Piccole vite di provincia

Leviatan di Julien Green. La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

«Non avrebbe mai acconsentito
ad apparire davanti ai suoi clienti
prima di aver prodigato alla sua tramontata bellezza
l’incoraggiamento della cipria e del rossetto»

«Che idea! Ma tutti sono disgraziati.
Se ci si dovesse muovere tutte le volte
che si ha una disgrazia,
le Compagnie ferroviarie farebbero fortuna»

Julien Green, nato a Parigi da genitori americani, ha scritto quasi tutti i suoi libri in francese ed è noto soprattutto per i suoi ponderosi Diari che coprono gran parte del ventesimo secolo, essendo lui nato nel 1900 e scomparso nel 1998. Green scrive Leviatan nel 1929 e la prima edizione italiana è del 1946, per Mondadori, nella traduzione di Vittorio Sereni che leggiamo ancora oggi, mentre nelle varie edizioni disponibili l’introduzione è affidata ad autori diversi.

Un nuovo avventore si presenta al ristorante della signora Londe, nel quale i clienti sono sempre gli stessi e, in pratica, come dei pensionanti abitudinari di cui la proprietaria conosce da sempre a memoria amori, lavoro, vita, sorte, abitudini e difetti.

Un nuovo cliente rappresenta quindi per lei una specie di sfida: chi sarà mai? Da dove verrà? Conosce già qualcuno in città? Diventerà un fedele cliente del ristorante, un habitué? Sarà solo di passaggio? Sposato? Ricco?

Mille domande sorgono e affollano la mente della signora costantemente tormentata da un’insaziabile curiosità, che vuole tutto sapere e tutto conoscere dei suoi ambìti e fedeli clienti. Ma il nuovo avventore sembra volontariamente ignorarla.

Comunque nemmeno il lettore sa chi sia quell’uomo da poco giunto in paese, visto che il narratore gli offre solo pochissime informazioni: è perdutamente innamorato della bella Angèle, una lavandaia e stiratrice che lavora in un negozio, ma sposato con Marie. Sembra infelice, ma, forse tutti gli innamorati lo sono. O sarà perché Angèle ha accettato quasi con indifferenza l’anellino con zaffiro che le ha regalato e che lui ha subdolamente sottratto a sua moglie …

Il lettore scoprirà assai più tardi i pensieri e le reazioni interiori di Angèle al dono fattole e anche quello che ha pensato dell’uomo appena conosciuto, visto che il narratore ritornerà sull’episodio qualche capitolo più in là, capitolo in cui il lettore conoscerà meglio i due personaggi per ora incontrati solo in modo assai superficiale, una sera, su una passerella in un piccolo paese nei dintorni di Parigi percorso da due fiumi.

Ma torniamo alla curiosissima signora Londe, che si sta arrovellando il cervello a proposito del nuovo cliente e che si ingegna a coordinare e a mettere in atto tutte le sue poco discrete strategie per provocarne il ritorno nel ristorante, non esitando nemmeno a inventare e improvvisare in presenza degli altri meravigliatissimi frequentatori che «il primo pasto di un nuovo cliente è regalato». Cosa che – purtroppo per lei – non sembra avere alcun effetto su di lui.

Questi i primi sommari elementi dei profili di alcuni personaggi. I loro ritratti sia fisici che morali e le loro evoluzioni psicologiche saranno poi elaborati, completati e dettagliati dal narratore che ce li centellinerà con dovizia di particolari penetrando nelle loro menti agitate da incontrollabili passioni, ad ogni loro nuova apparizione.

André, l’allievo privato di Paul Guéret (così si chiama il nostro protagonista), è l’unico figlio della ricca ma già anziana coppia Grosgeorge e la cui madre (che fu assai bella e affascinante e che da troppi anni è infelice e tormentata) è costantemente impegnata in una strenua, diabolica lotta per ottenere una rivalsa sociale (che certo non raggiungerà mai) anche grazie al futuro del figlioletto non proprio all’altezza delle sue pretese.

La sua crudeltà, nata dall’insoddisfazione e dalla frustrazione si riversa sul povero bambino, che obbliga a studiare malgrado la sua svogliatezza o la sua poca capacità e che sta privando della gioia di ridere, uscire, giocare, divertirsi, vivere, contrastando sistematicamente il parere dell’insignificante (ai suoi occhi) marito che vorrebbe vedere il figlio più libero, più socievole e più complice dei ragazzini della sua età, invece di costatarne sistematicamente la tristezza e la profonda infelicità.

Durante un’accesa discussione che movimenta una cena attorno alla tavola imbandita della signora Londe, in cui tutti gli habitués sono presenti e ai quali viene ad unirsi Guéret, quest’ultimo intuisce tra le battute dei suoi commensali alcune allusioni alle attività extra lavorative di Angèle che il lettore attento aveva già potuto immaginare o indovinare.

Infatti, la giovane donna pratica (con l’aiuto e il benestare della «zia» Londe) il più antico mestiere del mondo concedendosi a turno ad ognuno degli avventori del ristorante e forse pure a qualche altro, anche se il narratore insiste a differenziarla dalle peripatetiche che offrono i loro charmes ai migliori offerenti in una zona ben precisa del paese.

La notizia coglie di sorpresa l’ingenuo Guéret sprofondandolo in un abisso di dubbi, di tristezza e di disperazione che hanno conosciuto solo coloro che sono caduti in preda ai più crudeli attacchi di Eros.

E qui lasciamo i nostri personaggi per non rivelare troppo sullo svolgimento del romanzo, che continuerà ulteriormente ad indagare nelle profondità dell’animo umano. Il Leviatano, infatti, è qui simbolo dell’immateriale caos nel quale si trovano a dover lottare tutti i personaggi travolti dalle smodate passioni che li abitano e travolgono: curiosità, passione amorosa, istinto di rivalsa.

Julien Green
Leviatan (romanzo)
GUANDA

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