”, a cura di Andrea Palmieri.

Il 3 e 10 settembre e l’8 ottobre, sempre alle ore 10.30, sarà la volta di “Meridiane e orologi solari. Alla ricerca del “tempo vero”, a cura di Stefano Barbolini.

Quello che oggi è noto come il Museo Galilei di Firenze, situato accanto alla rinomata Galleria degli Uffizi, è Palazzo Castellani, sede dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza dal 1930. È un edificio medievale con facciata in pietra a vista e articolato in sei livelli, con finestre centinate ad archi di bugnato. Oggi è proprietà del Demanio dello Stato italiano.

All’epoca del sommo poeta Dante Alighieri era conosciuto come Castello d’Altafronte, dal nome della famiglia che ne fu proprietaria fino al 1180. In quell’anno, poi, il maniero – inserito nella più antica cinta muraria cittadina – divenne proprietà del casato Uberti. Dal 1574 al 1841, il palazzo fu sede dei Giudici di Ruota (magistrati deputati alla risoluzione di cause civili), come ricordano ancora adesso le insegne murate nell’ingresso della costruzione.

Mentre non si hanno informazioni sulle funzioni dell’edificio nel XVII e nel XVIII secolo, si sa che il palazzo fu oggetto di importanti interventi di restauro durante la prima metà dell’Ottocento.

Dopo l’Unità d’Italia, nel 1861, vi furono trasferite le collezioni dei manoscritti della Biblioteca Nazionale, che vi rimasero fino agli anni Venti del Novecento. Palazzo Castellani, in passato, ha ospitato anche l’Accademia della Crusca e il Centro Studi della “Deputazione di Storia Patria per la Toscana”.

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