Camilleri e la saggezza della parola

Dall’alto del suo palco, davanti ad un pubblico risicato che quasi si perde nella spianata d’erba di Villa Raggio, a pochi chilometri da Piacenza, Grillo non ha potuto fare a meno di omaggiare Camilleri, nel suo stile, per nulla elegante: “Alzi la mano chi ha davvero mai letto un suo libro. Io mai … tutto in dialetto”.

Ecco. Prendere o lasciare, questa comicità.

Lasciare. Non solo perché la sentenza che “il comico non deve avere rispetto di nessuno” è fondamentalmente discutibile. Ma soprattutto perché, mentre si riferiva certamente alle indagini del Commissario Montalbano, il più famoso tra i personaggi creati da Camilleri, Grillo ha dimenticato che lo scrittore è stato molto di più, che “il padre” di Montalbano. Camilleri, come ha scritto Ottavio Cappellani (Linkiesta 18.07.19) è stato drammaturgo, un Papa della letteratura e prima di tutto “l’anziano saggio di cui l’Italia ha bisogno”.

Con la sua Sicilia – che così come da lui descritta non esiste – e il suo commissario – che nemmeno esiste – Camilleri è stato un artigiano della parola capace di emettere “sentenze” così come le voleva sentire il pubblico.

Nel panorama degli autori, Camilleri è stato capace di tracciare una serie di personaggi che hanno interessato l’Italia con i suoi cambiamenti sociali, esprimendo atteggiamenti e comportamenti della società italiana.

Se nella narrazione, noi tutti, strutturiamo, interpretiamo, gerarchizziamo gli eventi e il mondo, diamo un senso cronologico e logico a quanto ci circonda, ecco che Camilleri ha portato l’occhio di regista. È stato in grado di far sì che le figure da lui create potessero impersonarsi pienamente con il personaggio che rappresentavano e capaci di “sostenere” la trama. Il commissario Montalbano come l’agente Catarella, tra tutti, designano percorsi di vita dove emozioni, gioie, dolori, traumi, risoluzione e resilienza si incarnano nello spazio del racconto.

Contro l’analfabetismo sentimentale ed emotivo che dilaga, rileggere Camilleri e riprendere il suo lavoro, il comportamento, frasi e pensieri dei suoi personaggi ma anche, forse soprattutto, il non-detto, il silenzio, è importante. Perché il silenzio, tratto così siciliano dei personaggi di Camilleri, è un vuoto che il lettore è invitato a riempire con le emozioni che trae dai personaggi, per arrivare a riscoprire, attraverso questi fotogrammi emotivi, le proprie capacità di sentimento.

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