Il mago dei corvi 

UN ROMANZO CHE PARLA DI AMORE, RAZZISMO, DISCRIMINAZIONE E LA NECESSITÀ DI SCEGLIERE

Ogni anno, in ottobre, il nome di Ngugi wa Thiong’o è dato come probabile vincitore del Premio Nobel per la letteratura ma, finora, il Premio Nobel l’ha vinto qualcun altro. Eppure l’autore keniota, purtroppo poco conosciuto in Italia, è considerato, a livello mondiale, uno dei più grandi scrittori contemporanei. La sua produzione letteraria spazia dai romanzi ai saggi, dal teatro all’autobiografia. La lingua utilizzata non è sempre l’inglese, ma anche il gikuyu, la lingua nativa del suo popolo, e lo  swahili. 

Nato nel 1938, Ngugi wa Thiong’o ha vissuto da adolescente l’indipendenza del Kenya, che comportò per la sua famiglia grandi dolori, in particolare durante la rivolta dei Mau Mau, quando  un fratello fu ammazzato e la madre catturata e torturata. Ricostruirà la sua infanzia e la sua adolescenza in due libri di grande spessore, “Sogni in tempo di guerra” e “Nella casa dell’interprete”, che, oltre a far conoscere la storia della sua famiglia, aiuta a comprendere la vita in Kenya di quegli anni. Il suo romanzo più famoso è forse “Un chicco di grano”, che racconta le divisioni, i dubbi e gli smarrimenti dei kenioti dopo la celebrazione del giorno dell’indipendenza (12 dicembre 1963), attraverso le storie dei personaggi di un villaggio, che si intrecciano fino ad assumere toni thriller. Nel libro scorrono sentimenti comunisti, esplicitati dalla difesa della proprietà collettiva della terra, che rappresenta il mezzo di riscatto per il popolo keniota. Dopo questo romanzo, pubblicato in inglese nel 1967, cominciò a scrivere in gikuyu e swahili, non solo per valorizzare le lingue locali, ma anche per esprimere il suo dissenso rispetto al potere politico di quegli anni. 

Il libro che vorrei suggerirvi in questo articolo non è quello più famoso ma è, a mio parere, il più completo tra tutti gli scritti dell’autore che io abbia letto finora: si tratta de “Il mago dei corvi”, scritto in inglese nel 2006 e pubblicato in italiano l’anno scorso da “La nave di Teseo”. 

Non deve spaventare la mole del romanzo, più di 900 pagine, perché i capitoli scorrono, dinamici e frizzanti, perché dinamica e frizzante è la vita che raccontano. Il romanzo è, a prima vista, una fiaba per adulti, con una trama molto vivace: il Presidente dell’Aburiria – poverissimo Paese africano vessato dalla dittatura – soffre di una strana malattia: l’uomo vorace e senza scrupoli, che ha instaurato un governo repressivo fondato sulla paura, ora fluttua nella stanza del trono, gonfio a dismisura e incapace di parlare. Nessuno può curarlo, tranne il famigerato Mago dei corvi: un giovane stregone di nome Kamıtı, noto tra la gente per le sue straordinarie facoltà magiche. Nel paese intanto, mentre il governo avvia la costruzione di un’opera faraonica – la Marcia verso il Paradiso, una sorta di moderna Torre di Babele – esplode la protesta guidata dal Movimento per la Voce del Popolo, di cui fa parte la bella Nyawıra, che lotta clandestinamente per i diritti delle donne, per i poveri e la libertà.
È così che proprio sul Mago dei corvi si concentrano le speranze di tutti: ragazzi e anziani, ribelli e reazionari, esponenti della rivolta e ministri – ogni fazione vorrebbe approfittare degli infallibili poteri del Mago. L’incontro con Nyawıra segnerà per entrambi l’inizio di un’avventura: lei, accusata di essere una sovversiva, è il nemico numero uno del governo; lui invece è ricercato dalle autorità per curare il male del Presidente, venendo così chiamato a una scelta difficile. Accetterà di piegarsi al potere o preferirà lottare per il suo Paese? 

I grandi temi sono tutti in questo romanzo: l’amore, la sete di potere, le ingiustizie, il razzismo, la schiavitù, il femminismo, la lotta contro le disuguaglianze, per ottenere un futuro migliore. E poi l’Africa, descritta attraverso un Paese immaginario, abbrutita dalla dominazione straniera, coloniale e post-coloniale, che cerca il riscatto. Si tratta di un romanzo di formazione, di un Paese immaginario che rappresenta la stragrande maggioranza dei Paesi africani. 

Dal momento che i temi trattati sono universali, sono convinto che questo romanzo sarà ancora letto tra cent’anni, e forse più. “Per lo spirito dei morti, dei vivi e di coloro che ancora devono nascere sgombra le orecchie da tutte le impurità, o ascoltatore, così da poter sentire la mia storia”.

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