Ti clicco, ti leggo e…ti lascio: i media e la sfida della digitalizzazione

Di Giorgia Reclari Giampà

In foto i relatori (da sinistra): Barbara Stefanelli, Colin Porlezza e Veronica Alippi

C’è una sfida che più di tutte sollecita il mondo dei media, pubblici o privati che siano. Questa sfida si chiama digitalizzazione. Una sola parola che nel concreto significa saper usare nel migliore dei modi le possibilità messe a disposizione dalle nuove tecnologie. Strumenti che vanno poi declinati in un nuovo linguaggio capace di attirare l’attenzione del pubblico, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Un flusso enorme di informazioni che rischia di travolgere ognuno di noi. La sfida, per ora non ancora vinta, sta nel sapere coinvolgere le persone, nel dar loro una gerarchia delle notizie, degli approfondimenti interessanti, stimoli per rimanere sulla pagina o sul sito che si è scelto, ben sapendo che basta un solo clic per passare ad altro… E nell’amara consapevolezza che le entrate pubblicitarie legate al web finiscono in gran parte nelle casse dei giganti del settore.
Cosa stanno facendo i media pubblici e privati, come si posizionano la SSR – e la RSI in particolare – in quella che tutti ormai chiamano la rivoluzione digitale?

Se ne parlerà nel nuovo evento online promosso da CORSI e Associazione ticinese dei giornalisti (ATG) in programma martedì 11 maggio alle 20.30 in diretta sulla pagina Facebook e sul sito della CORSI. Ospiti della serata saranno Barbara Stefanelli, vicedirettrice del Corriere della Sera, Veronica Alippi, responsabile dell’Informazione Radio della RSI, Colin Porlezza, professore dell’Università della Svizzera italiana ed esperto di mass-media. Modera la serata Roberto Porta, presidente ATG. Per ricevere il link della diretta ci si può iscrivere all’evento inviando un’email a info@corsi-rsi.ch.

Due voci di spicco nel dibattito sui media
Il tema dello sviluppo dei media e della digitalizzazione è al centro anche del dibattito politico a livello federale. Nel numero del 12 marzo abbiamo scritto del pacchetto di aiuti ai media online approvato dal Consiglio nazionale, favorevole anche a una modifica della legge radiotelevisiva che limiterebbe i contributi della SSR sul web. Una decisione che pone non pochi problemi al servizio pubblico dei media, che si è posto come obiettivo strategico a breve termine di arrivare a una proporzione del 50%-50% tra contenuti lineari e digitali, per poter meglio adempiere al suo mandato e adeguarsi alle mutate abitudini del pubblico. Il dossier ora è passato al Consiglio degli Stati e la sua Commissione per le telecomunicazioni e i trasporti ha recentemente chiesto all’unanimità di stralciare la proposta di modifica di legge. Il dibattito è quindi aperto, il confronto fra chi sostiene un servizio pubblico forte e chi invece teme che i privati vengano sfavoriti dalla concorrenza della SSR è acceso. Sul tema abbiamo sentito due voci autorevoli, che si situano su posizioni divergenti: la storica Nelly Valsangiacomo, professoressa ordinaria di storia contemporanea all’Università di Losanna e il consigliere nazionale ticinese Marco Romano. Riportiamo alcuni estratti delle interviste. I testi completi, con le riflessioni degli intervistati sul futuro della SSR, si trovano su www.corsi-rsi.ch.

“Si è entrati in una fase di tagli, spesso lineari, ma quali sono le vere visioni strategiche?”
Qualche settimana fa il Consiglio nazionale ha approvato il pacchetto di misure in sostegno dei media, nel quale è compresa una modifica alla legge per la Radiotelevisione, che limita molto la pubblicazione di contenuti online della SSR. Pochi giorni fa la Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni, all’unanimità, ha chiesto di stralciare questa modifica. Nelly Valsangiacomo, come interpreta questi segnali nei confronti del servizio pubblico radiotelevisivo da parte del mondo politico?


“Il fatto che la Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni abbia unanimemente richiesto di stralciare una modifica fortemente lesiva per la radiotelevisione di servizio pubblico mi pare aprire uno spiraglio di speranza dopo anni in cui l’attenzione del mondo politico nei confronti della SSR si è concentrata soprattutto sull’aziendalizzazione e il risparmio. Le due richieste secondo alcuni procederebbero in parallelo; io non sono di questo parere, credo infatti che non ci sia bisogno di aziendalizzare un ente di servizio pubblico per renderlo più efficace, anzi sono convinta che questo lo svuoti della sua vera sostanza. Inoltre, “si può fare bene con meno” è un ritornello che a mio avviso a questo punto andrebbe sostituito con “non si può fare abbastanza con troppo poco”. Certo è difficile trovare i giusti equilibri, ma quello che spero è che si prenda atto del ruolo che svolge il servizio pubblico radiotelevisivo in un sistema democratico e soprattutto in un periodo di difficoltà del giornalismo di qualità.”
In un’opinione pubblicata il 2 aprile su La Regione, lei afferma che “la campagna contro la No Billag sembra essere stata una semplice – discorsiva – parentesi rosa in una visione budgetaria, manageriale e poco trasparente di tale (del servizio pubblico, ndr.) mandato”.  Come arriva a queste conclusioni?
“[…] Come ho tentato di spiegare nell’articolo che lei cita, e al quale mi permetto di rinviare per una risposta più completa, questo momento di valorizzazione del proprio ruolo si iscrive in un periodo storico in cui la SSR è stata spinta ad abbandonare la maggior parte degli elementi di ente a gestione orizzontale a favore di un sistema sempre più verticale e managerializzato, abbinato a un sistema concorrenziale. Questa nuova visione, interpretata all’eccesso, ha anche tolto molto potere alla CORSI, quale organo di controllo. Da allora, si è entrati in una fase di tagli, spesso lineari, che spingono a domandarsi quali siano le vere visioni strategiche […]”.

“Produzioni della SSR ad hoc per i nuovi media? Sono molto scettico”
Marco Romano
, consigliere nazionale e membro della Commissione delle telecomunicazioni e dei trasporti, da anni sostiene la necessità di limitare “l’enorme disparità di risorse” tra la SSR e i privati. Già in una mozione del 2015 chiedeva che i siti web della SSR fossero limitati a piattaforme di contenuti audio e video relativi alle sue trasmissioni. Qual è la sua posizione oggi su questo punto?
“Mettendo il focus sulla realtà nazionale e su quella delle singole regioni linguistiche emerge un quadro differenziato e dinamico con una significativa presenza di attori privati che offrono un flusso continuo e approfondimenti di valore. Pensiamo alla realtà ticinese, con vari siti legati a gruppi mediatici e singole iniziative private interessanti. Legittimamente grazie al canone, la SSR dispone di una “capacità produttiva” nettamente superiore rispetto ad ogni realtà privata che cerchi di offrire un servizio simile. La disparità di risorse umane e tecniche in gioco è enorme. Di fronte a questo quadro penso che sia opportuno veicolare nell’online della SSR solo la grande offerta (informazione, intrattenimento, cultura, approfondimento, sport, ecc.) già sviluppata per i vettori tradizionali, adattandola al formato. La parte scritta può essere limitata focalizzando sulla messa a disposizione di audio e video già prodotti. In questa maniera si limita la distorsione di chi si muove senza i benefici del canone e di una struttura globale come la SSR. A beneficiarne sarebbe il complesso di iniziative nazionali e locali, con maggiore pluralità e maggiori opportunità di sviluppo”.
Come considera il fatto che il mandato della SSR prevede che il servizio pubblico sia presente dove si trova il pubblico, quindi sempre più sui media digitali?
“Nessuno mette in dubbio la presenza online. Il volume prodotto per televisione e radio è notevole e di grande qualità. Diffonderlo, riprodurlo e adattarlo ai nuovi canali (media digitali) è essenziale e il margine di sviluppo è ancora grande. Occorre tenere in considerazione lo sviluppo tecnologico e le tendenze dei consumatori portando l’offerta nei canali corretti. Come esposto, in un ambito dove gli attori privati – sia quelli finanziati anche con una parte del canone sia quelli totalmente privati – riescono a generare pluralità, la SSR deve posizionarsi con misura nell’ottica di favorire lo sviluppo di una molteplicità di offerte. Sono quindi molto scettico in relazione alle produzioni ad hoc per i nuovi media […]”.

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