Le amministrazioni locali e il puzzle delle energie rinnovabili

di Marco Nori

L’attenzione per le energie rinnovabili non è mai stata così alta – e le risorse sul piatto così importanti. È un momento storico di cambiamento di paradigma e il sistema sta iniettando molta liquidità che anche le amministrazioni locali possono convertire in investimenti e occupazione. Dobbiamo però renderci conto che queste amministrazioni locali non hanno sempre dimestichezza con il business dell’energia, in particolare delle energie rinnovabili che sono in fase di definizione tecnologica e hanno ampi margini di cambiamento.  

L’energia solare, eolica, geotermica, idroelettrica o mareomotrice hanno modalità di produzione diversissime e un mercato altrettanto diversificato. Come fa un’amministrazione locale a scegliere quella che fa al caso suo fra le diverse proposte che riceverà nel prossimo futuro?  Ci sono parametri immediati per guidare le scelte, come la presenza di aree non coltivate e assolate o coste per l’eolico, ma non sono sufficienti. In Svizzera l’eolico è particolarmente osteggiato perché si teme deturpi il territorio e così deprezzi il valore delle fattorie e degli immobili vicini. I suoi detrattori sostengono che la conformazione del territorio elvetico montagnoso non è adatto all’installazione di turbine eoliche, ma la vicina Austria, che ha una configurazione comparabile, produce sessanta volte l’energia eolica della Svizzera. In Italia, che ha migliaia di chilometri di coste sembrerebbe un’area promettente per l’eolico offshore, ma la discussione riguardo la creazione di un parco eolico al largo di Rimini è molto serrata: i pescatori non lo vogliono, il turismo ne ha una gran paura, la giunta regionale è sfavorevole.  I tribunali, le associazioni dei cittadini, le reticenze amministrative sono fattori da tenere bene in conto. 

I fattori sono tantissimi, c’è la gestione della Grid (la griglia elettrica), deve entrare in gioco la disponibilità di manodopera locale o la riconversione di alcune aree industriali già presenti. Magari c’è un polo manifatturiero già presente a cui fornire energia pulita. Il tutto può essere combinato con un occhio al marketing, come la creazione di un bollino “territorio a impatto ridotto” per la promozione del paesaggio e dei prodotti locali. Da non tralasciare anche la necessità di un supporto legale e amministrativo per aggiudicarsi i fondi nazionali o quelli della UE. È un puzzle complicato, molto complicato. Gli industriali possono – e devono – aiutare le amministrazioni a districarsi fra le varie possibilità offrendo una consulenza professionale.  

Meno visibile ma altrettanto importante è il tema della bonifica. Che fare dei siti di produzione ed estrazione dei combustibili fossili, e dei macchinari che li bruciano per funzionare? Sono decisioni che dovranno andare di pari passo con quelle della transizione energetica. Quale sarà il destino delle grandi centrali a carbone? (ebbene sì, ce ne sono ancora, in tutta Europa). Alcune di esse saranno convertite, altre saranno ormai abbastanza vecchie per essere smaltite, e qui entrerà in gioco un poderoso lavoro di bonifica di tutti i materiali pericolosi, un lavoro ineludibile, e sarà uno sforzo da mettere in conto e a bilancio.

Per vincere questa scommessa non basta avere la tecnologia ma serve la pianificazione e la concertazione perché la tecnologia sia efficiente, produttiva e anche redditizia.

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