Friedrich von Hayek. L’uomo che vinse due volte

di Amedeo Gasparini

Friedrich von Hayek è stato tra i sociologi e gli economisti più rivoluzionari del secolo scorso. Tra Austria e Inghilterra, Germania e Stati Uniti il Nobel scomparso il 23 marzo 1992 ha rivoluzionato il pensiero economico liberale. La sua famiglia discendeva dalla Moravia e gli antenati erano proprietari terrieri che nell’Ottocento intrapresero la via del tessile in Austria. Il nonno materno faceva lunghe camminate in montagna con Eugen von Böhm-Bawerk, allievo di Carl Menger, ministro delle Finanze dell’impero austroungarico. Il padre, August von Hayek era un medico e appassionato di botanica. Voleva che il figlio facesse una carriera universitaria, dal momento che, a differenza del cugino Ludwig Wittgenstein, non aveva un enorme patrimonio familiare. Quando nel marzo 1917 compì diciott’anni, dopo il Gymnasium, von Hayek si arruolò nell’esercito austriaco per il quale combatté anche in Nord Italia.

Dopo la Grande Guerra iniziò a frequentare l’università di Vienna: l’esperienza bellica lo scosse profondamente. Fu nelle trincee che nacque l’interesse per le scienze naturali e sociali, ma le conseguenze del trattato di Saint-Germain costrinsero l’università a chiudere. Nel 1920 andò a Zurigo e poi in Norvegia. Rinunciò alla carriera diplomatica, dati gli interessi verso l’economia e la psicologia. Nel 1923 conseguì un dottorato in Scienze Politiche. Si laureò con Friedrich von Wieser, cognato di Böhm-Bawerk. Poi si presentò a Ludwig von Mises, che gli procurò i fondi per andare a studiare negli Stati Uniti. A Vienna conobbe Jeremiah Jenks, professore alla New York University, che gli insengò le nozioni sulla libera fluttuazione dei prezzi. A New York, seguì di nascosto dei corsi alla Columbia e poi trovò i finanziamenti per costruire un istituto per la ricerca sulle congiunture economiche.

Nonostante le lettere di presentazione di Joseph Schumpeter, non trovò lavoro. Poco prima di iniziare a fare il lavapiatti sulla sesta strada venne raggiunto telefonicamente da Jenks che gli offrì un posto a cento dollari al mese. Nel 1924 Friedrich von Hayek ricevette una borsa Rockefeller, ma decise di tornare a Vienna, dove lo attendeva una cattedra. Influenzato da Menger, che con William Stanley Jevons e Léon Walras fu tra i primi a introdurre il concetto di utilità marginale, von Hayek divenne uno dei massimi conoscitori della teoria monetaria. Chiamato alla London School of Economics, dove rimase dal 1931 al 1950, iniziò a frequentare Bertrand Russell, Benedetto Croce e Marcel Proust. In Carinzia, si innamorò di una cugina, Helene Bitterlich. Nel 1938, anno dell’Anschluss dell’Austria, ottenne la cittadinanza britannica. Allora si definiva un liberale burkiano.

Tornò quindi in Austria per un saluto ai famigliari: in treno incontrò Wittgenstein, da cui apprese che Helene si era separata dal marito e dunque poteva sposarlo. Nel 1944 uscì l’opera più famosa di Friedrich von Hayek: The Road to Serfdom. Il libro divenne popolare anche grazie al riassunto del Reader’s Digest. Nacque in opposizione al socialismo, ma l’autore criticava il meccanismo di collettivizzazione, nonché la nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Affermò che la pianificazione economica e il collettivismo conducono al totalitarismo. Gli accademici del tempo snobbarono il volume. John Maynard Keynes invece espresse parole di apprezzamento e scrisse una lettera a Hayek. Keynes giunse «alla conclusione che i pericoli erano molti ma che in un paese in cui le persone tendono verso il giusto, certi pericoli possono essere evitati». Si sa come andò. Winston Churchill apprezzò molto il libro.

Con Hayek si incontrarono una volta alla LSE, dove sorseggiando brandy e con l’aria da ubriaco, l’anziano Primo Ministro intrattenne gli ospiti con uno dei suoi memorabili discorsi. Nel 1947, a Mont Pèlerin, sopra Vevey, Friedrich von Hayek diede vita alla omonima Society, un consesso di intellettuali liberali. Nel 1960 pubblicò The Constitution of Liberty. Poi si trasferì all’Università di Chicago, dove incontrò Milton Friedman e John Nef. All’Università di Friburgo rimase dal 1962 al 1968. Dal 1970 al 1974 – anno in cui ricevette il Premio Nobel per l’Economia – era all’Università di Salisburgo. Friedrich von Hayek era stato in purgatorio ideologico per una trentina d’anni. Nel 1944 a Bretton Woods trionfò il Keynesismo. Il premio dell’Accademia di Stoccolma segnava il riscatto delle idee hayekiane e il naufragio di quelle keynesiane. Carovita e disoccupazione alte in Occidente testimoniavano che il Keynesismo non poteva essere un passe-par-tout.

A correggere l’altra parte del ciclo economico, ci volevano le misure degli economisti liberali. L’assegnazione del Nobel a Hayek fu una vittoria personale, dal momento che le sue idee avrebbero poi contribuito alla riscossa economico-produttiva negli anni Ottanta. La seconda vittoria fu il collasso del sistema sovietico. Il crollo del Muro gli diede ragione: la libertà economica è una condizione necessaria per l’essere umano e non può essere slegata dalla libertà politica. Hayek sapeva che Socialismo e Nazionalismo, Comunismo e Fascismo, erano solo varianti dello stesso male: il collettivismo, il piano, il controllo dei prezzi e del mercato, l’assenza della libertà individuale che portò al crollo dell’impero asburgico nel 1918 e di quello sovietico settant’anni dopo. Friedrich von Hayek ha approcciato economia e sociologia, filosofia e politica, etica e giustizia. Nella sua lunga vita, morì a novantadue anni, si è sempre considerato un uomo molto fortunato.

www.amedeogasparini.com

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