Nei tempi di Madre Natura

di Gilda Ciaruffoli

In foto lo chef Gian Michele Galliano

Nella cucina giapponese il termine Kaiseki indica un pasto tradizionale composto da tante piccole portate. Un gioco di forme, colori e consistenze dove ogni dettaglio contribuisce alla perfezione della composizione finale. Bene, dopo un viaggio in Giappone all’inizio del 2020, lo chef Gian Michele Galliano del ristorante Euthalia di Vicoforte, in provincia di Cuneo, si è innamorato di questa cucina e ha deciso di proporla anche ai suoi ospiti. Galliano ha così eliminato la carta e oggi propone un unico menu degustazione declinabile in diverse portate. Questa filosofia evita gli sprechi: viene servito tutto quello che si cucina. Inoltre, lo chef può lavorare sulla freschezza della materia prima, almeno il 95% della quale viene prodotta dal ristorante o in un raggio di pochi km. Non dovendo seguire una carta, Galliano cucina prodotti presi nell’orto o acquistati la mattina al mercato contadino o dai piccoli produttori o raccoglitori con cui lavora. Ha quindi la possibilità di scegliere quanto di meglio si trova in quel momento nel rispetto dei tempi di madre natura.
I clienti del ristorante possono vivere una vera esperienza attraverso un percorso gustativo importante e completo, volto a far conoscere la cucina delle montagne che rispecchia i prodotti e le tradizioni delle Alpi Occidentali. Una passione, quella per le materie prime naturali e locali, che sta tutta nel nome scelto dallo chef per il suo ristorante, Euthalia, parola greca che significa “fiore che sboccia” e indica, semplicemente, “quello che desidero ottenere da me stesso e dalla mia cucina”, commenta Galliano.

Che spiega: “La cucina che propongo è estremamente territoriale, affonda le radici nell’ambiente montano in cui sono nato e vivo tuttora, andando ad attingere da tutto quello che la natura può offrirmi. Quindi, in base alle stagioni e alla reperibilità, prediligo l’uso dei pesci di fiume, delle nostre erbe spontanee montane, dalle più comuni fino a quelle meno note come l’edera terrestre e variegata, la ruta, la foglia di camomilla, l’eucalipto, l’assenzio, l’issopo… E ancora l’uso dei muschi e dei licheni, dei funghi, del legno e della terra stessa; dei nostri prodotti d’alpeggio come il latte, i formaggi, le patate di montagna, le radici e tanto altro in stretta collaborazione con molti produttori locali. Quello che desidero? Che i miei ospiti si immergano nelle nostre montagne con i profumi, i sapori a volte dimenticati, i prodotti, le sensazioni con cui sono cresciuto e che fanno parte di me e del mio essere. Come una passeggiata in montagna”.

Lo chef Gian Michele Galliano crede in un concetto vero di sostenibilità del territorio. Da sempre infatti collabora con produttori, pastori, allevatori e raccoglitori delle montagne intorno a Cuneo, territorio dove è nato e cresciuto. Piccole realtà a conduzione familiare che si tramandano da generazioni il lavoro. Il suo impegno deriva da due fattori principali: “Il primo – ci racconta – è l’amore per la terra in cui sono nato, la montagna. Ho ancora ricordi di quando, bambino, prati ben tenuti formavano delle isole verdi ben definite in mezzo ai boschi allora lindi e puliti. In estate i contadini scaglionavano i raccolti: ciliegie, ramassin, prugne, mele, castagne portate nei seccatoi che vedevamo fumare e, in ultimo, i “puciu”, messi a maturare nella paglia.

Dagli orti arrivavano patate, legumi, segale, grano saraceno, zucche e tuberi invernali. I vecchi ci raccontavano di come il paese, prima dell’arrivo del turismo, vivesse quasi in autarchia e di quanto fosse dura la vita e fossero lunghi gli inverni. Il secondo è il senso di riconoscenza per queste persone che ancora oggi vivono la montagna ed il lavoro ad essa legato come allora. I prodotti che mi consegnano sono eccezionali e, quando vengono gustati, danno una fortissima emozione. È come se tornassi indietro nel tempo. Allora capisci che vale la pena di impegnarci tutti affinché le future generazioni possano vivere su un pianeta più pulito, più verde e più giusto”. Negli ultimi mesi lo chef ha lavorato inoltre sul concetto di “abbracciare la natura completamente”, coinvolgendo anche l’arte della tavola.

Quella della mise en place, infatti, è una vera e propria arte; è attenzione al commensale e alla sua esperienza al ristorante. Così lo chef ha disegnato personalmente alcuni arredi del ristorante, come i tavoli in castagno massello (legno maggiormente presente nei boschi del cuneese), trattato a cera nel suo colore naturale e presentato senza tovaglia. I tovaglioli sono in misto lino con ricamato il logo del ristorante: accompagnano piatti realizzati con pietra e marmo nero dell’Ormea. Abili scalpellini locali hanno inciso piatti unici, rustici, dalle forme insolite, in pietra, legno, radici, scorze, ceramica e marmo della zona. Si tratta di un’antica tradizione locale tramandata da generazione in generazione. Inoltre, lo chef, accanto a pezzi unici di sua invenzione, ha inserito piatti studiati e disegnati da artisti della ceramica moderna quali il belga Pieter Stockmans, l’olandese Roos Van De Velde, la francese Sylvie Coquet e l’artigiano ceramista Pergay di Limoge. Ceramiche che rappresentano foglie, fiori e altri elementi vegetali. Artisti della ceramica e del vetro che hanno interpretato per Euthalia le bellezze naturali nell’arte della tavola.

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