Stampa 3D applicata ai Beni Culturali

Giulio Bigliardi di 3DArcheoLab ci racconta l’artigianato digitale

Parliamo ancora di percorsi alternativi nei musei come quelli tattili per favorire la fruizione artistica dei non vedenti, ma dal punto di vista dell’innovazione tecnologica. A parte alcuni casi come il Museo Real Bosco di Capodimonte a Napoli o gli Uffizi a Firenze che propongono itinerari esplorativi con il tatto di alcune opere originali (con guanti monouso), si tratta quasi sempre di riproduzioni in stampa 3D di reperti archeologici, sculture, elementi architettonici e addirittura dipinti. Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, per ampliare il suo percorso tattile con copie fedeli di reperti in ceramica e in legno, si è rivolto a 3DArcheoLab, un vero laboratorio di Fabbricazione Digitale specializzato nei Beni Culturali con finalità non solo di ricerca e conservazione, ma anche di valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale. Infatti suo è il progetto 3D Virtual Museum, primo museo virtuale che ospita i modelli 3D di quasi 600 opere provenienti da oltre 100 musei italiani, fruibili on-line e gratuitamente. E noi abbiamo incontrato Giulio Bigliardi, presidente di 3DArcheoLab nonchè ideatore, per comprendere meglio questo settore di nicchia in continua crescita.

Ci può raccontare in breve com’è nata 3DArcheoLab e perché?

Io sono un archeologo di formazione e da anni collaboro con i musei. Mi sono avvicinato per passione alla tecnologia di rilievo 3D e alle ricostruzioni virtuali applicate all’archeologia. Nel 2013 ho scoperto la stampante 3D (anche se è un’invenzione degli anni ’80) e desideravo comprenderne le potenzialità; già qualche anno prima era stata presentata al Maker Faire Rome (importante evento europeo sull’innovazione). C’era interesse da parte dei musei ma anche scetticismo: a volte si è lenti a percepire il cambiamento. Poi tutto è decollato. Le prime richieste hanno riguardato proprio i percorsi tattili in quanto si iniziava a parlare di accessibilità e alcuni musei ci hanno commissionato copie fedeli agli originali da poter toccare nelle mostre. Al Museo Nazionale Etrusco di Marzabotto, per esempio, abbiamo realizzato un itinerario composto da mappe tattili con stampe a rilievo e repliche in stampa 3D di alcuni reperti archeologici. Mentre un tempo ero io a recarmi nei musei per spiegare le potenzialità di questa tecnologia, adesso sono loro a chiamarmi.

E quali sono i principali motivi e le situazioni più frequenti per cui i musei, gli enti culturali e i siti archeologici si rivolgono a voi? Ci può fare qualche esempio?

Può capitare che un museo abbia bisogno di copie per sostituire gli originali fragili come il caso della riproduzione in scala 1:1 e a colori reali della statua di san Giuseppe nel santuario di San Giuseppe Vesuviano che, per problemi di conservazione, non può più essere portata in processione o magari si tratta di un bassorilievo murato per cui ci viene richiesta una replica fedele in occasione di una mostra. Il CREDEM di Reggio Emilia ci ha commissionato la copia di un busto in marmo di età romana destinato all’area archeologica musealizzata e quindi aperta al pubblico. Poi ci sono i prestiti per cui c’è necessità di riproduzioni realistiche per non lasciare le postazioni vuote. Collaboriamo anche nei restauri integrativi per ricreare porzioni mancanti di un oggetto come per la statua di Cornelio di Ostiglia o a Palazzo Ducale di Mantova dove abbiamo realizzato una cornice architettonica o recentemente in Svizzera quando siamo intervenuti su un vaso a figure nere. Produciamo anche copie per motivi di studio e ricerca o da utilizzare nei laboratori didattici con le scuole o per il merchandising museale ma soprattutto per l’allestimento di percorsi tattili per ciechi e ipovedenti. Per il Museo Glauco Lombardi di Parma abbiamo riprodotto due opere in gesso realizzate da Antonio Canova: l’Erma di Maria Luigia d’Asburgo e il busto di Napoleone. Inoltre realizziamo in stampa 3D dipinti fruibili attraverso il tatto come la Gioconda e la Madonna Sistina di Raffaello. Le situazioni sono quindi varie e dipende ogni volta dagli obiettivi e ovviamente dal budget.

A proposito di risorse economiche, immagino che allestire percorsi museali paralleli per disabili visivi e mettere a disposizione ulteriore spazio per le copie di originali comporti dei costi aggiuntivi…è per questo che non tutti i  musei offrono simili proposte?

Senza dubbio c’è la questione di dove allocare le risorse. Nel caso del target degli ipovedenti, essendo magari una percentuale esigua, molti musei decidono di investire in altra direzione.

Quale valore aggiunto offre la stampa 3D rispetto alle tecniche tradizionali?

Oggi non ci sono molte possibilità: prima si ricorreva a calchi in forma siliconata o in gesso sull’originale (tecnica ancora utilizzata in qualche ambito) ma certe sostanze possono danneggiarlo per cui da alcuni anni non è più permesso. La scelta è oramai obbligata e la stampa 3D permette riproduzioni in tempi rapidi e con costi contenuti che dipendono ovviamente dalla tecnologia utilizzata. Infatti le tecnologie di stampa sono numerose e differenti tra loro e ogni volta consigliamo quella più adatta a seconda dell’oggetto da riprodurre, del materiale più simile a quello originale e della finalità. Parliamo di uno spettro di materiali che vanno dalla ceramica ai metalli (bronzo, rame, ottone, ferro, argento e oro), dalla pietra al marmo, al legno e alla plastica, quest’ultima più economica, adatta per esempio per i laboratori didattici. In stampa 3D possono essere riprodotti oltre 6 milioni di colori e texture realistiche di oggetti.

Cosa significa realizzare copie così fedeli alla realtà tanto da privilegiare il tatto piuttosto che la vista?

Quando tocchiamo facciamo un altro tipo di esperienza: il materiale conta molto, la superficie varia così come il peso. Toccare piace a tutti e abbiamo notato in questi anni che i percorsi tattili sono molto apprezzati anche da persone vedenti. Toccando si acquisiscono più informazioni: io stesso da archeologo reputo più interessante tenere in mano un oggetto ed esplorarlo da diverse angolazioni.

Fotogrammetria automatica, scansioni a luce strutturata, scultura digitale, finitura dei prototipi con tecniche di post-lavorazione manuale, quali skills e competenze occorre avere e quanto tempo per diventare dei  bravi  “artigiani digitali”?

A livello di formazione strutturata per la stampa 3D c’è ancora poco, forse qualche seminario o focus tematico nelle facoltà di design e di architettura o nelle accademie d’arte. Io sono un autodidatta che si è avvicinato a questa tecnologia per passione e non è una professione facile: oltre alle capacità personali, la post lavorazione dei prototipi, in particolare, richiede l’acquisizione di specifiche tecniche che si affinano attraverso sperimentazioni continue. Dai corsi che proponiamo (dal 2014 3DArcheoLab organizza una formazione mirata sulle tecnologie di Fabbricazione Digitale) vedo che a richiederli sono soprattutto archeologi e restauratori quindi professionisti che hanno un background in Beni Culturali. Chi si occupa oggi di stampa 3D se ne occupa a 360 gradi. Il nostro è un mercato di nicchia. Un po’come avveniva nelle botteghe rinascimentali: tanta ricerca artistica e apprendistato.

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