Ho preso la chitarra …

di Marco Siano, oncologo

State certamente pensando: “che cosa c’entra un titolo del genere in uno spazio dedicato alla medicina e precisamente all’oncologia?”. Può sembrare fuori tema, eppure vi assicuro che non è così. Oggi non vi parlerò di mutazioni genetiche o di trattamenti rivoluzionari contro alcuni tipi di tumori rari. Vorrei raccontarvi semplicemente una storia. Una storia sugli italiani, che riguarda me personalmente e anche Rossella.

Rossella è una mia conoscente particolare, una ragazza amabile, che viene ogni due settimane in studio. Grazie a Rossella vorrei ricordare un approccio mentale caratteristico di noi italiani, ma che ogni tanto dimentichiamo di avere: amare la vita e cantare!

Ho ripreso a lavorare nello studio medico a Bienne da qualche settimana. Ho tanti pazienti e mi sto letteralmente massacrando di lavoro, sperando che arriveranno tempi più calmi. Tra questi pazienti, c’è anche Rossella. Rossella è giovane e molto particolare. Viene regolarmente in studio, sempre munita dello smartphone con le cuffie con cui ascolta tante canzoni italiane. Sono brani dei ‘Ricchi e poveri’, di Gianni Morandi, di Adriano Celentano e di tanti altri cantautori italiani. Sono testi che i nostri genitori conoscono bene, ma che con gli anni purtroppo rischiano di esser dimenticate da noi ‘giovani’. Con queste canzoni sento che rischiamo di perdere anche una certa leggerezza, un modo di amare la vita che distingue noi ‘italiani’ dagli altri e ci definisce. Oggi, con i problemi che ci circondano, le incertezze economiche, la pandemia, le malattie gravi e via discorrendo abbiamo perso la facoltà di rallentare. Rallentare in tutto: di non controllare in continuazione il cellulare, di non correre da sinistra a destra o di non trascurare i nostri cari.

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Rossella canta. Beh, canta anche malino (scusa Rossella). Sarà anche dovuto al fatto che cantando con le cuffie, lei stessa non sente la sua voce. Capita, a volte, che qualche svizzero seduto vicino a lei si impressioni e faccia “girare un po’ gli occhi”. Rossella di sicuro alleggerisce e migliora l’ambiente che la circonda: una cosa considerata in modo assolutamente positivo in uno studio di oncologia. 

Una sera, tornando a casa nella mia Fiat 500 decappottabile, stanchissimo e con tanti pensieri nella testa, alzo il volume della radio e dopo qualche secondo sento un suono di chitarra e una voce bassa, rauca e serena, un brano che qualcuno di voi certamente conosce: ‘’Ho preso la chitarra … e suono per te …”.

Si tratta di  una canzone di Nicola di Bari che avrò anche sentito anni fa, che però mi è sembrata ancora più familiare quando ho realizzato che, da giovane, la sentivo cantare da mio zio Tommaso quando, durante le vacanze scolastiche, lavoravo nella sua officina. Tommaso aveva un’officina di meccanica e si era messo in proprio. Un po’ come sto facendo io adesso. Ricordo bene che mentre lavorava, lui non sembrava mai stressato e nemmeno preoccupato di mille cose come invece faccio io. Lavorava i pezzi di metallo su un macchinario che faceva un baccano micidiale. Era un lavoro duro e monotono, ma lui cantava. Cantava ad alta voce, cantava sempre e, cantando, sorrideva. Cantava soprattutto le canzoni di Adriano Celentano, ma cantava anche la canzone che stavo ascoltando esattamente il quel momento in auto. Quel déjà-vu mi ha fatto dimenticare tutti i pensieri e tutto lo stress di questo periodo. Vedevo davanti me mio zio, che cantava a voce alta per potersi sentire col baccano intorno e che non si preoccupava di niente. Ricordo ancora molto bene le fatture impilate in un angolo: se qualcuno gli indicava tutte quelle carte, lui diceva: ‘’Quello è il mio ufficio. La segretaria viene più tardi’’. In realtà non aveva la segretaria, ma intanto cantava.

Questo ricordo mi ha riportato indietro nel tempo e mi ha confortato. Ho alzato il volume della radio, ho aperto il tettino della Fiat sorridendo e mi sono messo a cantare con Nicola di Bari.

Tutto questo per dire che: cara Rossella, anche se ti guardano storto e in altri posti ti pregherebbero di abbassare la voce, tu quando sei nel mio studio canta. Canta quanto vuoi e come sai. Grazie a te, mi sono ricordato di mio zio e di una facoltà tipica italiana, di cui stavo per dimenticarmi.

Se vi state ancora chiedendo che cosa c’entra questa storia con l’oncologia:

1. prendete il cellulare di vostro figlio, vostra figlia o di vostro nipote (oggi sono tutti dotati di smartphone)

2.  andate sull’applicazione musica, cercate ‘La prima cosa bella’ di Nicola di Bari (non il brano anni Sessanta, ma quello inciso quando l’artista aveva già una certa età e la voce rauca) o qualsiasi brano che vorreste risentire dopo tutti questi anni

3. sedetevi sul balcone o al sole e…

4. …cantate!

Se qualcuno vi guarda storto, sorridete ma cantate.

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