Bye Bye dollaro? Cina e Russia vogliono una nuova moneta internazionale

Il tempo scorre inesorabile e mentre la guerra porta con sè il carico di morte e disperazione, neppure le conseguenze politiche si fanno attendere rimandandoci un quadro mondiale di tensioni e polarizzazioni che vede da un lato i Paesi occidentali stretti attorno a G7, UE e NATO, dall’altro ONU, G20 e OMC che si rivelano sostanzialmente impotenti.

Sul fronte economico se BCE e FED sono chiamate a nuove politiche monetarie che combattano l’inflazione senza soffocare ulteriormente la crescita. Neppure il dollaro sta passando un bel periodo se si pensa che potrebbe perdere il ruolo di valuta di riferimento, scalzato da una moneta internazionale alternativa a cui starebbero pensando Russia e Cina.

Anche sul versante energetico le tensioni non mancano: i leader europei discutono con Putin in quale valuta pagare il gas (strizzando l’occhio all’Algeria) e nel frattempo Biden ordina di ricorrere alle riserve strategiche di petrolio nel tentativo di aumentare l’offerta e ridurre il prezzo.

Tuttavia, il vero nodo è che la guerra ha mandato all’aria tutti i piani di tornare alla situazione pre-Covid, soprattutto quelli della BCE che avrebbero dovuto rimuovere progressivamente le misure espansive adottate dal 2014 in poi, prima azzerando i nuovi acquisti di titoli (il QE), e di seguito eliminando i tassi d’interesse negativi.

Il conflitto ha quindi peggiorato la situazione determinando l’aumento dell’inflazione nell’area euro e una crescita più bassa di quanto previsto anche solo pochi mesi fa.

Nel mese di marzo l’inflazione si è attestata attorno al 7,5% e in particolare al 7,3% in Germania, fatto che ha scatenato la pressione sul Consiglio della BCE perché avvii rapidamente la normalizzazione e si freni l’indebolimento dell’euro.

Naturalmente non manca chi sostiene che l’inflazione è determinata dall’aumento dei prezzi dell’energia e degli alimentari, fattori che pesano sull’offerta e contro i quali la politica monetaria può fare ben poco. Senza contare la transizione energetica che inevitabilmente porterà – almeno all’inizio – conseguenze inflazionistiche.

Il quadro generale non è rassicurante e a destare perplessità è la mancanza di comunicazione da parte dell’attuale presidenza della BCE.

Eravamo abituati a Mario Draghi e alla difesa ad oltranza dell’euro dai falchi nordeuropei e dunque lascia un po’ perplessi l’attuale vuoto di informazioni della BCE ai mercati, alle opinioni pubbliche, agli operatori economici che rischia di minare la credibilità della istituzione e dunque le manovre future, tanto più che fonti autorevoli affermano che Russia e Cina starebbero collaborando per creare una nuova moneta internazionale alternativa al dollaro.

Pare infatti che meno di un mese fa si sia tenuto in Armenia un incontro fra esponenti dell’Unione Economica Euroasiatica (EAEU) e alcuni accademici di una delle principali università cinesi per delineare i termini di un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale. Secondo l’ISPI, l’evento è stato notificato sul sito dell’Unione Economica Euroasiatica, ma la pagina che ne dava notizia è stata cancellata immediatamente. Il comunicato stampa annunciava l’imminente pubblicazione di un piano per creare una nuova moneta internazionale fondata su un paniere di valute e di metalli preziosi. La notizia comunque appare assai verosimile. I motivi sono numerosi:

1) l’Unione Economica Euroasiatica è una zona di libero scambio e di cooperazione economica che unisce la Russia con altre repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale e proprio nel 2018 l’EAEU ha stipulato un accordo di libero scambio con la Cina che rappresentava, ancor prima delle riduzioni tariffarie previste dall’accordo, circa il 20% degli scambi con l’estero dell’Unione.

2) il progetto di creare un nuovo sistema economico e finanziario euroasiatico non è recente e trova fondamento nella volontà delle due Potenze di non utilizzare valute “di Paesi terzi” e di fare ricorso a nuovi sistemi di pagamento per consentire gli scambi e l’accesso alle materie prime per rafforzare i rapporti fra EAEU e Belt and Road Initiative (BRI).

3) la Russia vuole trovare un’alternativa al dollaro dopo l’imposizione delle sanzioni e insieme alla Cina sono dell’idea che il valore di questa nuova moneta debba essere fondato sulle materie prime.

La teoria è di antica memoria keynesiana e siccome gli indizi che si stia andando in quella direzione sono più di tre, possiamo dire raggiunta la prova della volontà dell’operazione.

Infatti:

1) Arabia Saudita e Cina starebbero contrattando per pagare il petrolio in yuan.

2) La guerra in Ucraina sta erodendo le basi dell’egemonia monetaria americana. Intendiamoci: il dollaro rimane una valuta credibile soprattutto per gli operatori privati quantomeno in termini di liquidità degli investimenti, ossia di pronta convertibilità in contanti. Ma se quegli stessi operatori iniziano a dubitare del potere di acquisto del dollaro (come può accadere con l’inflazione in aumento) potrebbero decidere di trasformare la propria ricchezza monetaria in una forma dotata di un valore intrinseco, acquistando materie prime e facendone salire il prezzo.

3) In un contesto inflativo, gli investitori privati, saranno tentati di convertire le loro attività non in denaro contante (che avrà minore potere d’acquisto) ma in una moneta internazionale il cui valore è ancorato ad un paniere di materie che varrebbero più di quelle fondate sulla liquidità dei mercati finanziari. 

Il fatto è che guerra o non guerra molte decisioni sono state prese e vanno nel senso di una rottura delle regole esistenti e poichè il ritorno dello status quo ante non può avere luogo, sarebbe opportuno giocare d’anticipo e proporre una riforma concertata del sistema monetario internazionale.

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