I cittadini extra-UE non hanno facile accesso al lavoro in Svizzera

L’Università potrebbe essere una soluzione

In foto il Politecnico federale di Zurigo

Di Marco Nori, CEO di Isolfin

La Svizzera è un paese relativamente piccolo, 8,5 milioni di abitanti, ma con molte grandi aziende multinazionali. Inevitabilmente, deve fare grande affidamento su talenti qualificati provenienti dall’estero e infatti quasi un terzo della forza lavoro svizzera non ha un passaporto svizzero.

Nell’ultimo decennio, tuttavia, c’è stata una maggiore pressione per limitare il numero di stranieri autorizzati a lavorare nella Confederazione, con i sindacati che fanno pressione perché temono che i lavoratori esteri creeranno più competizione per i posti di lavoro e questo spingerà al ribasso i salari. È un protocollo abbastanza visto in politica – nonché realistico.

I cittadini dell’Unione Europea hanno un facile accesso al mercato del lavoro svizzero, ma molto diversa è la situazione per le persone provenienti da Stati Uniti, Cina e India e tutti gli altri paesi extra-UE. Dal 2014 sono state reintrodotte le quote per i cittadini di paesi terzi, cioè diversi dall’Europa, e ci sono circa 8.500 permessi di soggiorno e di breve durata a disposizione dei cittadini non UE/AELS (Associazione europea di libero scambio) ogni anno. Tuttavia, le aziende che richiedono questi permessi devono dimostrare che non è stato trovato nessuno dalla Svizzera o dalla più ampia regione UE/AELS con le qualifiche richieste.

Al giorno d’oggi, la Svizzera rimane uno dei luoghi di lavoro più attraenti grazie a salari elevati e buone condizioni di lavoro. Ciononostante, abbarbicata alla prospettiva europea, mentre le università del mondo scalano le posizioni e senza un più comodo accesso ai migliori talenti, è possibile che le aziende si allontaneranno dalla Svizzera come luogo per fare affari. E, nonostante il tasso di disoccupazione sia basso in Svizzera, la modifica dell’attuale sistema delle quote rimane politicamente controversa.

La pandemia di coronavirus ha rivelato quanto sia acuta la carenza di competenze in settori ad alta specializzazione. Per esempio, lo scorso aprile la società svizzera di biotecnologie Lonza ha segnalato diversi ritardi nel suo impianto di produzione che produce ingredienti per il vaccino Covid-19 di Moderna. Il ritardo è stato imputato alle difficoltà di reclutamento di ingegneri e controllori di qualità. D’altronde, la dimensione economica della Svizzera e la sua penetrazione nel mondo superano largamente la quantità delle risorse umane con il passaporto svizzero. Non è una critica, è una situazione eccellente, di cui solo i paesi più ricchi e più efficienti possono vantarsi, ma occorre anche saperla preservare. La Gran Bretagna sta mostrando che trovare il giusto bilanciamento è un esercizio quanto mai difficile e delicato.

Il punto di partenza potrebbe e dovrebbe essere l’università, perché le aziende svizzere sarebbero felici di assumere specialisti stranieri con una laurea svizzera, ma le leggi sull’immigrazione ostacolano le aziende e i laureati stessi extraeuropei che, per iscriversi in una facoltà della Confederazione hanno bisogno, a monte, di tempo e denaro per il visto e il permesso di soggiorno, una combinazione che molti talenti di paesi sfortunati potrebbero non avere.

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