Svizzera e Italia unite nella lotta contro il tifo violento nel calcio

Le autorità elvetiche stanno prendendo duri provvedimenti per arginare il fenomeno dell’hooliganismo, combattuto anche nella Penisola mediterranea

A gennaio 2024, dopoché la partita tra FC Zürich e FC Basel è finita 0-0, si sono verificati numerosi disordini poco distante dallo stadio. Un centinaio di tifosi dello Zurigo, infatti, si sono scontrati con la polizia in una stazione ferroviaria di Altstetten, nell’omonimo sobborgo di Zurigo. Ci sono stati vari tafferugli, con lanci di sassi ed esplosioni di razzi e fuochi d’artificio. Pochi giorni dopo la autorità elvetiche sono intervenute in maniera severa, mostrando la ferma volontà di reprimere il fenomeno dell’hooliganismo.

La Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia (l’organismo che riunisce i ministri cantonali responsabili delle forze dell’ordine) ha classificato l’incidente avvenuto ad Altstetten come un episodio di grave entità. È stato pertanto stabilito che, per la successiva partita in casa dell’FC Zürich, un intero settore dello stadio sarebbe stato chiuso e inaccessibile al pubblico.

“Non vogliamo più accettare la violenza della tifoseria e stiamo prendendo le misure necessarie”, ha dichiarato la co-presidente della Conferenza Karin Kayser-Frutschi. Nelle ultime settimane, per problemi simili legati a un tifo violento, analoghe decisioni sono state prese a Berna, Losanna, Lucerna e San Gallo e, puntualmente, hanno suscitato numerose polemiche.

Le tifoserie, in particolare, hanno contestato la decisione dell’autorità ritenendola una sorta di “punizione collettiva”. Nel caso dell’FC Zürich, la decisione ha comportato che, a causa del comportamento di un centinaio di facinorosi, 4.000 persone – comprese coloro che sono titolari di abbonamenti allo stadio – fossero private dei loro posti abituali. In diversi impianti sportivi sono stati esposti striscioni di protesta contro le misure adottate, mentre le tifoserie di alcuni club – tradizionalmente rivali – avevano programmato una manifestazione congiunta a Berna, prima di abbandonare l’idea.

Anche i club hanno espresso la loro insoddisfazione. Il presidente dell’FC Zürich Ancillo Canepa, ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera tedesca ‘SRF’, ha sottolineato che gli scontri del mese scorso sono avvenuti a qualche chilometro dallo stadio, al di fuori del “raggio d’azione” della squadra e dei suoi responsabili. Insieme ad alcuni tifosi, Canepa ha fatto ricorso contro la decisione e ha chiesto ai tribunali di chiarire la legalità di tali misure.

È stata coinvolta anche la sfera politica. Alcuni deputati di sinistra del parlamento di Zurigo hanno chiesto – invano – di revocare la decisione che secondo loro sarebbe “populista”, definendola un “segnale d’impotenza”. Il quotidiano di sinistra ‘Woz’ ha scritto che regole così rigide sono tipiche dei “politici conservatori” attenti alla carriera. Stephanie Eymann (PLR, partito destra) di Basilea ha replicato dalle colonne della testata ‘Neue Zürcher Zeitung’: “Perché la gente è arrabbiata con le autorità e non con i teppisti?”.

Intervistato da ‘Basler Zeitung’, Mark Burkhard, presidente della Conferenza svizzera dei comandanti delle polizie cantonali (CCPCS), ha spiegato che le misure stanziate contro gli hooligans non intendono rappresentare una forma di punizione collettiva e di limitazione delle libertà personali. Tuttavia, l’alto numero di tifosi coinvolti negli episodi di scontri e altri atti violenti ne rende difficile l’identificazione e l’arresto.

Il presidente della CCPCS, che è anche comandante della polizia cantonale di Basilea Campagna, ha dichiarato di “voler semplicemente che cessi la violenza associata alle partite di calcio”.

Secondo Burkhard, inoltre, è attualmente in fase di elaborazione un modello a cascata per standardizzare i provvedimenti contro i disordini in Svizzera. Il progetto prevedrebbe misure quali il controllo degli accessi, la riduzione o il divieto dei settori per gli ospiti e l’obbligo di istruzioni all’arrivo. In base a questo approccio, se i provvedimenti citati non sortissero l’effetto desiderato, l’extrema ratio a cui ricorrere sarebbe la vendita di biglietti personalizzati, dunque con l’obbligo di identificazione per l’acquirente (cosa che, al momento, i club sportivi non sono autorizzati a fare).  

In Italia, per contrastare il crescente fenomeno della violenza negli stadi di calcio è stato previsto il Daspo, il Divieto di accedere a manifestazioni sportive, regolato dalla Legge 13 dicembre 1989 n. 401.

È una misura di tipo amministrativo, non penale, disposta dalla Questura in tutti quei casi in cui un soggetto, ritenuto pericoloso, pone in essere atti o condotte che possono essere considerate violente, intimidatorie, minacciose.

Il Daspo può scattare in conseguenza di comportamenti e azioni che mettano in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico, come, per l’appunto, accade talvolta in occasione di alcune partite di pallone. Il divieto di entrare negli stadi può durare da uno a cinque anni.

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